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DAGLI ACCADEMICI SEGRETARI

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DELLE DUE CLASSI

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VOLUME DECIMO i 1874-75

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TORINO STAMPERIA REALE DI G. B. PARAVIA e (i.

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ELENCO DEGLI ACCADEMICI RESIDENTI, NAZIONALI NON RESIDENTI E STRANIERI

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PRESIDENTE

S. E. il Conte ScLopis pi SaLeRANO (Federigo), Senatore del Regno, Ministro di Stato, Primo Presidente onorario di Corte d'Appello, Presidente della R. Deputazione sovra gli Studi di Storia patria, Socio non residente della Reale Accademia di Scienze morali e politiche di Napoli, Membro onorario del Regio Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, Socio corrispondente del Regio Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Socio Straniero dell'Istituto di Francia (Accademia delle Scienze morali e politiche), C. O. S.S5S.N., Gr. Cord. #, Cav. e Cons. onorario £, Cav. Gr. Cr. della Concez. di Port., Gr. Uffiz. dell'O. di Guadal. del Mess., Cav. della L. d’O. di Francia.

VICE —- PRESIDENTE

RicaeLmy (Prospero), Professore di Meccanica applicata e Direttore della Scuola d'applicazione per gl Ingegneri, Socio della R. Accademia d’Agricoltura, Comm. &, Uffiz. dell'O. della Cor. d’Italia.

TESORIERE

Srswonna (Angelo), Senatore del Regno, Professore eme- rito di Mineralogia, Direttore del Museo Mineralogico della R. Università, Socio della R. Accademia di Agricoltura, Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze, Membro della Socictà Geologica di Londra, e dell Imp. Società Mineralogica di Pietroborgo, Gr. Uffiz. *, &, Comm. dell'O. della Cor. d’It., Cav. dell'O. Ott. del Mejidié di 2.* cl., Comm. di 1. cl. dell'O. di Dannebrog di Dan., Comm. dell'O. della St. Pol. di Sv., e dell'O. di Guadal. del Mess., Uffiz. dell'O. di S. Giac. del Mer. scient. lett. ed art. di Port., Cav. della L. d’O. di Fr., Comm. 0. R. del Br., ecc.

POLASSE"

DI

SCIENZE FISICHE E MATEMATICHE

DIRETTORE Sismonpa (Angelo), predetto. SEGRETARIO PERPETUG

Sosrero (Ascanio), Dottore in Medicina ed in Chirurgia, Professore di Chimica docimastica nella Scuola di appli- cazione per gl’ Ingegneri, Membro del Collegio di Scienze fisiche e matematiche, Presidente della R. Accademia d'Agri» coltura, Comm. *, £, Uffiz. dell'O. della Cor. d’Italia,

Accademici residenti

Siswonpa (Angelo), predetto.

Sosrero (Ascanio), predetto.

Cavatti (Giovanni), Luogotenente (renerale d’Artiglieria, Comandante (renerale della Reale Accademia Militare , Membro. dell’Accademia delle Scienze militari di Stoccolma, Gr. Cord. +, £, Comm. ® e dell'O. della Cor. d’It.,

Gr. Cord. degli Ordini di S. Stanislao e di S. Anna di «Russia, Uffiz. della L. d’O. di Fr.. dell'O. Milit. Port. di - Torre e Spada, e dell'O. di Leop. del B., Cav. degli 0. della Sp. di Sv., dell’Aq. R. di 3.° cl. di Pr., del Mejidié

RicueLmy (Prospero), predetto. | DeLponte (Giovanni Battista), Dottore in Medicina e in Chirurgia, Professore di Botanica e Direttore dell'Orto botanico della R. Università, Socio della R. Accademia d'Agricoltura, Uffiz. »*.

Gevoccui (Angelo), Professore di Calcolo differenziale ed integrale nella R. Università, Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze, Uffiz. *.

Govi (Gilberto), Professore di Fisica nella R. Università, Socio della R. Accademia d'Agricoltura, Uffiz. #*, Comm. dell'O. della Cor. d’Italia,

Motescnort (Giacomo), Professore di Fisiologia nella R. Università, Socio della R. Accademia di Medicina di Torino, Comm. «.

Gastarpi (Bartolomeo), Dottore in Leggi, Professore di Mineralogia nella Scuola d'applicazione per gl Inge- gneri, Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze, Uffiz. *, &. i

Copazza, Dott. Giovanni, Direttore del R. Museo In- dustriale, Socio della R. Accademia di Agricoltura, M. E. del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, Socio della R. Accademia dei Lincei, Uffiz. +, Comm. dell'O. della Cor. d’'It. e dell'O. Austr. di Fr. Gius.

Lessona (Michele), Dottore in Medicina e Chirurgia, Professore di Zoologia e Direttore del Museo zoologico della R. Università, Socio delle RR. Accademie di Agricol- tura e di Medicina di Torino, Uffiz. *, Cav. dell'O. della Cor. d'Italia. i *:

Dorna (Alessandro), Professore d'Astronomia nella Regia

Università, Professore di Meccanica razionale nella R. Mi-

litàare Accademia, e di Geodesia nella Scuola Superiore di Guerra, Direttore dell'Osservatorio astronomico di To- rino, &, Cav. dell'O. della Cor. d’Italia.

= Satvapori (Conte Tommaso), Dottore in Medicina e Chirurgia, Assistente al Museo zoologico della R. Uni- versità, Professore di Storia naturale nel R. Liceo Cavour, Socio della R. Accademia d'Agricoltura,

Bruno (Giuseppe), Professore di Geometria descrittiva, Dottore aggregato alla Facoltà di Scienze fisiche , mate- matiche e naturali nella R. Università, &.

Berruti (Giacinto), Ingegnere Capo delle Miniere, Uffiz. &, Comm. dell'O. della Cor. d'Italia.

Curioni (Giovanni) Professore di costruzioni nella Scuola d'applicazione degli Ingegneri, Dottore aggregato alla Facoltà di Scienze fisiche, matematiche e naturali della R. Università, Socio della R. Accademia di Agricoltura, $, Cav. dell'O. della Cor. d'Italia.

Cossa (Alfonso), Professore di Chimica agraria, e Diret- tore della Stazione agraria presso il R. Museo Industriale Italiano, Socio del R. Accademia di Agricoltura, Uffiz. +, e' dell'O. della Cor. d'Italia.

Accademici Nazionali non residenti

S. E. Menasrea (Conte Luigi Federigo), Senatore del Regno, Luogotenente (renerale nel Corpo Reale del Genio Militare, Professore emerito di Costruzioni nella R. Uni- versità, Uno dei XL della Societa Italiana delle Scienze, Membro onorario del Regio Istituto Lombardo di Scienze

e Lettere, (0. 0. S. SS. N., Gr. Cord. #&, &, Gr. Cr. ®, e dell'O. della Cor. d’It., dec. della Med. d’oro al Valor Militare, Gr. Cr. degli O. di Leop. del Belg., di Leop. d'A. e di Dannebrog di Dan., Cav. dell'Ordine del Serafino di Svezia, Comm. degli Ordini della L. d’O. di Fr., di Carlo IM di Sp., del Mer. Civ. di Sass., e di Cr. di Port.

De Noraris (Giuseppe), Professore di Botanica nella Regia Università di Roma, Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze, Comm. +, , Uffiz. dell'O. della Cor. d'Italia.

Brioschi (Francesco), Senatore del Regno, Professore d Idraulica e Direttore del R. Istituto tecnico superiore di Milano, Presidente della Società Italiana delle Scienze, Gr. Uffiz. *+, e dell'O. della Cor. d'It., &, Comm. dell'O. di Cr. di Port.

Cannizzaro (Stanislao), Senatore del Regno, Professore di Chimica nella R. Università di Roma, Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze, Comm. *&, &, Uffiz, dell'O. della Cor. d'Italia.

Berti (Enrico), Professore di Fisica Matematica nella R. Università di Pisa, Direttore della Scuola Normale superiore, Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze, Comm. *, £, Uffiz. dell'O. della Cor. d’Italia.

Scacchi (Arcangelo), Senatore del Regno, Professore di Mineralogia nella R. Università di Napoli, Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze, Comm. +, Uffiz. dell'O. della Cor. d’Italia.

Barcana pi S. RoserT:( Conte Paolo).

SeccHi (P. Angelo), Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze, Socio corrispondente dell'Istituto di Francia, *.

Cornaria (Emilio), Direttore del Museo civico e Pro- fessore di Zoologia nell'Istituto tecnico superiore di Mi- lano, Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze, Socio corrispondente dell’ Istituto di Francia, Uffiz. *, Cav. dell'O. della Cor. d'Italia.

ScmapareLLI (Giovanni), Direttore del R. Osservatorio astronomico di Milano, Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze, Uffiz. +, =, Cav. dell'O. della Cor. d’It., Comm. dell'O. di S. Stan. di Russia.

Seta (Quintino), Membro del Consiglio delle Miniere, Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze, Membro dell’Imp. Società Mineralogica di Pietroborgo, Gr. Cord. *,£&, Gr. Cord. degli O. di S. Anna di R., di Leop. d’A,, della Concez. di Port., e di S. Marino.

Accademici Stranieri

Dumas (Giovanni Battista), Segretario Perpetuo dell’Ac- cademia delle Scienze dell'Istituto di Francia, Gr. Cr. della L. d'O. di Fr., a Parigi.

De Baer (Carlo Ernesto), Professore nell’ Accademia Medico-chirurgica di S. Pietroborgo, Socio corrispondente dell'Istituto di Francia.

Mayer (Giulio Roberto), Dottore in Medicina, Socio cor- rispondente dell'Istituto di Francia, ad Heilbronn { Wur-. temberg ).

HeLmHoLrz (Ermanno Luigi Ferdinando), Professore nella Università di Heidelberg, Socio corrispondente dell'Istituto di Francia.

RenaULT (Enrico Vittorio), Professore: nel Francia, Membro dell’ Istituto di Francia, Comm. , Lo 0: di. sBr PIE “at Fa Chasces (Michele), Membro dell Istituto di dg Comm. della L. d’O. di Fr. NAM i Darwin (Carlo), Membro della Società Reale di Lon: Dana (Giacomo), Prof. di Storia naturale a New ide Socio corrispondente dell'Istituto di Francia. he

CLASSE DU

3 | SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE

DIRETTORE

Baupi di Vesyr (Conte Carlo) Senatore del Regno, Vice-Presidente della R. Deputazione sovra gli studi di Storia patria, Socio corrispondente della R. Accademia delle Scienze di Berlino, Comm. &, «>. bi:

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SEGRETARIO PERPETUO

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Gorresio (Gaspare), Prefetto della R. Biblioteca Univer- sitaria, e Dottore aggregato alla Facolia di Lett. e Filosofia della R. Università, Socio corrispondente dell Istituto di t; Francia (Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere), della R. Accademia della Crusca, ecc., Membro onorario della i Reale Società Asiatica di Londra, Comm. &, &, Comm. È dell'O. della Cor. d'It., dell'O. di Guadal. del Mess., e dell’O. della Rosa del Brasile, Uffiz. della L. d’O. di Fr., ecc.

Accademici residenti

Scropis pi SaLerano (Ecc."° Conte Federigo), predetto. Baupi pi Vesur (Conte Carlo), predetto.

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Ricorti (Ercole), Senatore del Regno, Maggiore nel R. Esercito, Professore di Storia moderna nella R. Uni- versità, Vice-Presidente della R. Deputazione sovra gli studi di Storia patria, Gr. Uffiz. ®, Comm. dell'O. della Cor. d'Italia, Cav. e Cons. &, ®. |

Bon-Compacni (Cav. Carlo), Senatore del Regno, Mem- bro delia R. Deputazione sovra gli studi di Storia patria e della Facoltà di Lettere e Filosofia, e Professore di Diritto costituzionale nella R. Università, Gr. Cord. &, Cav. e Cons. =, Gr. Cr. dell'O. della Cor. d Ialia.

Gorresio (Gaspare), predetto.

Bertini ( Giovanni Maria), Professore di Storia della Filosofia antica nella R. Università, Uffiz. &.

Fasretti (Ariodante), Professore di Archeologia greco- latina nella R. Università, Direttore del Museo d’Antichità ed Egizio, Uffiz. &, &, della Leg. d'O. di Fr., e C. 0. R. del Br.

GuirincneLto (Giuseppe), Dottore in Teologia, Profes- sore emerito di Sacra Scrittura e Lingua Ebraica nella R. Universita, Consigliere onorario dell’ Istruzione pub- blica, Uffiz. &.

Peyron (Bernardino), Professore di Letlere, Vice-Biblio- tecario onorario della R. Biblioteca Universitaria, & .

Reymonp (Gian Giacomo), Professore di Economia po- litica nella R. Università, &.

Vacauri (Tommaso), Professore di Letteratura latina nella R. Università, Membro della R. Deputazione sovra gli studi di Storia patria, Accademico corrispondente della Crusca, Comm. &.

FLecHia (Giovanni), Professore di Lingue e Lettera- ture comparate nella R. Università, Uffiz. *, e dell'O. della Cor. d’Italia.

CLarETTA (Barone Gaudenzio), Dottore in Leggi, Membro della R. Deputazione sovra gli studi di Storia patria, Uffiz. &, e dell'O. della Cor. d’Italia.

Canonico (Tancredi), Professore di Diritto e Procedura penale nella R. Università, *.

Biancm (Nicomede), Direttore dell'Archivio di Stato, Membro della R. Deputazione sovra gli studi di Storia patria, Gr. Uffiz. #, Comm. dell'O. della Cor. d’Italia, e Gr. Uffiz. dell'O. di S. Mar.

GareLLi (Vincenzo), Dottore aggregato alla Facoltà di Lettere e Filosofia della R. Università, Socio della R. Ac- cademia d’Agricoltura, Provveditore agli studi per la pro- vincia di Torino, Uffiz. * e dell'O. della Cor. d’Italia.

Accademici Nazionali non residenti

Spano (Giovanni), Senatore del Regno, Dottore in Teo- logia, Professore emerito di Sacra Serittura e Lingue Orien- tali nella R. Università di Cagliari, Gr. Uffiz. *, e dell'O, della Cor. d'Italia.

Carurti DI CantoGNO (Domenico), Consigliere di Stato, Membro della R. Deputazione sovra gli studi di Storia patria, Gr. Uffiz. &, Cav. e Cons. £, Gr. Cord. dell’O. d'Is. la Catt. di Sp. e di S. Mar., Gr. Uffiz. dell'O. di Leop. del B., dell'O. del Sole e del Leone di Persia, e del - Mejidiè di cl. di Turchia, Gr. Comm. dell'O. del Salv. di Gr., Comm. dell'O, del Leone Neerlandese.

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Amari (Michele), Senatore del Regno, Professore ono- rario di Storia e Letteratura Araba nel R. Istituto Su- periore di perfezionamento di Firenze, Socio Straniero dell'Istituto di Francia (Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere), Gr. Uffiz. *, Cav. e Cons. &, Comm. dell'O. della Cor. d’Italia.

Ricci ( Marchese Matteo), a Firenze. o

Minervini (Giulio), Bibliotecario della R. Università di Napoli, Socio corrispondente dell'Istituto di Francia (Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere), Cav. dell'O. della Cor. d’It.-e della L. d'0. di Fr.

»De Rossi (Comm. Gio. Battista), Socio Straniero dell'Isti-

tuto di Francia (Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere), ‘’

Presidente della Pontificia Accademia Romana d’Archeologia.

Conesrapite peLLA Srarra (Conte Gian Carlo ), Socio corrispondente dell'Istituto di Francia (Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere), &, Uffiz. * e dell’O. della Cor. d'Italia. $

Cantù (Cesare), Membro effettivo del R. Istituto Lom- bardo, Comm. &, #, Cav. della L. d'O. di Francia, Comm. 0. del €. di Port., Gr. Uffiz. dell'O. di Guad. del Messico.

Tosti, D. Luigi, Monaco della Badia Cassinese, Socio ordinario della Società Reale delle Scienze di Napoli.

Accademici Stranieri

Tuiers (Luigi Adolfo), Membro dell’ Istituto di Francia (Accademia Francese ed Accademia delle Scienze morali « e politiche), Gr. Cr. della L. d’O, di Francia.

pio 15 Momnsen (Teodoro), Professore di Archeologia nella Regia Università e Membro della R. Accademia delle Scienze di Berlino, Socio corrispondente dell'Istituto di Francia (Ac- cademia delle Iscrizioni e Belle Lettere). Mutter (Massimiliano), Professore di Letteratura straniera nell Università di Oxford, Socio Straniero dell'Istituto di

. Francia (Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere).

Rirsca (Federico), Socio Straniero dell'Istituto di Francia (Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere), in Lipsia. i

Misner (Francesco Augusto Alessio), Membro dell'Istituto di Francia (Accademia Francese) e Segretario Perpetuo dell’Accademia delle Scienze morali e politiche, Gr. Uffiz, della L. d'O. di Francia.

RenieR (Leone), Membro dell’ Istituto di Francia ( Acca- demia delle Iscrizioni e Belle Lettere), Uffiz. della L. d'O. di Francia.

Eecer (Emilio), Professore alla Facoltà di Lettere di Parigi, Membro dell'Istituto di Francia (Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere), Ufliz. della L. d’O. di Francia.

Bancrort (Giorgio), Ministro degli Stati Uniti d'America presso l’ Imperatore di Germania, Socio corrispondente dell’ Istituto di Francia (Accademia delle Scienze morali e politiche).

CLASSE

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Novembre 1874.

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"CLASSE | DI SCIENZE FISICHE E MATEMATICHE

Adunanza del 15 Novembre 1874.

"0 PRESIDENZA DI S. E. IL CONTE F. SCLOPI&

Il sig. Comm. Angelo Siswonpa, Direttore della Classe,

‘d presenta, a nome dell'Autore sig. Cav. Ingegnere Giorgio

bi Spezia, Assistente al Museo mineralogico della R. Univer-

3 sità, la seguente

R NOTA

SOPRA UN CALCIFIRO DELLA ZONA DELLE PIETRE VERDI.

Nelle mie ricerche mineralogiche che sto facendo nella zona, la quale, denominata dal Gasratpi (1) delle pietre + ‘’verdi, è nella valle di Strona e in quella del Toce costi- SL tuita sopra tutto da rocce anfiboliche (2), ebbi occasione

di esaminare uno dei tanti ammassi di calcare cristallino

che a forma di lenti vi si trovano inchiusi; e dei quali

alcuni contengono altri minerali in tale fb da co- stituirne una varietà speciale.

La massa calcare da me osservata si trova nel vallone | del torrente Arza comune di Rumianca, e più esatta-

mente nel piccolo confluente dell’Arza che discende dal

sino dei Beoli fra l’alpe del Ballio e quello del Cabanon.

(1) Studi geologici sulle Alpi occidentali. Memorie del R. Com. geol. Vol. (O OMSTI: te (2) Gentaca Die Penninischen Alpen.

Il calcare è corroso per la parte che attraversa il letto del torrente, e la roccia dioritica che lo rinserra, seb- bene non presenti una stratificazione molto distinta, tuttavia sembra avere una direzione di N 50°E ed una inclinazione di 55° NO.

Il calcare di colore biancastro ha una struttura sacca- roide, e ciò che spinse a farne uno speciale esame fu la presenza in esso di alcuni minerali di forma granu- lare porfiricamente disseminati ed in tale quantità da costituirne quasi i due decimi.

Mediante il trattamento della roccia con acido clori- drico molto diluito ho potuto facilmente separare dal calcare solubile i grani dei minerali insolubili, e questi colla cernita fra loro.

I grani di colore verdastro e di color bianco sono i pre- dominanti e di maggiore volume, quelli di colore rossigno sono più piccoli ed in generale appena visibili; tutti poi hanno un aspetto vetroso e la trasparenza in essi aumenta colla loro piccolezza. Un quarto minerale poi si presenta sotto forma di polvere grossolana di colore nero lu- cente, e le indagini fatte mi constatarono essere grafite.

I tre minerali d’aspetto vetroso non erano di facile determinazione ad occhio, perchè la forma cristallina in essi è scomparsa specialmente nei piccoli grani che sem- brano fusi; e se in altri di maggiore grandezza si può. osservare qualche apparenza di forma cristallina per la presenza di qualche rarissima faccia, mancano gli spi- goli che sono tutti arrotondati. Si potrebbe avere un'idea esatta dell’aspelto dei detti minerali immaginandosi quello che avrebbe un cristallo di una sostanza qualunque che fosse attaccato da una soluzione per esso corrosiva , ed in tal modo che il cambiamento morfologico del cristallo

non potesse farsi secondo le leggi di simmetria a cui è sog- getta la coesione molecolare delle sostanze cristallizzate.

Se però la forma esterna lasciava dubitare dell’esistenza di una struttura cristallina, essa era chiaramente dimo- strata sia dall’importante proprietà del clivaggio sia dal- l'osservazione ottica, che le sezioni dei detti minerali poste fra i prismi di nicol incrociati del microscopio polarizzatore non si mostravano continuamente oscure.

Privo quindi dell’aiuto che mi poteva dare la cristal lografia per la conoscenza dei minerali ho dovuto ricor- rere alla chimica. ;

Un esame preliminare fatto al cannello, del minerale di color rossiccio, mi assicurò massime per la presenza constatata col sale di fosforo, del titanio, che esso era sfeno: e ne ebbi corferma dal dicroismo di colore olivo chiaro e giallo rosso osservato sul minerale mediante il microscopio polarizzatore «disposto secondo il metodo di TscHERMACK, cioè senza il prisma analizzatore.

Sottoposti parimente al saggio del cannello gli altri due minerali, trovai che quello di colore verdastro poteva essere pirosseno od anfibolo, e quel bianco, a causa della sua fusibilità con rigonfiamento, che lo distingueva dall'essere un felspato, poteva appartenere al gruppo della scapolite.

A meglio constatare la natura dei due minerali dub- biosi ho ricorso all'analisi chimica da me eseguita nel laboratorio del Museo industriale italiano (1), essendo il Museo mineralogico mancante del necessario Laboratorio chimico-fisico.

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(1) Ringrazio vivamente il Prof. Copazza, Direttore del Museo, d’avermi dato il permesso di lavorare, e l'Assistente di chimica, sig. Conti, d'avere messo a mia disposizione tutto l'occorrente per le analisi.

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L’analisi qualitativa mi confermò la supposizione che il minerale bianco fosse wernerite; mi trovai quindi iu obbligo di farne un'analisi quantitativa, massime perchè la wernerite, a mia conoscenza, non fu sinora osservata nelle nostre alpi.

L’analisi della wernerite in cui ho determinato la si- lice per mezzo dei carbonati alcalini e le basi, decompo- nendola con acido fluoridrico mi diede il seguente ri- sultato :

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La perdita di 1,08 p. 0) è da attribuirsi ad acido carbo- nico che era combinato colla calce, e ciò perchè , sebbene diligente fosse stata la scelta dei piccoli grani da ana- lizzarsi fatta colla lente, tuttavia ho osservato che ridotti in polvere davano con acidi effervescenza; inoltre dal- l'osservazione microscopica conobbi come i grani non sono omogenei ma contengono altra sostanza, come facilmente si scorge dalla fig. 2 in cui il preparato è veduto fra i prismi incrociati.

Se togliamo quindi dalla quantità di calce trovata quella necessaria a combinarsi con 1,08 di acido carbo- nico eguale a 1,37, la calce dovuta alla wernerite rimar- rebbe 17,86 p.° e completerebbe l’analisi l'agguato di 2 ,49 di carbonato di calce.

—_ . Omettendo poi il calcare e riducendo gli altri compo- nenti a proporzioni centesimali avremo che la werne- rite in discorso contiene:

Se ora si calcolano la quantità di ossigeno della silice e delle basi avremo:

per REAGIRE ia De

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da cui si ricava che la proporzione dell’ossigeno fra i monossidi, sesquiossidi , e la silice , sta come 1:1,91: 3,88.

Quindi io credo che la wernerite dell’Arza debba porsi in quel gruppo che, secondo RawmeLsBERG (1), contenendo dal 46 al 50 p. °/, di silice, 25-27 di allumina, 13-18 di calce, e 4-8 di soda è caratterizzato dal rapporto:

R0-R'0*: Sfondo:

| Questa wernerite sebbene si avvicini a quella bianca di Malsjo in Svezia ed alla varietà detta glaucolite del

"PA

(1) Handbuch der Mineralchemie, pag. 724,

lago Baikal, analizzate da RaTH (1) massime per il rapporto dell’ossigeno, e per il peso specifico, che nel nostro mi- nerale è di 2,652, tuttavia vi è differenza nelle basi, mas- sime nella quantità di calce maggiore nella varietà alpina. La wernerite dell’Arza è da annoverarsi fra quelle che sono meno alterate, sia perchè il suo quoziente d’ossi- geno di 0,750 è quello stabilito da BiscHor (2) per le varietà normali, sia per la tenue quantità d’acqua e quasi mancanza d’ossido di ferro, sempre presente, secondo RaTA, quando il minerale comincia decomporsi. Solo la presenza del carbonato di calce osservata può dinotare un principio di decomposizione prodotta, al dire di BiscHor (3) dal bicarbonato di calce in soluzione il quale lasciando intatto il silicato di calce della wernerite può scomporre i silicati alcalini formando carbonato di calce e silice insolubili, e carbonati alcalini solubili. 3 Venendo infine al minerale verde che l’analisi quali- tativa m’indicò essere un silicato di calcio magnesio e ferro, sebbene la quasi totale mancanza di dicroismo osservata col microscopio polarizzatore potesse essere, come fu trovato da TscHERMAK (4), un carattere sufficiente per dire che il minerale fosse pirosseno e non anfibolo, il quale possiede un dicroismo più sensibile, tuttavia ho. creduto bene farne l’analisi onde paragonare questa varietà con quelle già da altri segnalate nei calcari cristallini.

{1) Ueber die Zusammensetzung des Wernerites. Pogg. Ann. der Physik u. Chemie, vol. XC, pag. 98.

(2) CdA di chemischen und Physykalischen Geologie 1864, vol. II pag. 522...

(3) Op. e. pag. 527.

(4) Mikroskopische Unierscheidung der Mineralien aus der dugiie Amphibol u. Biotitgruppe. Sitz. ber. der l. k. Ah. Wiss. Wien. Let 60, I Abth., pag. 10. i i ELE Raga

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Anche i grani di questo minerale dimostrarono cogli acidi ed al microscopio che non sono omogenei, e che contengono carbonato di calce come la wernerite; quindi fatta astrazione del calcare corrispondente a 1,29 di per- dita d’acido carbonico, e ridotte le quantità trovate a proporzioni centesimali, il pirosseno del calcifiro del- l’Arza avrebbe la composizione :

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Questa varietà di pirosseno, per l'aspetto morfologico , per la composizione chimica e per la giacitura, credo debba unirsi alla coccolite di ‘Tunaberg analizzata da Erpmann (1) ed alla funkite di Bocksater in Ost-Gothland

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(1) RAMMELSBERG, OP. C., pag. 454.

descritta da K. v. Hauer (1) minerale che corrisponde, secondo KenNGoTT, alla coccolite di Arendal analizzata da Simonin.

In altri esemplari dello stesso calcifiro procuratimi dopo le analisi fatte, trovai anche dei grossi cristalli bianchi col medesimo aspetto di corrosione, ma non così avanzata come negli altri minerali descritti. Essi possono facilmente sfaldarsi secondo due piani perpen- dicolari fra loro, con diverso aspetto fisico di clivaggio, sono meno fusibili e meno decomponibili dall’acido clo- ridrico della wernerite. Ne farò più tardi oggetto di studio.

Parimente in posteriori ricerche fatte sul posto nel calcifiro osservai dei noduli di pirosseno, sfeno, werne- rite, e traccia di grafite e pirrotina; il calcare manca quasi affatto, ed è la wernerite che ne forma il cemento. La forma cristallina è anche alterata, i cristalli di sfeno sembrano avere predominanti le combinazioni 111, 100, 110, e la sfaldatura secondo 110. Nei cristalli di pirosseno poi sono inchiusi sovente, dello sfeno, wernerite e traccie di calcare, essi presentano dei piani come di clivaggio, e dalla misura fatta, in un cristallo meno imperfetto degli altri, dell'angolo che detti piani formano con due faccie le quali, a cagione del loro angolo misurato di 86° 58’, debbono appartenere al prisma rombico 110, trovai gli angoli uno di 79° 26' e l’altro di 79° 7' mi- sura compatibile collo stato fisico delle faccie, e suffi- ciente per assicurarmi che il piano era parallelo a 001. Mi parve anche di osservare in un cristallo che dovessero esistere alcune faccie di prismi posteriori ed anteriori, fatto che mi pare raro nelle varietà cristalline che pre-

(1) Mineralogische Notizen von Kenngott. Sitz. Dericnle der k. p ; Aka Wien. Vol.12, pag. 164.

sentano detti piani come quelle di Sala, Baikal, Mussa ece., le quali in generale non hanno oltre alle faccie della zona orizzontale che il pinakoide 001. Tali piani che non sono ritenuti di clivaggio da MiLLer e Des-CLoIzeAUX si trovano in tutti i grani del pirosseno descritto, e sovente vi è fra essi interposto del calcare. Se poi osservano col microscopio polarizzatore le sezioni fatte perpendico- larmente ai suddetti piani, si vedono delle linee paral- lele le quali sono di colore bianco giallastro quando la sezione, posta fra i prismi incrociati, trova in una delle posizioni di oscurità. Tali linee debbono essere e- suali a quelle che TscHERMAK (1) già osservò nella cocco- lite di Tunaberg e nelle salite di Dean, e le quali, a suo avviso, sembrano causate da lamelle di cristalli geminati.

L’associazione dei minerali, wernerite, pirosseno, sfeno, grafite, e traccie di pirrotina comunissima nelle roccie anfiboliche della zona delle pietre verdi, trovati nel nostro calcifiro si incontra sovente in altri calcari cristallini, e le località di Tunaberg, Feasterville Penn, Cornwall Conn, Kirbiz ed Amity New York (2), ed altre ne danno numerosi esempi.

Venendo ora al calcifiro troviamo che nella stessa zona delle pietre verdi esistono altre località dove sono in- chiusi lenti di detta roccia. Sismonpa (3) cita le località di Postua in Val Sesia, e di Andorno-Cacciorna vicino a Biella; e GerLacH (4) parlando degli ammassi di calcare cristallino che vi si trovano nella stessa zona da lui chiamata semplicemente dioritica, non fa menzione di

(1) Ueber Pyroren und Amphibol-Mineralogische Mittheilungen 1871, pag. 22. (2) Dana. A system of mineralogy. (3) Memorie della R. Acc. di Scienze di Torino. Serie 2°, tom. Il e IX. (4) Op. c., pag. ill.

quello dell’Arza, ma cita solo un calcare del Monte S. Gottardo di Rimella in Val Sesia, nel quale sono disse- minati piccoli grani di ornblenda che sembrano come fusi e di un colore verde nerastro, senza però darne un'analisi: da niuno poi è accennata la presenza della wernerite. Un altro calcifiro di cui esistono esemplari nel Museo di Torino e che ha molta analogia, sia per la struttura che per la giacitura, con quello dell’ Arza, e quello, che, descritto da Bovg (1) si trova nell’ Isola di Tiree in Scozia, entro un gneiss che fu determinato per laurenziano da MurcHIson e GeIKIE (2). Dico ciò perchè la formazione geologica di detto gneiss potrebbe, secondo GastaLDI in parte coincidere con quella della zona delle pietre verdi. In detto calcifiro il calcare è di colore roseo, e la struttura cristallina molto compatta, ma i grani di pirosseno si trovano per colore, aspetto e struttura così identici che impossibile sarebbe distinguerli da quelli del calcifiro dell’Arza. Solo vi manca la wernerite, ma vi esiste invece la mica, che io non rinvenni nel nostro calcifiro; e che generalmente si trova in detta roccia come la si è osservata in gran copia nei calcifiri che sono inchiusi nel gneiss dei Vosgi a Laveline, Chippal, Saint Philippe, i quali secondo la estesa descrizione di DeLEssE (3) contengono pure pirosseno, sfeno, grafite , pirrotina ed altri minerali, ma non la wernerite. fui

fo ho adottato il nome di calcifiro dato da BRONGNIART,

sia perchè è mantenuto da Zirger nella sua classica opera (4), sia perchè finora non furono studiati abba

(1) Essai géologique sur l’Écosse, pag. AT.

(2) Quart. Jour. of the geo. soc. of London. Vol.17, 1861, pag. 175.

(3) Sur la costitution minéralogique et chimique des ‘roches des Vosges. Ann.des Mines, 4me série, t. XX, pag. i4i.

(4) Lehrbuch der Petrographie.

6

Dara 29 stanza dal lato petrografico e geologico quei calcari cri- stallini che con una costanza affatto caratteristica con- tengono dei minerali accessori. Che se si ammeltesse più sovente nel regno minerale una metamorfosi prodotta dalle lentissime ma potenti e forse più naturali forze idrochimiche così bene svolte da BiscHor, invece delle violenti e talvolta molto ipotetiche forze plutoniche, un minerale che sembra accessorio potrebbe in alcuni casi diventare essenziale per il geologo. Se si confrontano a cagion d'esempio le numerose varietà di calcari a strut- tura cristallina, ne vediamo di quelli che racchiudono resti fossili e di quelli che privi di essi contengono certi minerali cristalizzati i quali non solo appartengono di consueto a roccie azoiche, ma che talvolta hanno subìto una tale profonda modificazione da perdere la forma cri- stallina serbandone solo la struttura.

Ora tali calcari, dei quali si ha esempio nei calcifiri dell'Arza, Rimella, Tiree, Vosgi ecc., non potrebbero essi dinotare a parità di forze chimiche metamorfosanti, un’epoca ben più remota di quella a cui appartengono calcari cristallini racchiudenti ancora evidenti reliquie dei più antichi resti organici?

Infine il sopprimere il nome di calcifiro per sostituire quello di calcare cristallino coll’aggiunta di granatifero, micacifero, anfibolifero ecc., come vorrebbe Coquanp (1) non mi sembra troppo a proposito, od almeno si do- vrebbe attendere fin quando uno studio esteso e compa- rativo petrografico e geologico di tutte le varietà di calcare cristallino contenenti costantemente determinati minerali abbia dimostrato essere essi affatto accessori e di niuna importanza.

(1) Trailé des roches, pag. 312.

Il sig Comm. Jacopo Motescnorr presenta e legge alla Classe una Memoria del Dott. S. Fugini, Assistente Vi SCO al Laboratorio di Fisiologia della R. Università , avente " per titolo :

"a INFLUENZA DELLA LUCE

ci SUL PESO DEGLI ANIMALI.

« La lumière solaire ..... n’intervient chez les ani- vi » maux d'une maniére nécessaire que dans les phénomènes de la vision pour leur faire connaître les couleurs, (i; » les formes et les distances des objets extérieurs » (1) questa è la conclusione emessa da E. BecouerEL nell'esame dei rapporti, che esistono fra la luce e gli organismi io. animali.

Tale proposizione non sembrami rigorosamente esatta, quantunque le ricerche, che finora posseggono sulla influenza, che ha la luce sugli animali, sieno assai meno numerose di quelle, che si hanno per l’azione della luce sui vegetali ed inoltre sovra alcune sperienze dirette a simili investigazioni non si trovi accordo fra i diversi sperimentatori.

E valga il vero: W. F. Epwarps (2) nel 1824 studiando l'influenza, che ha la luce sugli animali, ci fa conoscere che essa ha un'azione nello sviluppo degli embrioni, giac-

chè vide che le uova di rana, che trovavansi in vasi

(1) La lumière, ge causes el ses effels, par E. BecquereL. Paris, 1868, tom. II, p. 293.

(2) wW. F. Epwarps, De Linuande, des Gao physiques sur da vie. Paris, 1824, 396-400,

31 esposti alla luce, subivano le ulteriori evoluzioni, mentre non avveniva lo stesso in quelle, che erano sottratte alla sorgente luminosa, donde concludeva che la luce non limita la sua azione alle sensazioni luminose.

HiGGInBoTTOM (1) invece, in opposizione ai risultati di Enpwarps, asserisce lo sviluppo embrionale del tritone e della rana avere luogo del pari bene per rapidità e per grossezza sia all’oscurità che alla luce.

Rosert Mac Donvwet (2) conferma in tutto l’esperienze -

di HicinBorToM, giacchè asserisce che lo sviluppo dei girini, si fa bene ed egualmente presto alla oscurità ed alla luce.

In una nuova memoria pubblicatasi nel 1863 da Hrc- GINBOTTOM (3), questi afferma di nuovo che la metamor- fosi dei girini si effettua in modo eguale sia alla luce che all’oscurità e che la mancanza della luce non ritarda questa metamorfosi.

In queste ultime sue ricerche v’ha però un’osservazione, che ha per noi speciale interesse (4): « Dans mes expé- » riences sur les ceufs, dice HieGinBoTTOM, je n’avais » jamais obtenu de tétards pesant plus de huit grains en » l’absence de la lumière, mais je trouvai dans une mare » de mon voisinage nombre de tètards, dont quelques-uns » pesaient de onze à quinze grains, et parmi ceux-cì sept » pesaient quinze grains chacun ». Con altre osserva-

(1) On the influence of Physical Agents on the developmerit of the tadpole of the Triton and the Frog, by John HiscinsorTox : in Philo- sophical Transactions, 1850, p. 481.

(2) Influence des agents physiques sur le développement du télard de la grenoville commune; nel Journal de Brown-Séquarp, 1859, p.627-31.

(3) Influence des agents physiques sur le développement du tétard de la grenouille. Journal de. Brown-Séquarp, 1863, pag. 209. 0 (4) L. c», pi 210,

zioni dice avere confermato questo risultato : parrebbe quindi che anche per HiGrnBoTTOM la luce possegga qual- che azione nello sviluppo embrionale delle rane.

AvERBACH (1) osservò che la luce del giorno, e più spe- cialmente la luce diretta, è un eccitamento energico per le contrazioni del protoplasma dell'uovo di rana, e per il forte eccitamento luminoso in alcuni punti dell’uovo dimostrano sotto l’occhio stesso dello sperimentatore progressivi cambiamenti di forma.

Secondo PoucHer (?) la mancanza dell’organo della vista può essere cagione di alterazioni nel colorito della pelle di alcuni animali, difatti accecando dei pesci col renderli ca- terattosi o coll’estirpazione della cornea, Ja loro pelle pren- deva ben presto un colore oscuro, che però andava poi diminuendo e lo stesso effetto si aveva quando gli ani- mali erano tenuti in luogo, dove non v'era riflessione di luce o quando erano paralizzati per effetto del curare.

Nell’Enciclopedia anatomo-fisiologieca di Topp v'ha un ar- ticolo di Jonn Rein (3), nel quale, accennando alle spe- rienze, che ScHartine fece sull'uomo ed a quelle di MarcHann sulle rane, asserisce che la quantità di acido carbonico esalato, è molto minore di notte che di giorno, ma soggiunge essere fino allora impossibile di potere sta- bilire da quale causa precisa dipenda, se da letargia, da mancanza di raggi solari o da altri motivi.

Mirne Epwarps (4) afferma che la luce, che spiega tanta

(1) Veber die Einwirkung des Lichtes auf befruchtete Frosch-Eier;. nel Centralblatt fiir die medicinischen Wissenschaften. 1870, pag. 357. (2) Povc®ner, Veber die Wechselbeziehungen zwischen der Netzhaut und der Hautfarbe einiger Thiere; nel Wiener Med. Jahr., 1874, 42-44, (3) Cyclopedia of Anatomy agi Physiology, edited by Robert Topp. Vol. IV, 1852, p. 346. (4) Lecons sur la physiologie, 1857. Tome II, p.554..

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azione sui fenomeni della respirazione nelle piante, non sembra avere che poca influenza nell’èsercizio di questa funzione sugli animali.

Da questi fatti parmi risultare essere grande l’impor-

- tanza, che assume nello sciogliere alcuni di questi pro-

blemi, il lavoro del Prof. MoLescHort (1), nel quale studia l'influenza, che ha la luce nella quantità di acido carbo- nico espirato, giacchè con numerose sperienze fatte sulle rane tenute alla luce ed all’oscurità, potè arrivare alle seguenti conclusioni:

I. Le rane emettono ad eguale temperatura, per eguale peso di corpo e di tempo alla luce un dodicesimo fino ad un quarto più di acido carbonico che all’oscurità.

II. Quanto è più intensa la luce, maggiore è la pro- porzione di acido carbonico emessa.

Da queste ricerche, siccome altrove (2) asserisce il Prof. MoLescHoTT, si verrebbe a concludere che «la differenza » fra la respirazione animale diurna e notturna non trova » la sua spiegazione nello stato particolare di sonno e di » veglia, sibbene nell’antitesi di luce ed oscurità, riposo » e lavoro ».

Egli è oggidì verità dimostrata nella scienza, che du- rante la respirazione, siccome si esprime il botanico SacHs (3) la formazione dell’acido carbonico è necessa- riamente collegata colla distruzione d’una parte dei pro- dotti di assimilazione.

(1) Veber den Einfluss des Lichts auf die Menge der vom Thierkòrper ausgeschiedenen Kohlenstiure, von Jac. MoLEscHOTT, nel Wiener Medi- zinischl Wochenschrift, n. 43, 1855.

(2) Vie et lumière, par Jac. MorLescHort, nella Revue des Cours scientifiques, 1864-65, p. 700.

(3) SacHs; Physiologie végétale. Genève, 1868, p.314.

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34

Ora il problema, che mi era proposto di sciogliere era il seguente: Se la luce ha influenza sul movimento mole- colare della respirazione, avrà pure qualche azione sul peso degli animali od in altre parole, mi proposi d’inve- stigare quali rapporti possano esistere fra la luce ed il peso degli animali.

Per tale scopo la mia scelta sperimentale doveva ca-

dere su quegli animali, che per un tempo piuttosto lungo

si potessero mantenere in rigorosa dieta senza che il loro peso fosse di molto alterato.

I batraci si prestano bene a tale scopo. Difatti dalle classiche ricerche del CHossat (1) si conosce che la du- rata della vita delle rane private di cibo e tenute in acqua limpida, che era di quando in quando rinnovata, è dai sei alli sedici mesi; in media si può calcolare di nove mesi.

La media poi delle perdite diurne delle rane (2) era di quindici decimilligrammi. Non si poteva sperimentare con rane tenute all’aria libera perchè, secondo quello che osservai, soffrono presto ed in questo fatto sono d’accordo con W. F. Epwarps.

Riguardo all’influenza, che la luce può spiegare sul peso degli animali non trovai nella letteratura fisiologica delle sperienze fatte in questa direzione, sebbene alcune no- tizie quà e sparse, confermino quello ch'io ottenni collo sperimento sulle rane.

Bipprr e ScamiDT (3) hanno in uno dei loro importanti

(1) Recherches expérimentales sur l’inanition, par Ch. Cnossar. Paris, 1843, p.36-8.

(2) E CopiR8

(3) Die Verdauungssaefte und der Stoffwechsel, von F.BinpeR und G.Scampt. Miteu und Leipzig, 1852, p.317.

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‘35 lavori questa proposizione: «in ogni periodo d’inanizione, » la perdita di peso durante il giorno è assai più consi- » derevole che nella notte quando era conservato l’or- » gano della vista, invece diminuiva questa differenza fra » il giorno e la notte, quando l’ animale era diventato » cieco ».

Nelle ricerche sulla respirazione degli animali, fatte da RecnauLT e RreiseT (1), si accenna ad alcune sperienze, che aveva incominciato il Prof. Sacc di Neufchàtel sulle marmotte e che non aveva continuato avendo inviato gli animali agli sperimentatori francesi.

RecnauLT e-ReIser riguardo alle osservazioni del SAcc, asseriscono come un résultat curieux che nello stato di torpore completo le marmotte aumentano spesso di peso in modo assai sensibile (2) quindi lamentano di non aver potuto continuare le sperienze di questo interessante fe- nomeno, le cui circostanze non erano ancora molto stu- diate: queste però furono poi con molta diligenza inve- stigate da VaLENTIN (3) in una delle monografie da lui pubblicate sullo stato letargico delle marmotte.

Gli sperimenti da me intrapresi, erano fatti sulle rane esculente.

Per lo studio comparativo fra gli animali ciechi e gli intatti si sceglievano quelli di egual sesso, e che aves- sero eguale epoca di prigionia nel laboratorio.

Mantenendoli nello stesso recipiente, erano conservati nelle identiche condizioni di temperatura.

(1) Recherches chimiques sur la respiration des animaux des diverses classes, par RecnauLT et Reiset, negli Annales de Chimie et de Phy- sique. Tome 26, série, 1849, p. 429.

(2) L. c., p.435.

(3) Beitràge zur Kenntniss des Winterschlafes der Murmelthiere von G. VaLeNTIN nei MoLeseROTT's Untersuchungen. IV. Band.

Le rane erano rese cieche o coll’esportazione del globo oculare, oppure cauterizzando l'occhio con ferro incan- descente o con qualche sostanza acida od alcalina in modo da privare del tutto l’animale del suo potere visivo.

Dopo la lesione, si tenevano le rane all’oscuro e si rin- novava l’acqua nel recipiente tre, quattro volte al giorno.

Solo dopo che erano trascorse 24 ore dall’atto opera- tivo si cominciavano le pesate; però, prima di mettere le rane sulla bilancia, dice CHnossat (1), si deve cercar di far sortire dall'ano per compressione del ventre l’acqua ab- bondante che spesso inghiottiscono e che potrebbe alte- rare il peso malgrado il prolungarsi dell'astinenza. Mo- dificherei l’ enunciato di CHossar avvertendo che bene spesso quando si fa compressione sulla regione addomi- nale e nello stiracchiarsi delle gambe, si vede l'emissione delle urine.

Prima di pesarle, aveva cura di asciugare per bene le rane con pannolino, e mi assicurava che sulla pelle e nella membrana interdigitale non si avesse più traccia di acqua per mezzo della carta asciugante.

L'acqua del recipiente, in cui si tenevano le rane, era rinnovata due volte nella giornata.

Quando gli animali erano esposti all’azione luminosa si teneva il recipiente di vetro avanti a finestra bene il- luminata, non però direttamente al sole, si mettevano inyece in spazio ben oscuro, quando dovevano essere sottratte alla sorgente luminosa.

Durante queste ricerche, ebbi spesso occasione di ve- rificare l’esattezza della proposizione di CHossat (2) che le

(1) L.c., p.36. (2) Ivi.

rane quando trovansi negli ultimi giorni di loro vita, essendo spossate, si lasciano facilmente infiltrare dall’ac- qua, in cui stanno immerse, sicchè al momento della morte arrivano a pesar più di prima.

Allora sospendeva le mie ricerche con tali animali ed è questo un fatto, di cui si deve tenere ben conto qualora si volessero rifare queste sperienze, affine di evitare errori.

Il metodo sperimentale era poi così disposto:

Un determinato peso di rane cieche ed intatte si espo- neva alla luce per un determinato tempo.

Si ripesavano le rane dopo che erano state esposte alla luce e si notava quindi la differenza assoluta, che v'era tra il primo ed il secondo peso, poi col calcolo si deduceva il valore centesimale non solo ma anche il va- lore centesimale, che si otteneva per sei ore.

Così si aveva una cifra, che poteva servire di confronto.

Lo stesso si faceva prima e dopo che le rane erano state all’oscuro.

Quando si avevano le cifre delle singole pesate riferi- bili al valore centesimale, che si aveva per ogni sei ore, con addizione algebrica si faceva la media delle cifre ot- tenute alla luce e la media del valore, che si otteneva all’oscurità: questi numeri ci indicavano la cifra media del guadagno o della perdita, che si aveva delle rane cieche ed intatte sottoposte alla luce o sottratte alla sor- gente luminosa.

Ecco le tavole, che racchiudono alcune delle pesate che ho fatto:

38

al giorno.

DATA

dell’ esperimento

1874

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3,28|— 3,28 + 1,20

2,49|— 2,13 + 2,00

2,39[— 2,86 + 1,89

2,30|— 2,76 + 3,13

3,26|— 2,79 + 1,12

2;22/— 2,66 + 1,47

1,45/— 1,24 + 4,540

1,52|— 1,52

n

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lengono nello stesso recipiente pieno d’acqua. Di queste quattro rane, i pesarle si lasciano due giorni all'oscuro. Si cambia l’acqua due volte ia da filtro.

Rane cieche Differenza di peso medio centesimale

____T________ _ bm6 : per sei ore

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per sei ore inlalte. cieche Spa ATTI ——"P

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s D Tav. E. 4 Rane esculente - eguale sesso - epoca di prigionia - per mezzo del nitrato d'argento. Si tengono all'oscuro due giorni da

l’acqua del recipiente. Prima di pesarle si asciugano con pannolino, @

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dell’ esperimento

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MD TL 001) 3,85)

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3,5|— 4,04|— 4,04 RAI 413,20 + 1,02 2,71|—- 3,15|— 3,78 SER ha 03,01 + 1,00 0,8 |—.0,93j— 0,93 + 0;5/+ 0,59 + 0,19 t 0,7 | 0,82/— 0,82 + 0,5 {+ 0,59 + 0,18 1,3 |— 1,52|— 1,82 + 0,5 |+ 0,59] + 0,19 ORSI AT + 0,3]+ 0,55 + 0, 1l 0) 0 (0) + 0,6/+ 0,71 + 0,22 1,1 |— 1,29— 1,54 et +--0:83 + 0, 26 SI Li DAT 250, 56 i ati 40,22 () () 0 + 0,7|+ 0,82 + 0, 27 T 479 | 1,99 1,99 i; - 2,91 + 3,47 + 1,15 Si. 3 |- 231! 9,31 si +2,31+ 2,72 + 0,85 ir: 0,9|— 1,03|— 1,23 i + 1,7|]+ 1,98 + 0,62 LA 0,6|T— 0,68|— 0,81 tra + 1,1|+ 1,26 + 0,39 Sa

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accecate coll’esportazione dei globi oculari. Dopo l’ poscia con carta da filtro.

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NUMERO | NUMERO Rane intatte d’ordine | d’ore aero i delle durante I II |Differenza] Differenza|Differenza centesffal. ; le quali | assoluta | cente- sperienze ; peso | peso | sugli stessi ar Tri ei di nale E animali | ‘mento in grammi peso di peso | luce Î bu Î | gh 15| 72,2/681|—41|— 5,67|— 5,67 I |a5 9|681|692/+4£1|+ 1,61 III 9 15|69,2|686|—06|— 0,86!— 0,86 IV {15 9686/69 |+0,4|+ 0,58 V 9 15169 |664|- 2,6 |— 3,77|— 3,77 VI |15 9|66,4|6791+15|+ 2,26 VI | 9 15/679 656/33 3/38|— 3,38 Vil |15 9|65,6|67 |+4,4|+ 2,13 IX 15/67 |664/5—0,6|— 0,89|— 0,89 x {15 9|66,4|667|+.03|+ 0,45 XI 9 1531 66,7/616|— 2.1 |— 3,15|= 3,45 XI |15 9|64,6166,8|+22|+ 3,41 XII | 9 15|66,8|64,6|]—2,2|—3,29/— 3,29 XIV |15 9|64,6|66,8/+2,2|+ 3,40 XV 9 15|66,8|643|—2,5]|— 3,74|— 3,74 XVI |15 -9|64,3|663|+2 |+3,1f XVII | 9 15/663 65° | —41,3|— 1,961— 14,9% XVII |15 965 |66,6!+ 41/6 |+ 2746 XIX | 9 15|66,6|643{—23|- 3,45|— 3,45 XX {15 9|64,3|66,7|+2,4|+ 3,73 XXI | 9 15|66,7|643|—24|- 3,60|— 3,60 XXI |15 9|64,3|66,6)+23|+ 3,58 XXIII | 9 15|66,6/642/—24|— 3,60|— 3,60 XXIV [15 9|642|66 |+418|+ 2/80 XXV | 9 15/66 |64,3|—47|T— 257|- 2,57 XXVI | 15 9|643|66,3j/+2 |+3411 XXVII | 9 15|66,3| 64,31 —2 |—-3/02|= 3,02 XXVII | 15 9|64,3]|65,8|+ 1,5 |+ 2,33 XXIX | 9 15165,8/65 {—&8|—1,21|— 4,21 XXX [15 9165. | 66. {+41 |+4553 XXXI | 9 15|66 |64 |—2 |—3,03|— 3,03 XXXI |15 9|64 |65,4 +4,4|+ 2,19 XXXIII | 9 15|65,4 63,3 21 SW si #

i 43 nia - mantenute nello stesso recipiente pieno d' acqua. Due rane sono o rane all'oscuro. Prima di essere pesate sono asciugate con pannolino,

Rane cieche Media delle differenze centesimali di peso «TP ___——— . durante sei ore

Differenza| differenza |Differenza centesimale

di peso assoluta | cente- _ - , I IT e e Elia peso di peso luce | buio luce | buio luce buio

sai 1,49!

Le fi4 Ra 1,49

S| 192 j- 0.64j— 2,96|+ 0,80j— 0,74|+ 0,10

+ 0,3 {+ 0,42/+ 0,42]

+0,7|+ 0,97] {+ 0,32

DEL AE E MET A

+ 0,9|+ 1,27 + 0,42

0,6|— 0,84{— 0,84|

0,1 | 0,14 0,05

—-0,4|— 0,56|— 0,5

+0,2/+0,2 + 0,09

() 0

+ 0,1|+0,14 + 0,04

0,8|- 1,11|— 1,1{

+0,5|+ 0,7! 1+ 0,23

0,7|— 0,99|— 0,99

+ 0,5|+ 0,82 Pi 0,27

0,9|— 4,28|— 1,28]

+0,6|+ 0,86 + 0,28

+0,5|+0,71j+ 0,71

04]— 0,56 0,18

0,3 {— 0,43|— 0,43

+ 0,1 |+ 0,14 + 0,04

1,3| 1,86|— 1,86

+1,4|+ 2,03 + 0,67 ì

0,3|— 0,43/— 0,43

+0,2/+ 0,29 + 0,09

0,1{_-0,14|— 0,14

+ 1,0|+ 1,43 + 0,47

DA 1) 0

0,9|- 1,27 0,42

0,5|— 0.71|— 0,71 i

+.0,2|+ 0,29 + 0,09

1,1|— 1,57|— 1,57

Rane intatte Rane cieche luce buio luce buio i

I Tavola..... .{— 2,33|+ 0,69/T— 1,06|+ 0,43 e. HI» .......]— 3,07|+0,74|— 1,75|+ 0,51 II» .......f-— 2,96/+0,80/— 0,74|+ 0,10 È

—— —r 6

Media........ 2,78|+ 0,74|— 1,21 |+ 0,34

Nello studio della metamorfosi della materia, i rap- porti numerici sono l’espressione assoluta dei rapporti funzionali della sostanza attiva, dice il MoLEscHOTT, nella celebre sua prelezione: vita e luce.

Il rapporto medio ricavato fra le rane sane e le acce- cate riguardo alla perdita in peso quando sono esposte alla luce è di 2,29 :1.

Quando le rane sono sottratte all’azione luminosa, le sane guadagnano in peso rispetto a quelle cieche nel rapporto medio di 2,02 :1.

La luce accelera il lavoro respiratorio. Fino dai tempi della grande scoperta di Lavorsier il processo di respira- zione animale è considerato come un vero processo di combustione. E

Sotto l'influenza della luce la respirazione è più at- tiva: ora gli animali, essendo. privati di cibo, subiscono una diminuzione di peso ed è maggiore la perdita presso gli animali, in cui è conservato intatto l'organo della vista. i

Rispetto all'aumento di peso, che presentano le rane quando sono sottratte all’azione iuminosa, una delle cause può essere la differenza di rapporto fra l’ossigeno inspi- rato e l’acido carbonico emesso: ma probabilmente questo fatto non basta ancora per renderci ragione del fenomeno; dacchè le classiche ricerche di VALENTIN (1) sulle mar- motte ci hanno edotti che per l'aumento di peso che talvolta si osserva in questi animali nello stato di le- targia, oltre che l'eccesso di ossigeno preso sull’acido carbonico emesso, hanno parte importante sia i vapori

(1) Beitrige zur Kenntniss des Winterschlafes der Murmelthiere von G. VaLentiN nel V Band. dei MoLescHort’s Untersuchungen, pag. 11.

| 45 acquosi, sia l’attività igroscopica dei tessuti del corpo, sovratutto dei prodotti cornei, che coprono la loro su- perficie esterna.

Dai fatti sovra esposti mi pare si possano ricavare le seguenti deduzioni:

Eguale peso di rane cieche ed intatte, di eguale specie e sesso, tenute alla stessa temperatura per eguale tempo esposte alla luce subiscono perdita in peso, la quale è maggiore per le rane intatte che per le cieche.

Questo risultato sarebbe in armonia col fatto trovato da MoLescHOTT, che paragonando rane cieche ed intatte, tenute ambedue alla luce, quelle emettono minor quan- tità di acido carbonico che queste, sebbene la differenza sia minore che quando si paragonano rane intatte esposte alla luce con quelle tenute al buio.

Le rane intatte e cieche sottratte all’azione luminosa gua- dagnano în peso, le intatte più delle cieche.

Questi risultati si ottennero sotto l’azione alternata della luce e dell’oscurità.

In questa adunanza leggesi una lettera del Generale MenaBrEA, Socio nazionale non residente, il quale fa istanza per una correzione da introdursi nella sua Me- moria che porta per titolo: Principe géenéral pour déter- miner les pressions et les lensions dans les systèmes élasti-

ques. Questa correzione consiste in ciò, che dove è detto: D’où l'on conclut, que l'equation (15) représentant ecc.,

e _ _ ° devesi leggere D'où l'on conclut, que l'équation (15 bis): D+A'd+ B'B*+C")°=0, représentant ecc. I lettori dei Volumi Accademici sono pregati di fare l’indicata cor-

alta

rezione nel vol. XXV, serie 2°, pag. 173, linea 25. Nelle copie distribuite a parte dall’Autore la medesima corre- si zione vorrà essere introdolta nella linea 4* della pagina 38. À Ro” si $$ i pda ;

(tai “vu: ta A ds. Sa) i GINg STRO Ki tati d

uit ai nego

4 “0

Adunanza del 29 Novembre 1874. \ PR

PRESIDENZA DI S. E. IL CONTE F. SCLOPIS

Il Socio Cav. Michele Lessona legge alla Classe la se- guente sua HT, NOTA Bi

INTORNO

ADE aa PRODU ONE th

DELLA

SALAMANDRINA PERSPICILLATA.

Spetta esclusivamente all’Italia, per quanto fino ad ora si sappia, la bella piccola specie di anfibi urodeli cui il Firzincer diede il nome generico di Salamandrina, ed il Savi il nome specifico di perspicillata, e fu dal Gray con- È siderata come unica rappresentante di una famiglia. SI

Vive lungo il versante mediterraneo dell’Apennino che si distende dalla Liguria al Napoletano, non fu trovata in Sicilia, il DumériL dice di averla avuta dalla Sardegna, ca ma il Gexé non l’annovera fra gli anfibi di quell’isola.

Ne parlarono, variamente denominandola, dapprima Fer- rante ImPeRATO , poi LacipÈDE, BONNATERRE, LATREILLE,

DaupIin, MERREM, Savi, FirzincER, Cuvier, BARNES, WA- GNER, BonAaPARTE, DumérIiL e BrBron, GRAY, HALLOWELL.

È singolare l’errore di LacépèpE che la dichiarò fornita di sole tre dita, e la denominò corrispondentemente, gd, mentre in realtà ha quattro dita, e per questo carattere d appunto si distingue dalle Salamandre, come si distingue de; dai Tritoni per la rotondità della coda, me

48

Il BonaparTE ed il Savi scrissero più a lungo intorno a questo animaletto, segnatamente il secondo, che colla sua consueta maestrevolezza ne descrisse le forme ed i costumi.

Nessuno era riuscito a vederne la riproduzione, mal- grado i tentativi fatti, e questa sorte toccò a me pel primo, durante la mia dimora in Genova, ove questa specie è comune. i

Giù dai pendii dei monti nudi e rocciosi che s’innal- zano semicircolarmente a guisa di anfiteatro intorno alla bella città scendono ruscelletti che si fanno torrentacci negli acquazzoni, ma consuetamente hanno appena un filo d’acqua. Lungo il corso di questi ruscelletti si trovano di tratto in tratto delle pozze con pareti e fondo rocciosi ove l’acqua limpida quasi ristagna e lentissimamente si rinnova, albergando vegetazione e vita animale inferiore. Poco discosto da questi ruscelli stanno sotto le pietre le Salamandrine , che lungo la state, come la Salamandra nera sulle Alpi, non si lasciano vedere, appaiono meno raramente l'inverno, sono numerose fuori lungo le pioggie autunnali, e in sul principio della primavera vengono all’acqua per l’opera della riproduzione, e poi per la muta della pelle.

Ho avuto opportunità di osservare per parecchi anni le uova ed i girini nelle loro pozze native, ho avuto poi in Torino dalla cortesia dei miei amici di Genova uova che feci sviluppare negli acquari, e riuscii persino in un caso ad ottenere in Torino nel mio studio la metamorfosi di uno di tali girini.

Nelle mie osservazioni in Genova ebbi sovente a com- pagno il signor Giovanni Ramorino, allora studente di scienze naturali, ora Professore a Buenos-Ayres. Alcune

MM rdon LL rbt AI

49 osservazioni mie e sue egli raccolse nella sua tesi di laurea, intitolata: Appunti sulla storia naturale della Salamandrina perspicillata, pubblicata in Genova dalla tipografia dei Sor- domuti nel 1863. Un cenno mio intorno allo stesso argo- mento venne comunicato dal signor Dottore Mivart alla Società Zoologica di Londra e pubblicato nel volume del 1868, e riprodotto in nota nella traduzione italiana della Vita degli animali del Dottore BRERM.

Io spero di poter compiere lo studio di questo anima- letto nel suo essere e nei suoi rapporti. Piacemi intanto oggi riferire qualche cosa di più intorno alla riproduzione di esso ed allo sviluppo del girino, giovandomi dei di- segni che si compiacque fare per me il signor Lorenzo CameRANO , ottimo giovane da cui ho molto aiuto, e dal cui amore ardente per lo studio senza fallo sarà in breve per trarre non poco vantaggio la scienza.

L’opera della riproduzione per la Salamandrina nel con- torno di Genova comincia in sul principio del mese di marzo. Le femmine vanno nelle pozze dei ruscelli a de- porre le uova. Io non ho mai trovaio un maschio nel- l’acqua: anzi in verità debbo dire che non ho mai trovato un maschio di questa specie: cercando sempre nell’acqua ed in primavera ho raccolto centinaia di individui che, aperti, conobbi sempre per femmine. Bisogna dire adunque che la fecondazione in quesia specie è interna, e segue fuori dell’acqua.

Le prime Salamandrine che arrivano alle pozze scel-

« gono il luogo meglio acconcio per deporvi le loro uova.

Le attaccano, mercè la materia glutinosa onde sono av- volte, in mucchi alle pietre e ad altri corpi solidi, al piede della parete verticale delle pozze nella parte più interna di esse e più lontana dal punto d’onde l’ acqua

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esce per incanalarsi nel ruscello. Così sono al riparo dal precipitare degli acquazzoni. i

Le Salamandrine che vengon dopo e trovano già i buoni posti occupati s’aggiustano come possono: metton le uova sul fondo, anche presso al margine della pozza, e negli acquazzoni queste uova vengono portate via e si SO in mare.

La figura 1 rappresenta il modo in cui sovente sono attaccate queste uova a fuscelli sommersi (Questa figura, invero, rappresenta non l'uovo, ma il germe in un pe- riodo già inoltrato di sviluppo). Altre volte le uova sono attaccate, come ho detto, alle pietre, oppure a foglie secche sommerse, pagliuzze od altri corpi, mercè la ma- teria glutinosa appiccaticcia; ma non galleggiano mai.

L'uovo è grosso come un grano di miglio, la segmen- tazione totale, ma il solco equatoriale non è appunto un circolo massimo, trovandosi più vicino al polo dell’e- misfero bruno. i

La formazione del germe alla temperatura di + 15° comincia 48 ore dopo l’apparizione del primo solco me- diano, e si manifesta col solco primitivo di REICcHERT, seguito dopo 24 ore dalla formazione delle lamine dor- sali. Dopo appaiono il cappuccio cefalico ed il caudale , il primo assai più sviluppato del secondo, e più svilup- pata ancora la parte ventrale. Questo stadio rappresen tano le figure 2, 3, 4: in questo stadio segue la rota- zione dell'embrione. it

In breve appaiono nell’embrione i rudimenti dei suc- ciatoi, quegli organi ventosiformi chiamati bottoncini dallo SPALLANZANI, ed uncini (crochets) dal Rusconi, che sono due e si sviluppano in due peduncoli molto allungati: appa- iono contemporaneamente i rudimenti delle branchie, e

51 quelli delle zampe anteriori, che sono poi le prime a spuntare. In questo stato l’embrione, rappresentato nella figura 5, fa, entro alla materia glutinosa da cui è ancora avvolto, forti e frequenti movimenti, indizio di inoltrato sviluppo di parti muscolari.

Finalmente, dopo 20 o 22 giorni dalla fecondazione dell'uovo, il piccolo girino esce vincendo collo spinger del capo la resistenza della materia glutinosa che ancora lo avvolgeva, qualche guizzo nell’acqua coi rapidi movi- menti della coda, poi cade sul fianco spossato da questa sua nuova fatica. In questo periodo appare quale è rap- presentato nella figura 6: è lungo 12 millimetri, giallo- gnolo scuro sul dorso e chiaro sul ventre con minute macchiette brune, che qualche giorno dopo si fanno più gremite e diventano chiazze, quali le mostrano le figure 15 e 16. Si vedono bene gli occhi, appaiono il fesso della bocca ed i fori delle narici. Le branchie sono tre fila- menti semplici, quali si vedono nella figura 9 in b, c, d, e lasciano vedere benissimo, al microscopio, il rapido correre del sangue. Nella stessa figura si vede in 4a uno dei due succiatoi, ed in e il rudimento di una delle zampe anteriori. Le figure 7 ed 8 lascian vedere il girino al suo quinto giorno di vita, dalla parte del dorso e dal ventre: in questo stadio ha quel coloramento giallognolo chiazzato di bruno che appunto è rappresentato nella figura 15. Dalla parte del ventre lascia vedere il cuore pulsante, e l’aorta colle sue diramazioni. In questo pe-

riodo la zampa anteriore si mostra distintamente in un

piccolo moncone, quale è rappresentato nella figura 10. I due primi filamenti branchiali lasciano vedere le prime ramificazioni, più il primo che non il secondo, come appare dalla figura 11. Questo ramificarsi delle branchie in breve

52 si spinge assai oltre, ed al decimo giorno della vita del girino il suo apparato branchiale è quale si vede nella figura 12. In questo periodo della vita del girino il mon- cone della zampa anteriore si è riotevolmente allungato, e comincia a tripartirsi alla estremità (figura 13) mentre spunta il moncone delle estremità posteriori in foggia di piccolo cono affusato (figura 14).

Al 18° giorno della vita del girino le zampe anteriori lunghe 25 decimillimetri mostrano distinti i quattro diti (figura 18), mentre le zampe posteriori lunghe 15 decimil- limetri hanno tre ditini sviluppati, il quarto non rappre- sentato ancora se non che da un tubercoletto (figura 19).

Al 24° giorno della vita del girino la zampa posteriore mostra le quattro dita (figura 20), ed ha tatto il suo sviluppo come è rappresentata poco prima della meta- morfosi nella figura 27, mentre la figura 26 rappresenta nello stesso periodo la zampa anteriore.

I succiatoi sono scomparsi al 18° giorno della vita del girino, e le branchie appaiono sviluppate nel modo in- dicato dalla figura 17. Le figure 21, 22, 23 rappresentano il ramificarsi sempre progressivo delle branchie al 30°, 34°, 40° giorno della vita dell’ animaletto, mentre la fi- gura 26 rappresenta queste stesse branchie notevolmente ridotte e prossime allo atrofizzarsi al 50° giorno della vita del girino, quando poco più di tempo manca all’operarsi della sua metamorfosi. Fra il 40° ed il 50° giorno della vita del girino la testa sopporta una notevole modifica- zione, essendo dapprima allungata ovalmente (figura 28), e poi allargata, depressa, tendente al triangolare (figura 29).

Al 40° giorno della vita del girino sono stati disegnati i denti quali si vedono nelle figure 24 e 25, denti che subito rivelano l’indole schiettamente carnivora del girino.

Nella parte superiore i denti palatini appaiono forti con salda base, conico-subulati, aguzzi, con una sorta di un- cinatura rivolta all’indentro, mentre sull’arcata mascellare sono tanti dentini triangolari; ed altri più piccoli e più numerosi, conici ed aguzzi, sono sull’arcata mascellare in- feriore; gli uni e gli altri ricordano i denti di certi squali.

Intorno all’ indole carnivora di questo girino non ho dubbio nissuno: l'ho veduto abboccare minute larve d’in- setti: ma oltre a questa prova di tutta evidenza, ne ho acquistata un’altra in un modo singolare; il signor Lo- renzo CaxeRANO ebbe il pensiero di porgere ad un girino, ultimo superstite di moltissimi morti, verso il quaran- tesimo giorno della sua vita, sopra la punta di uno spillo un minutissimo minuzzolo di carne cruda, facendolo muo- vere come preda viva. Il girino abboccò, e da quel punto in poi per una quindicina di giorni fu nutrito regolar- mente con carne cruda, e riuscì a compiere la sua me- tamorfosi, approssimativamente verso il 55° giorno della sua vita. Cinque giorni prima della metamorfosi egli aveva le branchie ridotte quali si vedono nella figura 26. In questo stadio teneva spesso il capo fuori dell’acqua: ma molto prima di questo stadio questi girini, come già aveva osservato per quelli delle rane il Rusconi, vengono alla superficie a prendere una boccata d’aria, quando co- minciano i loro primi esercizi di respirazione polmonare.

Una differenza notevole dai girini delle rane presentano questi della Salamandrina in ciò che mentre quelli si mo- strano irrequieti e sempre guizzanti, questi sono consue- tamente fermi. Ho detto sopra che appena libero il girino dopo qualche guizzo cade spossato al fondo. In questo primo periodo della sua vita si giova dei suoi succiatoi, e si vede talora attaccato, anche con un succiatoio solo ,

54 A ad una parete verticale. Più tardi striscia col ventre sul fondo, e si giova delle estremità anteriori, che presto si sviluppano, appoggiandosi sopra di esse come certi pe- sciolini fanno colle loro natatoie pettorali. Tocco fugge con rapidi guizzi, ma în breve nuovamente si arresta. Spia immobile ia preda: quando se la vede a tiro davanti alla bocca a qualche centimetro di distanza, con pochi mo- vimenti della coda, e più tardi anche delle zampe ante- riori, le si precipita sopra, la azzanna, e ripiglia la sua immobilità. Questa immobilità costante, che dura fino alla metamorfosi, fa che facilmente l’animaletto sfugga all’oc- chio del ricercatore, e non riesca facile trovarlo, chi non ne abbia pratica.

Il girino, di cui ho ottenuto la metamorfosi, mi ha dato argomento a credere, siccome ho detto, che essa si compia in cinquantacinque giorni: ma questo limite na- turalmente non è che approssimativo. L'animaletto è rap- presentato appena compiuta la metamorfosi nella figura 30.

Lo tenni in terra umida, tentai di fargli mangiare carne eruda, come aveva fatto ancora il giorno precedente, ma non volle più saperne. Cercai di dargli altro cibo, ma non mangiò , e visse digiuno 67 giorni.

In Liguria trovansi già le piccole Salamandrine tras- formate nel mese di giugno, ciò che conferma «appunto il limite approssimativo indicato sopra pel compimento della metamorfosi; probabilmente non ottengono tutto il loro sviluppo se non che coll’ anno seguente, ed allora sono già in istato di dare opera alla riproduzione. _

Lrezieadi

SALAMANDRINA PERSPICILLATA

I.Gamerano dis. Sit. Giordana e Salussolia.

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SALAMANDRINA PERSPICILLATA

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SPIEGAZIONE DELLE FIGURE

Tavola I.

I. Germi di Salamandrina in corso di sviluppo, attaccati ad un fu- scello sommerso.

2. Sviluppo del germe verso il quattordicesimo giorno.

3. Sviluppo del germe al 16° giorno.

4, Sviluppo del germe al 18° giorno.

5. Girino al momento di uscire dall’invoglio glutinoso.

6. Girino il giorno di vita libera.

7. Girino il giorno di vita libera.

8. Girino il giorno di vita libera visto inferiormente.

9. Branchie del girino al giorno di vita libera.

10. Zampa anteriore del girino al giorno di vita libera.

Il. Branchie del girino al giorno di vita libera.

12. Branchie del girino al 10° giorno di vita libera.

13. Zampa anteriore del girino al 10° giorno di vita libera.

14. Zampa posteriore del girino al 10° giorno di vita libera.

15. Macchie del capo e fra gli occhi nero-violacee su fondo giallastro al 10° giorno di vita libera del girino.

16. Chiazze sul capo e fra gli occhi al 15° giorno di vita libera del girino. i

Tavola II.

17. Branchie del girino al 18° giorno, scomparsi i succiatoi.

18. Zampa anteriore del girino al 18° giorno.

19. Zampa posteriore del girino al 18° giorno.

20. Zampa posteriore del girino al 24° giorno.

21, Branchie del girino al 30° giorno.

22, Branchie del girino al 34° giorno.

23. Branchie del girino al 40° giorno.

24. Denti superiori del girino al 40° giorno.

25. Denti inferiori del girino al 40° giorno.

26. Branchie del girino al 50° giorno con zampa anteriore.

27. Zampa anteriore del girino al 50° giorno.

28. Testa del girino al 40° giorno.

29, Testa del girino al 50° giorno.

30, Metamorfosi del girino al 55° giorno.

x PRIA e PA Bee iL Mraag®.

Il Socio Cav. “A ltonzo Cossa lettura alla Classe della seguente sua Nota

SULLA

COMPOSIZIONE DEL MOSTO

ue... DELL'UVA

IN DIVERSI PERIODI DELLA SUA MATURAZIONE.

Per incarico del Ministero d’Agricoltura, nel corso di questo anno, si dovettero eseguire nei laboratorii chimici delle stazioni agrarie italiane, delle ricerche sulla com- posizione del mosto di ben accertate qualità di vitigni in diverse epoche della maturazione d.ll’uva. Nella stazione agraria di Torino che ho l’onore di dirigere, a motivo del gran numero di analisi fatte per incarico di privati e d'altri lavori, ho dovuto limitare queste ricerche ad una sola varietà di vite. Però ho cercato di compensare in parte questa limitazione col moltiplicare le analisi in modo da rendere più palese la graduale mutazione che si avvera nella composizione dell’uva di mano in mano che essa si avvi- cina allo stadio di perfetta maturanza.

L’uva di cui mi sono servito per le mie ricerche appar- tiene ad una varietà di vitigno bianco, che gli agronomi dicono d’ Aramont, e che venne coltivato a bassa ceppaja, dal Prof. Panizzarpìi nel giardino del Museo Industriale, che serve ai piccoli saggi di coltivazione che si fanno per iscopo di ricerche di chimica agraria nella stazione di Torino. 1 ta x

PIITRENIE TE I

ST

Si analizzò il mosto in otto epoche differenti, con un intervallo di dieci giorni, e comprese tra il 26 luglio ed il 30 settembre (1).

La densità del mosto venne determinata a temperature che variarono da 17,5 C. a 22. C. colla bilancetta ideata da MoHgR e costruita dal meccanico WestPHaL di Celle. Con questa bilancia, che ora è adoperata generalmente nei laboratorii di chimica e di fisiologia, si hanno risultati esatti fino alla quarta cifra decimale.

Si determinò il glucosio con una soluzione alcalina di rame (liquore di FeHLING) titolata in modo che per ridurre l’ossido cuprico contenuto in 10 centimetri cubici, occor- revano 5 centigrammi di glucosio. Il mosto essendo stato ottenuto da acini ben separati dai graspi , e senza schiacciare i vinacciuoli, non si ebbe a temere che all’a- zione riduttrice dello zucchero si aggiungesse pur quella dell'acido tannico; infatti in due ricerche fatte per con- fronto con un mosto naturale, e collo stesso mosto a cui erasi aggiunta una soluzione diluita di ittiocolla, si ebbero gli stessi risultati saccarimetrici.

L’acidità totale del mosto, cioè quella che deriva dagli acidi liberi e dal tartrato acido potassico, fu calcolata come dipendente da acido tartarico e venne determinata con una soluzione titolata di soda corrispondente per ogni centimetro cubico a 75 decimilligrammi d’acido tartrico.

Il bitartrato potassico venne determinato col metodo suggerito da BertHELOT e FLEURIEN, il quale consiste prin- cipalmente nel precipitare questo sale da un volume conosciuto di mosto mediante una mescolanza a volumi

(1) In questo lavoro mi servii con grande vantaggio dell’opera assidua ed intelligente degli Assistenti D. PeciLe e B. Porro,

VUE) È Ò "x tata si < asi, * vigne La To a SRI RIepot d g07 ISEE CI dn Ain è N

eguali di alcoole e di etere. -Rigiagioglisato vell'uagua bollente il tartrato acido, si desume la sua quantità dal volume di soluzione di soda richiesto per neutralizzarlo.

Per determinare poi l’acido tartarico il quale si trova nel vino allo stato di libertà, e non sotto forma di sale acido, si seguì pure il metodo proposto dai due ‘autori

succitati, il quale consiste nel neutralizzare parzialmente con potassa un dato volume di vino e quindi nel preci- pitare nuovamente il tartrato acido di potassio. La dif- ferenza tra le quantità di bitartrato ottenute in questa e nella precedente determinazione forniscono un criterio che serve di guida per conoscere approssimativamente la quantità d’acido tartarico libero.

La differenza poi che si osserva, paragonando l’acidità complessiva del bitartrato di potassio e dell'acido tarta- rico libero con l'acidità totale, deve essere riferita alla presenza nel mosto d’altri acidi differenti dall’ acido tar- tarico.

Le sostanze minerali contenute nel mosto, si desunsero dalla quantità delle ceneri, calcolate prive di carbone

e d’ anidride carbonica.

I risultati delle determinazioni ottenute sono. riassunti. nei due prospetti iva

La ogt spaccia sfruttò: cRadii ant e)

In 1000

DATA | GRAPPOLI

dell’ analisi e È ini Raspi

docLvplipsi;a0) uluzi * 75 4 Agosto lr. 0300 62 65 56 74 83 73

DATA della DENSITÀ

Analisi

| il Ì Il | i ì

Glucosio Acidità | totale Bitartrato | polassico Acido tartari

A Mosto

913 957 958 962 963 948 955 960

| |

e libero Materie estrattive

Grammi

26 Luglio | 4,0204 a +479,3| 5,5| 36,00 4 Agosto | 1,0182 » +479,5 | 6,94| 34,87 1,0218 » + 479,5 | 15,601 30,00 4,0323 » + 179,5 | 28,70 | 29,92 1,0333 » + 249,2 | 57,50) 20,10 4,0477 » + 249,2 | 96,20! 47,77 4,0638 » +489,2 |134,70| 12,75 1,0583 » +22° |119,00| 9,82

7,89! 4412 dai 40,95 5,52 47,55 4,86 70,65 3,68. 72,40 2.50 420,43 2,24 452,40 4,84 439,20

parti in peso

di CINI

Buccie

Tr— ca_’”’°’PP@6966

e Vinaccioli

87. 43 42 38 37 52 45 40

In 4000 centimetri cubici di mesto

Azolo

| minerali

Dalle cifre suesposte si scorge come le quantità dello zucchero e delle materie estrattive si accumulano sempre più nel mosto dell’uva esperimentata fino al 20 settembre,

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dopo la qual epoca queste sostanze cominciano a . imi- nuire, mentre aumenta la quantità di azoto , il quale dal 26 luglio fino al 20 settembre era andato sempre dimi- nuendo. Nella quantità degli acidi la diminuzione con- tinuò sempre in tutte le determinazioni fatte. Le materie minerali rimasero quasi stazionarie dal 26 luglio al settembre; aumentarono fino al 10 dello stesso mese, per poi nuovamente diminuire.

Continuando, come mi propongo di fare nel venturo anno, queste ricerche sopra vitigni di altra qualità, dai risultati che si otterranno, confrontati a quelli già avuti, si potranno dedurre sulla composizione del mosto conclu-

sioni più attendibili di quelle che ho accennate in questa breve nota.

de I

L’Aceademico Segretario À. SoBRERO.

CLASSE

è pa passò

| °—’ DI SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE

[a CLASSE ù d è ;

Adunanza del 22 Novembre 187%,

PRESIDENZA DI S. E. IL CONTE F. SCLOPIS È

S. E. il sig. Presidente Conte Federigo ScLopis fa | lettura alla Classe del seguente suo scritto biografico : L

E | NOTIZIE 3 DELLA VITA E DEGLI STUDI

DEL CONTE

È LODOVICO SAUL! D’IGLIANO.

L'Accademia nostra ha perduto il suo decano; io ho i

X perduto uno de’ miei più cari e vecchi amici; le lettere . + italiane hanno perduto un diligente storico ed un forbito ea scrittore. Bi Il 25 di settembre di quesi’anno, 1874, la morte ci cu ha rapito il Conte Lodovico Sauri d’Igliano, che fu per 9 molti anni Direttore di questa Classe di Scienze morali, 3 storiche e filologiche.

Nato in Ceva, antica città dell’ alto Piemonte, il 10 di novembre del 1737, Lodovico Sauri passò la puerizia tra il frastuono delle armi. Su quella regione si combattè SA aspramente la guerra quando, dopo una serie di fatali ES incertezze e di crudeli inganni durante il corso della “e campagna dal 1795 al 1796, si dovette cedere al genio

»

vincitore di Napoleone Bonaparte. Dal campo di Ceva si fece, per così dire, il cuneo onde ne venne lo stacca-. mento delle forze Piemontesi dalle forze Austriache, e si aprì il varco alla fortuna dell’armi che guidò Bonaparte trionfatore a Cherasco. Se accenno a questi fatti egli è perchè essi fecero così profonda impressione sull’animo del Sauri che non cessava di ricordarli con certa energia d’accento anche quando già quasi facevagli difetto la me- moria d'ogni altra cosa.

Nato di famiglia nobile e distinta, ma non di alan ceuso, il giovane SauLi, finiti i primi studi, venne a To- rino per aver modo così di attendere al corso dello studio del diritto nella Università dove conseguì il grado di li- cenza, come di trovare un’occupazione atta a procurargli un vivere più agiato, e ad aprirgli la strada dei pubblici impieghi.

Dotato di felicissimo ingegno, assai ben coltivato, e di un carattere quanto probo altrettanto schietto, egli non tardò ad entrare in una via conforme a’ suoi desi- deri. Non poco gli valse in que’ primi tempi l’amicizia di che lo favorirono due riputatissimi Membri di questa nostra R. Accademia, il Conte Giuseppe Franchi di Pont suo zio materno, ed il Conte Gian-Francesco Napione suo largo parente. Questi due egregi congiunti non solamente lo diressero negli studi letterari, ma ponendolo in rela» zione con quei che tenevano allora il primato nelle let- tere Piemontesi, quali erano il Conte Prospero Balbo, l'Abate Tommaso Valperga di Caluso e il Barone Giuseppe Vernazza, fecero che il giovane SauLI sapendo rendersi loro accetto ne ritraesse valida protezione. E così fu che egli il 13 di febbraio :1812 venne eletto a prestare assi- stenza nella Segreteria e nella Biblioteca di questa Acca-

.

Rec

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demia, e poscia dopo restaurato il Regio Governo ebbe

anche la carica di Bibliotecario dei Regii Archivi.

Piacemi di entrare in questi particolari non solamente perchè toccano alle circostanze degli esordi della vita pubblica, che spesso tanto influiscono sullo svolgimento di quella, ma anche perchè ciò mi porge l’occasione.di avvertire come dai modesti uffici di Aggiunti alla nostra Segreteria, più d'uno, mercè della celebrità acquistata per lavori scientifici e letterari, siasi quindi elevato al punto d'essere eletto a sedere fra gli Accademici. Tali furono oltre al Sauri, il Professore Stefano Borson, il Cavaliere Luigi Provana ed il Professore Augusto Gras, la cui recente perdita lamentiamo.

Mi sia di più qui conceduto di rammemorare la bontà d’indole, la cortesia di modi, l’amorevolezza d’uffici con cui que’ vecchi antesignani dei nostri studi usavano coi giovani bene avviati sul sentiero ch’essi loro avevano aperto. Nulla v'ha che più giovi al progresso del bene che la benevolenza degli ottimi rettamente collocata e giusta- mente rimeritata. Ebbi io pure la sorte di vedere dap- presso alcuni di quegli uomini altamente benemeriti del nostro paese e ne ricordo la saviezza dei detti e la sa- pienza delle opere, e parmi ancora sentire il profumo che spandevano le loro virtù.

Toccasse pure alla risorta Italia di aver tra i suoi figli buon numero che imitassero quegli esempi di robustezza d’ingegno e austerità di costumi, di fermezza di propositi, che ben raccomandato sarebbe il suo avvenire: Deus omen accipiat !

Quando il nostro paese, quello che da’ più chiamasi oggi con affettazione il piccolo Piemonte, venne nel 1814 ricostituito in forma e dignità di Regno, si passò dalla

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quiete dei placidi esercizi letterari ad una attività. di. go- vernazione e di affari politici conforme alla mutata con- dizione delle cose.

Se il restaurato Governo diede luogo a molte e giuste censure per non aver compreso ciò che la voce dell’ e- quità gli raccomandava e che la ragione dei tempi mu- tati gli prescriveva, la diplomazia piemontese non venne tuttavia guasta. Essa non abbandonò le tradizioni che l'avevano resa abilissima e gloriosa nel secolo xvmi,.du- rante il corso delle fortunose vicende che dischiusero alla politica della Real Casa di Savoia. i'vasti orizzonti verso i quali si andò man mano dirizzando.

Lodovico SauLi fu tra i primi ammessi a far parte della Segreteria di Stato per gli affari esteri. Dirigevala in qua- lità di Ministro il Conte Alessandro di Vallesa. Dotato d’ingegno e d’esperienza per essere già stato adoperato nella Legazione all’estero, questi ch'era. « uom d'alto af- fare al portamento e al volto ». prese di subito verso le altre Potenze un’attitudine atta. a dimostrare la dignità delle corone non doversi misurare dalla estensione dei dominii ma bensì dalla qualità della Dinastia. A.tale.eletta scuola ebbe ad istruirsi il SAULI, e vi aggiunse la pratica delle incombenze diplomatiche all’estero, essendo andato come Segretario nell’ Ambascieria del Marchese. Alfieri. a Parigi. Ivi assistette a due spettacoli che. gli rimasero profondamente fitti nella memoria, il solenne trasporto della salma di Luigi XVI alla Badia di San Dionigi, che era come il suggello del risorto. sistema dell’antica legit- timità, e l’arrivo di Napoleone dall’isola d’Elba che disco- priva quanto di quel sistema fosse fragile la costruzione.

Ritornato a Torino a lui fu affidata la corrispondenza politica colle grandi Potenze, ed egli non cessò mai di

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67 ‘rispondere ‘a quella fiducia ‘con una’ intelligenza ed ‘uno zelo da valer di modello a’ suoi colleghi negli uffizi di quel Ministero.

Uno tra gli affari importanti di cui più si compiaceva il Sauri d’aver avuto l’incarico, fu l’aver liberate le coste dell’isola di Sardegna dalle scorrerie déi Barbareschi! Il Ministero. intavolò e proseguì energicamente questo ne- goziato col Gabinetto di S. Giacomo ed ottenne che le forze britanniche capitanate dall’Ammiraglio Lord Exmouth spingessero contro la Reggenza di Barberia e dettas- sero la legge ‘a que’ pirati: Ma per giungere a tanto molto ebbe che fare il Ministero Sardo. Dopo aver esso eccitati, pur troppo inefficacissimamente, gli altri Stati d’Italia a stringere lega con noi, esso si rivolse all'Inghilterra scri- vendone spesso al nostro Ministro a Londra, massime quando nel Parlamento inglese gridavasi contro la tratta dei negri. Finalmente incalzò Ia pratica allorchè gli ‘Afri- cani fecero ‘na scorreria nell’isola di Sant'Antioco, e fu dietro la pittura ‘compassionevole di tanti strazi fattagli dal gabinetto di Torino che il Governo inglese deliberò di mandare Lord Fxmouth a fermar le paci del 1816. Di quanto beneficio queste riuscissero alle marine Liguri ed al commercio di Genova niuno ‘è che nol veda, onde a ragione poteva felicitarsi il Sauri d’esserne stato il prin- cipale istrumento.

Sopraggiunta l'insurrezione militare del 1821, Lodovico SauLI dovette piegarsi alle raccomandazioni del Marchese di S. Marzano, succeduto al Vallesa nel Ministero degli affari esteri, ed assumere la reggenza del Ministero stesso. Ma quella insurrezione era un movimento del quale ap- pena veduto il principio si prevedeva il fine, è ‘quindi non ebbe a far altro il Reggente se non a tenere in sesto

1 ra FERStO

gli uffizi del Winistoa: “impedire. lo sfogo. di due passioni e salvar mol ti dai pericoli creati dal moto rivo- luzionario. TASSI

Ristabilitosi ri Governo assoluto il Savti desiderò | e dopo breve tempo ottenne d’uscire dagli uffizi di i quel Mi- nistero. Ma non andò guari che l’opera sua fu di nuovo richiesta al servigio dello Stato. Fu egli incaricato di un'importante missione, quale era di aprire relazioni di plomatiche permanenti colla Porta Ottomana, ; seguito del trattato, che coll’intermediario dell’ Inghilterra, il Re di Sardegna aveva conchiuso colla Porta il 96 ottobre 1898.

Il soggiorno del Sauri in Costantinopoli divenne per lui non solo l’occasione di mostrare la sua abilità diploma tica, ma anche la causa d’intraprendere un lavoro. storico di grande importanza. Le sponde del Bosforo. gli ridus- ù sero a mente le grandi spedizioni colà fatte dai Genovesi, le colonie introdotte, i dominii acquistati, tutti que’ "premi di una operosità senza pari sorretta da un coraggio co- stante e da una abnegazione assoluta. Le molte memorie ed i pochi ruderi parlarono all’immaginazione del nostro Collega. Egli Ii interrogò pazientemente, e scrisse con amore un libro da erudito. Dico con amore, non adope- rando a modo volgare una frase troppo sovente ripetuta, ma perchè potei io stesso discernere con quali ben di- sposti preparativi s'accingesse all’opera, e lungo tempo vi stesse sopra perchè rispondesse alla sua intenzione. Prova di ciò ne sia la prefazione del libro stesso, nella quale si fa un accuratissimo accennamento delle. Tonti cui attinse l’Autore ed un esame della purezza di ciascuna di esse., Colà si vede come al difetto di veridiche rela- zioni sincrone uscite da penna genovese, l'Autore avesse dovuto ricorrere alle cronache veneziane, agli storici Bi-

manoscritti che servirono supplemento ge di riscontro calla. cognizione dei fatti ricavata dalle opere stampate. Uno scrittore che procede con così schietta ed intemerata ‘coscienza si procaccia sicuramente la fede de’ suoi lettori,

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1 tale. la possiamo prestare ai racconti del nostro SautI.

La storia adunque della Colonia di Galata, fondata dai e poco dopo la metà del secolo xt, si divide in sei libri e, terminando a mezzo il secolo xv, comprende ‘uno spazio di duecent'anni pieno di vicende politiche e ‘guerresche, fra le quali spicca sempre l’accortezza geno- vese. nei commerci, e la perseveranza nelle imprese di quel popolo navigatore.

La Colonia di Galata era il fondamento della potenza genovese su quelle spiaggie; quindi non è maraviglia che si attendesse a fortificarne il sito e ad estenderne la ‘influenza. I Genovesi profittando delle diserazie succedute dal Greco Imperatore, non meno che di quelle ch’essi me- desimi avevano patite, prima di collocarvisi permanente- mente, seppero con singolare industria rendere le loro ‘condizioni più sicure e migliori in Costantinopoli.

Una convenzione conchiusa tra il Comune di Genova e l'Imperatore Andronico nel marzo 1304, che l'Autore | trasse dall'Archivio di Corte di Torino, basta a dimostrare “a qual grado di potenza fossero giunti a quell'epoca i Genovesi in Oriente. Si scorge in essa una larghezza di . | esigenze in chi richiede non minore della arrendevo- lezza in chi concede; la rilassatezza bizantina a fronte del ligure vigore.

‘Tale superiorità della laboriosa e ristretta Repubblica | rimpetto alla fastosa e prodiga Corte dei Paleologhi, ri-

saliva a tempi ben più antichi secondochè appare da un. documento del 1155 in questa storia pur riferito. CIS Il concetto storico del nostro SauLr cotanto si allargò nel suo libro “la. comprendere tutti i fatti più memora-: bili occorsi nei «due secoli sovra indicati nel Comune” di Genova. La vastità della tela non impedì ‘all'Autore d'infiorarla con ogni maniera di dilettevoli racconti, intro-. ducendo con arte sottile descrizioni e considerazioni di- stinte nel corso della narrazione. Bello ed utile è adunque questo libro in cui la fedeltà dello storico va. compagna. all’ eleganza del ‘letterato. Ivi molte argute osservazioni - rivelano la pratica delle avvertenze diplomatiche rese fa-' migliari all'Autore dalla qualità delle cariche «da lui so- stenute. Il suo stile sciolto ed aggraziato accenna al molto. studio da lui posto negli scritti di Niccolò Macchiavelli. ‘Lo stesso ‘desiderio di mettere in evidenza i fatti del commercio genovese in Levante, lo mosse a. pubblicare nel 1838, tra le leggi municipali edite per cura della Regia. Deputazione sovra gli studi di Storia patria, di cui era. Membro, lo Statuto che si qualifica ‘mposicio oficîî Gazariz, “nome dedotto da una ricca Colonia genovese. Esso risale. alla prima metà del secolo xrv e racchiude molti parti- colari sul commercio che allora si estendeva a grano vantaggio dei Liguri in Pera, in Cipro, in Caffa , in Tra- S bisonda, ed altri luoghi. Se una cura grande ‘era posta. dal Governo genovese nel procacciare ricchezze, non venia. meno per ciò il rispetto all’ umanità, poichè, come av-. verte il SAauLI stesso; fu d'a esso vietato teterrimum mame- % luchorum commercium allora în uso presso altri mercatanti.. ce «L’analogia «del: grande ‘lavoro storico del: SavLi colla. sua missione a Costantinopoli ci ha fatto deviare dall’ore 00 dine cronologico. Rientrandovi, diremo che un) altro ini:

carico‘ gli venne dato dal Governo poco tempo dopo il

suo ritorno in patria, e fu di agevolare i lavori del passo alpino, onde porre in comunicazione l’alto Novarese colla valle del-Reno, valicando il monte detto di S. Bernardino. Non. si aveva ancora: a quel tempo l’idea dei trafori che sono la maraviglia dei giorni nostri. Idea tanto ostina- tamente combattuta allorchè l’ardimento piemontese osò il primo tentarne la esecuzione, quanto premurosamente ora accolta dagli stranieri, emuli se non invidiosi di quel che:s’è fatto, e solleciti forse a sminuirne il frutto che dovrebbe «singolarmente raccogliersi a pro di chi primo tanto osò, tanto fece e tanto ottenne.

L'apertura della. strada del S. Bernardino non andava a-verso all’Austria, perchè diveniva nocevole a’ suoi com- merciali interessi. creando una forte concorrenza alla strada della Spluga. Questa potenza, gelosissima allora di serbare il suo predominio: in Italia e di renderlo istro- mento di vantaggi alle sue possessioni germaniche, tutto pose in opera per indurre il Cantone dei Grigioni ad av- versare i disegni del Governo Piemontese. L’abilità del SauLi fu validamente impiegata nel persuadere il Governo Elvetico, ed. in particolare il Cantone dei Grigioni dell’im- portanza che per loro vi aveva di secondare le mire del Piemonte, sottraendosi dalle insidie di chi per essere il più forte non era il più ragionevole. Essi ben compre- sero .che il loro utile si confondeva col nostro e con- chiusero l’accordo desiderato.

Alcuni anni trascorsero nei quali il Sauri, libero dai doveri. di pubblico ufficio, si dedicò a letterari lavori, principale fra i quali fu la storia dei Genovesi in Galata,

della quale. parlammo, che è il maggior titolo del. no-.

stro Collega alla riconoscenza degli studiosi, e gli aprì

FRE PIOR

rallo COR SA

l’adito a‘’sedere fra i Membri della rostra* Accademia,

come gli procurò l'onore di essere annoverato tra î primi Cavalieri dell'Ordine Civile di Savoia creato ig Re to Alberto il-29 ottobre 1831. - VAT "I volumi delle Memorie della nostra Accademia racchiù- dono due altri memorabili lavori condotti dal SAauLI con quella squisita diligenza ch’egli poneva così nelle ricerche erudite come nel dettato, forbitissimo sempre e vivace. | Il primo di que’ lavori risale al 1819, e contiene quattro lezioni sovra un romanzo inedito, che sta tra i codici della Biblioteca: della Università di Torino, composto da Tommaso Ill Marchese di Saluzzo, il quale porta il titolo del Cavaliere errante. Esso è scritto parte in prosa, parte in ‘versi, o per ‘meglio dire in linee di varia lunghezza senza emistichio cesura, ma con una rima od imper- fette consonanze in fine. La forma è di un viaggio ima- ginario ed allegorico nei regni di Amore e di Fortuna e di

‘una donna di buon consiglio detta Conoscenza. L'età in cui

fu ‘scritto sta tra gli ultimi anni del secolo-xiv od i primi del ‘secolo ‘xv. L'Autore prese ad imitare i poeti proven- zali scrivendo però in francese. Fra le allegorie ‘e le poe- tiche digressioni si rinvengono in questo romanzo giudizi speciali sovra i casi politici, e le qualità dei ‘Principi dell’epoca nella quale fu scritto. Sono cenni sommari di fatti storici dal nostro Collega maestrevolmente ‘svolti.

‘<Opera di maggior polso è quella che il SauLr pubblicò

nel 1843 sulla condizione degli studi nella Monarchia di Sa-

vota sino all'età di Emanuele Filiberto. Essa si divide ‘in sette lezioni: la prima si riferisce ai tempi antichi; la-seconda

‘agli studi monastici; la terza‘ai valenti uomini nati in ‘questa contrada e che si segnalarono pe’ loro ‘studi in

paesi stranieri; la quarta alla poesia provenzale ed’ ai

CEE SP 49,

trovatori; la quinta alle cronache ed ai cronisti; la sesta all’Università di Vercelli ed. ai primordii di quella di To- rino; la settima finalmente alla condizione dei popoli poco favorevole agli studi, alla protezione dei Principi per farli fiorire. ed ai progressi dei nostri maggiori nella lettera- tura. classica e nello studio delle antichità, nella lettera- «tura francese e nell’italiana. La materia come ognun vede è considerata in vaste proporzioni e sotto moltiplice aspetto. Aecurate sono le indagini istituite per ben discernere le qualità de’ tempi e degli scrittori. Dell’intendimento del- l'Autore nell’intraprendere questa sua opera lascierò che parli egli stesso, « A questa fatica mi posi, egli dice, per ».amor della patria che è il più nobile di tutti gli affetti » e il più santo eziandio, ove non sia contaminato da par- » zialità o da adulazione. Chè la parzialità. e l’adulazione, » contrarie. all’ istituto. del. filosofo unicamente invaghito » del vero, sogliono usarsi o dai tristi verso coloro cui » essi intendono trarre in inganno,.0 si consentono agli » obsequenti allorchè si fanno a lodar taluno per tempe- » rare il dolore degli amici e.dei congiunti che lo pian- » gono estinto. Ma per un verso niuno potrà appormi mai » l’ingrato. pensiero di farmi ministro d’errori. al paese ‘»che mi diede la culla, e non di rado propizia occasione » di. adoperare le mie povere facoltà; per l’altro sebbene » questa Monarchia sia giunta ad invidiabile altezza, pure » sembra che non abbia ancora compito.il corso, .al quale » forse i destini la serbano ». Sovra quest’ultimo: periodo i «piacemi il notare come, in un’opera che il SauLI compo- <a ‘neva.sul 1840, l'Autore fosse compreso da quel presenti- mento che invadeva gli animi dei Piemontesi di ciò che avvenne molti, anni dopo. Così il sentore di primavera precede il.germogliare degli alberi. ig

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‘Lo' stile di quest'opera, sebbene penda’ un po nel ret- torico,, è adatto al genere della severa IRSA a cui. essa appartiene. ) 9a pi adeoti

Torniamo ora a parlare degli uffizi civili. Clsilamae dal Generale Cav. Emanuele di Villamarina che teneva il portafoglio del Ministero degli ‘atfari di Sardegna; alla: carica di Primo Uffiziale in quel dicastero; il» Sauri ao-. cettò l’offerta con tanta maggior soddisfazione quanto più ardua era l’incombenza che gli toccava. Trattavasi infatti di porre l’ultima'‘mano a quelle desideratissime riforme operate dal Re ‘Carlo Alberto per migliorare le condizioni dell'Isola e degl’isolani. Eransi estirpate colà [e radici del feudalismo, e fatta. opera per assicurare pienamente le ragioni di proprietà, e la provvida coltivazione delle terre. . Novelli ordini giudiziarii eransi introdotti; erasi ‘miglio- rato l'ordinamento ‘dei Municipi, mutato pure.in meglio il sistema nunetario, e provveduto al pUoRAENRA della pubblica istruzione (1).

Il SauLI, ch'era diligentissimo rlell'aderadimeneé de’suoi pubblici doveri; stimò opportuno di conoscere di presenza più che per relazione il soggetto delle sue cure. Recossi © nell'isola di Sardegna, vide le piaghe onde era ancora” afflitto quel paese così ferace di svegliatissimi ‘ingegni come di terrestri ricchezze; quando gli uni ele altre” sieno ben coltivate. Studiò rimedii e ritornò sul continente: deciso ad applicarli vigorosamente. Progredì nell'opera sua finchè dal lato del Ministero di finanze sorsero osta- . coli ch’ egli non potè vincere. A quel punto mon volle. cedere e preferì dimettersi dall inpiego que V'upeno in modo imperfetto. PIRRO Va

(1) V. Regie Lettere Patenti, 15 dicembre 1835, è gelineio, 5 aprile e 10 novembre 1836. SRL

Gli studi e l'esperienza avevano. impresso nel SauLi opinioni francamente liberali, non quelle che oggidiì si onestano di quel titolo, mentre sono turbative dell’ or- dine morale e sociale, ma. quelle che schiettamente anelano a rendere il mondo tranquillo-e felice coll’ uso di una libertà giusta, di una vera eguaglianza civile e d’ogni elemento di progresso che giovi.a migliorare gli uo- mini, a nobilitarne la mente ed.a elevarne il cuore (1).

Ed appunto perchè era tutto inteso alla ricerca di que’ benefici effetti, egli quando vedeva torcersi a cattivi fini le facoltà naturalmente al bene coordinate, se ne addo- lorava profondamente. e, non che adirarsi, s’indracava contro i fautori di tali disordini che più di tutto minac- ciano la durata dell’uso della stessa libertà.

Quando spuntò l'aurora del risorgimento italiano il nostro Collega la salutò con viva esultanza e non ricusò di concorrere nell’opera riparatrice dei danni e delle onte di tanti secoli. Compreso nella prima nomina dei Sena- tori del Regno, fu poco stante mandato Commissario stra- ordinario a prendere possesso della Provincia di Modena, che aveva chiesto ed ottenuta la sua annessione. al Pie- monte sotto lo scettro costituzionale del Re Carlo Alberto. Gravissime del paro che. gelose erano siffatte. missioni. nelle. quali s’ aveva da usare prudenza e fermezza per mantener l’energia della volontà popolare senza lasciarla mai. degenerare in violenza, tollerare che la libertà nel suo nascere divenisse ludibrio. di cieche passioni. Egli ben sarebbesi potuto appropriare le parole di Fran-.

(1) Ricordiamo qui i mirabili versi del Poeta :

Amor di libertà bello se stanza

“Ha in cuor gentile, è; se in cuor basso e. Ioîdo + SIZLA LIO Non virtà, ma furore: e scelleranza. Torano

cesco Guicciardini, il quale, pensando al termine dei Go- verni che gli erano stati affidati, fra cui quello appunto di.Modena, diceva: « non si spegnerà mai la opinione »della bontà, e della integrità mia, viverò felice con » questa conscienza mia, con questo buono concetto degli

» uomini: questa sola basterà a tenermi contento » (1).

Nella primavera del 1850 il Senatore Sauri era desti-

nato dal Ministero d’Azeglio a recarsi a Roma come Mi-

nistro di Sardegna presso Pio IX, ma essendo sopraggiunti in. quel torno alcuni casi, i quali, secondo il suo avviso, guastavangli la probabilità dell'esito desiderato della sua missione, egli si ritrasse a vita privata conservando sola- mente, sino alla soppressione della carica, il Commissariato generale. dei confini di cui era stato molti anni prima rivestito. Allorchè, con savissimo discernimento, dal Mi- nistro Camillo Cavour fu creato un Consiglio del conten-

«zios0. diplomatico, che in breve corso d’anni rese non

lievi. servigi. allo. Stato, il Sauri ne. fu nominato. Vice- Presidente per. un periodo quinquennale. Allo scadere di quel termine egli preferi un compiuto riposo quale gli fu conceduto colla onorificenza di grande ufficiale del l'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro.

Se mai vi.fu indole gioconda, è stata al certo iP di, Lodovico SauLi. La sua immaginativa era fervida, e

‘brillante così che talvolta, per dirla con Dante, lo rubava .fuori, di.sè, ed egli l’andava seguendo, e ne consolava la

vita sua, Le allegre fantasie sorgevano nella sua mente così vive e. spontanee. che, come mi diceva egli; stesso,

‘nella sua giovinezza gli accadeva di risvegliarsi dal sonno

(1) Opere ‘inedite di Prancesco Guicciardini. Firenze, 1867; vol. 10, pag: 287.1 o

‘uno scroscio di risa. Se dovessi definire la nota ca- ratteristica del suo ingegno la chiamerei ‘Ariostea’, ‘tanta era l’affinità che, salve le debite proporzioni, mi sembrava i correre tra la maravigliosa ilarità della vena poetica del- Rs l'uno, e la versatile facilità dell'altro ad afferrare ogni piacevolezza d’idee. Grandissima era in lui la vivacità della parola, ‘e se ‘avveniva ‘talvolta che trascendesse certi limiti, si sopportava il frizzo pungente 0 la facezia un ‘po’ spinta perchè si sapeva che V uno non era’ tinto nel fiele, e che l’altra era scevra di colpevole intenzione.

Quest'uomo cotanto lieto £ brioso, ‘cangiavasi ad un tratto ‘e facevasi serio ‘e conteznoso quando attendeva ‘agli affari pubblici. Una integrità specchiatissima, ‘ed un "profondo sentimento del proprio dovere ‘lo rendevano guardingo al sommo nei modo di condurre le pratiche, e non tollerava abusi in chi dipendeva da luî,.

Il Sauri non adorò mai la fortuna, anzichè sollecitarne ne respinse i favori, poichè in più d’un’occasione quando anche senza servilità avrebbe potuto procacciarsi maggiori onorificenze o maggiori agi di vita, elesse di viver libero e quieto e di obbedire soltanto all'impero della sua ra- gione.

Gli scrittori classici tanto latini che italiani formavano la sua prediletta lettura. Ne discerneva le recondite bel- lezze e si dilettava singolarmente di ragionarne con ‘quelli che ne ritraevano le più squisite eleganze, esinvolarmente coll’illustre Carlo Boueheron, che ne era solenne maestro. - Nello scrivere egli stesso non era di. facile 'conten- tatura, e quindi piuttosto lento che rapido divenivaVil

È suo comporre. . E: Siccome a’ suoi tempi la corrispondenza diplomatica, meno che colle Potenze italiane, si teneva tutta in fram-

NO cese, così egli s'era fatto esperto in questa lingua che

ie: ricerca estrema precisione nella scelta delle ita v44) nella forma del costrutto. iuyditola PIE, Chi mai avrebbe preveduto che un uomo così pronto

di mente come di lingua, dotato di freschissima memoria, franco nelle opinioni e nel tratto, avrebbe gradatamente perduto coteste facoltà, ed ancora serbando un'apparente giovialità, sarebbesi ridotto a non provare che la:sensazione del momento ? Durò quasi dieci anni questa progressiva È demolizione di forze intellettive. Andavansi sfumando le MH sue idee, e dei casi della sua vita gli si facevano, come | lampo, presenti que’ soli che avevano tratto alla sua gio- vinezza. Come lampi erano anche in lui Je ricordanze degli amici, ma sempre però accompagnate da espressioni d’affetto. i

Nessuna cosa egli ebbe in pregio maggiore che d’essere parte di questa Reale Accademia. e di avervi per tanti anni = tenuto l’ufficio di Direttore della Classe di Scienze "apr <a storiche e filologiche. soa ps Qui Lodovico SAuLI trovò i primi fautori della: sua gioventù, qui i primi giusti estimatori del suo ingegno e del suo carattere, qui i più fidi e sinceri amici nei vari periodi della sua vita. tr

L’Accademia era da lui rispettata con un affetto filiale. A. questo affetto corrisponde ora il duolo che noi tutti proviamo d’averlo perduto. RURrStO

7

ni Pi a

CRC,

+; Nell’adonanza del 44 del p. p. giugno 1874 il Socio Prof.G. Fuecnia ‘lesse alla Classe il seguente suo scritto storico- glttco. la,

0000 NOMI-LOCALI: DEL: NAPOLITANO

DERIVATI DIA: SSA ITALICI.

" Nella dissertazione linguistica che ebbi l’onore di leg- gere in questa Accademia sotto il titolo: Di alcune forme de’ nomi locali dell' Italia superiore (Mem. della R. | Accademia delle Scienze di Torino, S. 2, Tomo XXVII, p. 275 - 374) (1), parlando in particolare della celtica in 490, generalmente derivata da gentilizi romani, accennavo a quell'altra cate- goria de’ nomi locali terminanti in ano che, d’ analoga origine e di carattere affatto italico, si trova copiosa- mente diffusa in tutta la penisola @ e non è punto FUR ESA ACiSLO latine dell’ ‘Europa occidentale (3).

1) Citando questa. dissertazione / Di, alcune forme, ecc.) mi. ri- ferisco, circa il numero delle pagine, alla stampa fattasene a parte. DI uo (®) Rarissima questa forma e come eccezionale nelle isole ; ‘quindi p. es. in Sicilia quasi soli per avventura Galliano fGaggilianit) da Gallius, Giuliana da Julius; e in Sardegna. Albagnano (cf. Spano,

Voc. sardo geogr., ecc., s. v, p. 19) da Albanius, Marzana (ivi, 71)

da Marcius.

(3) A questo tipo mostrerebbero di appartenere i nomi locali la cesì Frontignan, Levignan, Lusignan, Perpignan, Serignan, ecc. i quali perciò avrebbero comune, come l’origine, così anche la forma cogli italiani Frontignano, Livignano, Lucignano, Perpignano, Sirignano. Quanto alla Spagna-basti citare dall’ Itin. Ant. (PartHEY e PinpER) i nomi locali Antistiana, Atiliana, Barbariana, Ceciliana, Calpurniana,

Co Questa sorta di nomi locali, a cuì parmi non si possa ne- i gare una qualche importanza storica come a quelli che

È ; x si connettono con antiche famiglie italiche, occupano una 3%) ragguardevole parte della nostra onomastica topografica, Ù 20) ascendendo a circa tre mila i luoghi designati ‘con sif-- A, fatte appellazioni. Trattandone io in un mio lavoro ge-. È AN nerale circa l'origine e la formazione dei nomi locali d’Italia, mi parve di presentarne all'Accademia un saggio applicato particolarmente alle provincie napolitane, in. Ne. quantochè ivi meglio che altrove una siffatta indagine DA È può essere corroborata da storiche testimonianze, per “9 avere già noi di questo paese, mercè i lavori del Mommsen E: e dello Zangemeister (1), un’assai compiuta raccolta di È monumenti epigrafici, dai quali soprattutio vengono. at- no. testate le famiglie collegate colle regioni conosciute sotto “ann gli antichi nomi di Campania, Lucania, Sannio, Puglia, “SI (Apulia), Calabria e Abruzzi (Bruttii). È Di Questi nomi locali adunque, derivati per mezzo di un SIR noto suffisso latino -ano, aggiunto per lo più a genti-

lizì finiti in ius, vengono a terminare in -i-ano, onde per es. da Fabius Fabianus, da Tullius Tullianus, per modo. che il tipo originario di essi nomi finisca di regola in

puo

Cilniana, Evandriana, Mariana, Palfuriana, Perceiana, Rusticiana, Tu- raniana, la più parte accennanti manifestamente al gentilizio donde derivano (Antistius; Atilius; Barbarius; Cacilius; Calpurnius;. Cilnius; Marius; Palfuriusz Rusticius; Turanius; cf. HusNER, Ephem. epigr. II, 72), e tutti pure osservabili per D costanza del fini mento in 4. Mars (1) Znseriptiones Regni Neapolitani latina. Edidit Th. Maiori: Li | psie, 1852,.in fol. Zaseriptiones parietarie Pompeiana , Hercula= UR nenses, Stabiane, etc. Edidit ©. ZancemEISTER, ete. Berolini, 1874 | il quarto vol. del Corpus inser. lat.). La prima di pigna raccolte . viene da me citata semplicemente con /N. É lata

A e A

=

iano, il cui i però non è parte costitutiva del suffisso, ; ma del. gentilizio. Questo suffisso ano, formante prin- cipalmente aggettivi col significato di. appartenente. a...... :. (cf. Leo MavER, Vergl. gramm. d. griech. und lat. Spr.II; 567)),. fu appropriato. a derivar possessivi da gentilizi, applicati. principalmente a designare la. proprietà di beni stabili e per. lo più congiunti originariamente con. fundus, candpus, ager, hortus, saltus, praedium, rus, aedes, casa, domus, villa, taberna, turris, vinea, colonia, fiqulina, pastio, ecc., onde p. €.. fundus Annianus, il fondo d’Annio (IN.1354), campus Cale- dianus, il. campo di Caledio (ivi), casa Corviana, la casa di Corvio (ivi), praedia Luciliana, i poderi di Lucilio (IN. 866), ager Nonianus, il campo di Nonio (IN. 6831), Sejanae pastio-. nes; le pascione di Sejo, ecc.

Di così fatte denominazioni di proprietà ci si presen-. tano esempi fin dai tempi di Varrone e di Cicerone, e si. dee credere che fossero già in uso prima di questi.scrit- tori; sicchè taluni di questi nomi, nati la più. parte. negli ultimi.tempi della repubblica.e principalmente poi sotto l'impero ,. possono non improbabilmente. risalire a. un paio di secoli e. più prima dell’èra..volgare. Già s'intende che questi nomi, non aventi ancora da. principio. alcun valore geografico, erano in uso soltanto presso la gente paesana ed erano quindi nomi essenzialmente encorii. E così p. e. mentre le varie possessioni di. Cicerone. erano conosciute in Roma con nomi desunti dalla città presso cui si trovavano, onde verbigrazia Tusculanum da Tusculum, Formianum da Formiae, Pompeianum da Pompeti, tutte poi indistintamente dovevano essere denominate dal possessore, cioè coll’addiettivo Tullianus (rus, praedium Tul-

lianum, fundus Tullianus, villa Tulliana , ecc.) presso, gli

abitanti di quei diversi luoghi, dove questi beni stabili | 6

erano situati. Il dominio di una stessa famiglia più o meno protratto finiva per dare a tali nomi, passati a valore di sostantivo, una specie d’inalienabilità, che col tempo li rese nomi geografici (1). Una tale origine di siffatti nomi viene ora generalmente ammessa da quanti han fior di critica e non può più essere. disconosciuta se non da qualche capo strano, tendente, nel fatto delle etimologie, al fantastico e allo specioso (2). Ma se si può sicura- mente affermare che almeno ben nove decimi di tanti nomi locali in -ano si derivano da antichi nomi, gentilizi, la più parte romani, non è però sempre dato di rad-

(1) Un graffito di Pompei ha: venies ad Gabinianu [m] (Zance- MEISTER, /nser. par. Pomp., 1314), che un odierno Napolitano di- rebbe venarraje a Gavegnano è un Toscano verrai « Gavignano. Questo nome non s'incontra nella toponimia napolitana, ma ben cinque Gavignani ha quella delle altre parti d’Italia, ciascuno dei quali riflette il tipo Gabinianum che in origine non potè signifi- care altro che /a villa, il podere, ecc. di Gabinio o della gente Gabi- nia, di cui le ZN. offrono venti individui. Il detto Gadinianum ci si presenta già come sostantivo, ma nell’originaria sua applicazione dovette essere aggettivo, neutro o maschile, secondochè sarà stato accoppiato con rus, predium, fundus, ager, ecc.; e Gavignana (= Gabiniana) e Gavignalla (== Gabinian' lu, Gabinianula » ef fior. Capalle nl. = * Capan’lte, Capannules culla =*cun’la, cunula), en- trambe del fiorentino, sono femminili, perchè riferentisi in origine a villa, 2des, domus, ecc, Il graffito suddetto potè essere un invito alla villa di Gabinio od anche ad un casale detto Gabinianum, nel quale ultimo caso il nome avrebbe già potuto avere una dalia di valor geografico. si

(2) Un insigne esempio di siffatte tac ci porge la Proto- gea ossia l Europa preistorica per Vincenzo PapuLa, da Acri, Na- poli, 1871; in cui una cinquantina di questi nomi locali in ano, più o meno evidentemente connessi con gentilizi romani, vengono dall'autore originati dall'ebraico; come p. e. Valenzano (vedi que- sto nome a pag. 53), SEI manifestamente a Valentianum da Valentius, che il Padula, scrivendo Valanzano , NL a Ba Hal'-Hashan (habens ftmuni ), p. 132. Ab uno disce omnes.

.

durlì con certezza alla vera loro sorgente, sia perchè tal- volta quella forma di gentilizio, con cui fonologicamente

mostrerebbero connettersi, non è attestata da noti do- cumenti, sia perchè l’alterazione, a cui soggiacque l’ele- mento romano trasformandosi nell’odierno volgare, può talvolta essere tale che, considerata col criterio glotto- logico anche in uno stesso ambiente dialetiologico, possa metter capo, secondo le leggi fonetiche del paese, a più tipi originarii, come p. e. il nap. Cajano, che potrebbe ugualmente riflettere, secondo il dialetto napolitano, Cajanum, Cavianum, Cadianum, e per conseguente accen- nare a tre gentilizi diversi, quali sarebbero Cajus, Cavius, Cadius, tutti tre attestati dalle iscrizioni paesane.

Non ostanti però le varie difficoltà che possono ren- dere malagevole ed incerta l’interpretazione etimologica di qualche nome, certo è che alla glottologia principal- mente è dato di venire a capo di risultati più o meno probabili, stante che la forma del nome volgare debba sempre essere cimentata dal criterio glottologico ; il quale dirà per esempio che, secondo la massima verisimi- glianza, l'odierno nome locale Majano nelle provincie Napolitane riflette Magianum da Magius, nella Toscana Marianum da Marius e nell’Italia superiore Mallianum da

Mallius, mentre Magianum si riproduce ancora nel Maggiano

della Toscana, e nel Mazzano di Brescia, Marianum nel Marano del Napolitano e dell’Italia superiore e Mallianum nel Magliano della Toscana e del Napolitano.

E siccome il punto più notevole della trasformazione del vocabolo, operantesi secondo le leggi peculiari dei vari dialetti, qui consiste principalmente nell’i (j) del finimento ianum (janum), complicato in varia evolu- zione fonetica colla. precedente consonante (cf. Diez,

Rom. Gramm. I°, Ly80e 8egg. ; ASCOLI, Archivio. gior. it. CL num. ‘97-110), prima di venire alla particolareggiata esposizione de’ nomi, gioverà di accennare brevemente con esempi le varie leggi che governarono queste com- binazioni di suoni nel Napolitano e alle quali soprat- tutto è da por mente nella valutazione materiale de vocabolo.

1) Dileguo dell’iî, senz'apparente implicazione fonetica colia consonante precedente, massime dopo r e s, con- forme.a legge propria anche di buona parte di dialetti italiani: Albano Albianum; Alfano Alfiamum; Alesana Alisiana; Ancarano Ancharianum; Aprano Aprianum; Aquilano Aqui- lianum; Balbano Balbianum; Barano. Barianum ; Barbarano Barbarianum; Burrano Burrianum; Curano Curianum; Catu- rano Caturianum; Celano Celianum; Cesarano Caesarianum; Chiovano Cluvianum; Chiusano Clusianum ; Crispano. Cri- spianum; Cusano Cusianum; Grassano Crassianum; Lappano Lappianum ; Majorano Majorianum; Marano Marianum; Ne- rano Nerianum; Poppano Pupianum ; Rofrano Rufrianum ; Rossano Rossianum; Ruffano Rufianum; Sassano Sassianmum; Surano. Surianum; Tutorano Tutorianumj Viturano Vetu- rianum; (cf. nap. Lucera = Luceria, Nocera = Nuceria, càrola = càriola da caries, macera = maceria, Ordona = Herdonia, Canosa = Canusium, Genosa = Genusia, Venosa = Venusia, cerasa = cerasia, fasulo == fasiolo, faseolus, basare = ba- siare, abbeloso = biliosus, bol. Postman, ver. Postuman = Postumianum ,. ecc., e Di alc. forme di nomi locali, ecc. p. 11). x det a

+2). Ja riflette non. solo un originario ja, come Da e. in Lajano = Lajanum (cf. majo = majus, Gajeta = Cajeta ecc.), ma anche dia, gia, via; quindi p. e. Fajano = Fadianum,

Mojano = Modianum (cf. jajo = gladius, tremmoja = tri-

85 Line kriò : SITINTAÌ modia, ecc.) (1), So = = Magianum, pi Rogianum (cf arluojo = horologium , correja = corrigia , chiaja = = plagia , piaggia, ecc.) (2), Ottajano = Octavianum, Ojano

(1) Equi pure non mancano i riscontri fonetici con altri dialetti: ajutare = adjulare, bajo = badius, gioja = gaudia, Savoja = Sabaudia; sic. poju = podium, trimoja= lrimodia, oriu= hordiu, hordeus, miriari =meridiare; friul. mirià, mujù!= modiolus, Claujan = Claudianum ; piem. sgiai da sgiajo = gladius (prov. esglay), it. ghiado, goi da g0jo = gaudium, ecc. Le forme Aveius = Avedius, Boia = Badia, Caleius ='Caledius, Candiianus = Candidianius', Sueia = Suedia, Teius = Tedius; Veius.= Vedius; che ci dànno le iscrizioni napolitane, ren- dono assai probabile che in quel dialetto questo fenomeno sia piut- tosto antico. Quindi assai naturale il Faianum = Fadianum dei do- cumenti napolitani del secolo x. (cf. Fajano p. 28 e ScAUCHARDT, Vok. d. vulg. lat. 1,68; 11, 24; Corssen, Ausspr., ecc.; 1%, 214; AscoLi, Arch. glott. it. 1, 195, n. 2, 511; 1, 140).

(2) Anche questo fenomeno non è punto estraneo agli altri dia- letti: sic. eurria = corrigia; romanesco rione = * rejone, regionem; march. Piajole= * Plagiole (nl. in quel di Maltignano); friul. cor- reje, orloj; var. piem. corea, coreja, ecc. Il principio è antico; e ad esso son dovute le forme latine major, ajo, mejo, pulejum per magior, ecc. (cf. Corssen, Ausspr. 90 e 306); reliose, vestia per religiosa, vestigia dei primi secoli dell’èra nostra (cf. ScnucHARDT, o. e. 11, 509); e i gentilizi delle iscrizioni napolitane Maius, Roiùs stanno verisimilmente per Magius, Rogius; e forse anche Serius per Sergius, al qual proposito tornerebbe il confronto del nap. Juorio =* Giorgius, Georgius; e per avventura anche di /ario e sario come aventi per base * /argius, * sargius, (a) da largus, largo, sar-

(a) Sarebbe qui lo stesso principio morfologico del suff.- io - ia (- eo, ea) che per es. nel tose. coccio, coccia, nap. coccia, cozza =" cochia, * conchia da concha (circa il dileguo della nasale dinanzi a gutturale, cf. J. ScHmIpT, Zur Gesch. d. Indogerm. Voc., p. 0 e segg.); tosc. piaggia, nap. chiaja =" plagia da plaga, t. faggio, n. fajo =" fagius, da fagus, nap. funcio, sic. funcia =" fungius, * fungia da fungus, tar. grongio (Costa, Yoc. zool. AT), it. grongo da "crongus; congrus, bol. clura =" coluria da * eélurus (cî. colurnus per* corulnus da corulus), aret. coroglio, nap. coruoglio, emil. croi = * corollium (da corolla), cercine, nap. chia- rio 0; con attrazione di, chiairo (cf. p. 89, c) =*clarius (cf. AscoLi, Arch. gl. it., 1, 275) da clarus, semplicione, ecc. (et. Diez, R. Gr, 113, 301 e seg.; ASCOLI, 0°C. ‘indici li, forme - io).

= Ovianum (cf. gaiola = caviola, caveola, prujero = pluvia- rius ecc.) (1).

gus, sargo. Da processo analogo pajon doversi ripetere le forme nap. spogna, nzogna, fior. spugna, sugna = * spunia, * agunia, da spongia, arungia.

(1) Non credo che le forme Asuius per Asuvius, Danuius per Danu- vius, Vesuius per Vesuvius, che s'incontrano ne’ monumenti epigra- fici del Napolitano (cf. Scauc®arpT, Vok. d. Vulgl. 1, 474, mr, 304; Corssen, Ausspr. ecc., 12, 316) possano attestare per certo che questo fenomeno già esistesse anticamente in quel parlare; ma penso che qui piuttosto che il primo manifestarsi d'una legge fonetica, sia per avventura da scorgersi un fatto meramente grafico, cioè l’evi- tare che nella scrittura fecero alcuni scarpellini l'immediato suc- cedersi di due V (p. e. ASVIVS per ASVVIVS, ecc.); perocchè questa perdita di v dinanzi ad i seguìto da altra vocale, oltre al- l'essere qui del tutto rara ed eccezionale, non si presenta poi mai quando v è preceduta da altra vocale che u; quindi il perpetuo suo trovarsi per es. in Avius, Avianus, Bovius, Flavius, Flavianus, Gavius, Livius, Mevius, Nevius, Novius, Novianus, Octavius, Octavianus, . Ovius, Vivius, ecc.; non ostante la frequenza di alcuni di questi nomi, come p. es. di F/avius che nelle ZN. ricorre ben più di dugento volte. Questo fenomeno può dunque dirsi generalmente estraneo all'an- tico romano volgare, sebbene non si possa per avventura negare del tutto, se ammettiamo le equazioni di Gaius = Gavius, Raius = Ravius. Ma se non fu proprio dell’antico volgare, ben si può dire essersi poi manifestato più tardi anche fuori del napolitano; onde p. e. Danoja = Danuvia, pioja = plovia (pluvia) (5), loja = eluvies, in- gojare=* ingluviare (c), obbliare=* oblijare,* obliviare, friul. ploje, ecc.

(5) Questa /pioja/ è la genuina forma volgare, quale ci si per es. dalla vita di Cola da Rienzo; e non è impossibile che anche tale fosse l’originaria dell’ ibrido ploja che presentano i testi della divina commedia e che il Buti qualifica per francesismo; mentre forse non è altro che una voce, o, dirò meglio, forma tolta da Dante, eccezionalmente al solito, da dialetto italiano sì, ma non toscano, quali per es. ca, co, aia (abbia), raja, ancoi, a pruovo, torza, crese, ecc.; e quindi, come tutte queste voci o forme, dannata ad essere poi ripudiata al tutto dalla lingua comune, unicamente e appunto perchè estranea al toscano, che vuol dire agli scrittori, donde venne poi alla nazione la parte più viva e schietta, e na- turale della lingua colta. ;

(c) Sarebbesi qui dileguata senza più la 2 del gruppo g2, come per es. in gomitolo

da glomus), gaggiuolo (= gladiolus), gangola (= glandula), Ganghereto nl.

e e

3) Gia (ggia) riflette non solo regolarmente l’originario bia, come p. e. in Faggiano = Fabianum, Triggiano = Trebia- num (cf. aggia = habiat, habeai, arraggia = rabies ecc.) (41); ma anche via, quindi p. e. Caggiano = Cavianum, Uggiano = Ovianum (cf. nap. lieggio = levi-o da levis, gaggia = cavia, cavea ecc.) (2). i

4) Cia (ccia) riflette cia, ma più generalmente pia, tia; quindi p. e. Bocciano = Buccianum (cf. faccio = facio, jaccio = glacies ecc.), Pocciano = Pupianum (cf. accio = appium, saccio = sapio, seccia, sepia ecc.), Picacciamo = Picatianum (c£. pacienza = patientia, rociolejare= "rotiolejare da rota ecc.). Notisi però ssa = stia in Antessano = Antistianum, Sessano = Sestiamum (Sextianum), Tessano = Testiamum, da vedersi al loro luogo.

5) Za (zza/ riflette così tia come cia; quindi Barbazzano = Barbatianum (cf. Cajazzo = Cajatia, lampazzo = lapathium, Pezzulo = Putioli, Puteoli, Pozzuoli, ecc.), Pazzano = Pac- cianum, Turzano = Turcianum, Vazzano = Vaccianum, (cf. azza = acia, jazzo = jacio da jacére, rizzo = ericius ecc.).

(1) GÉ. tosc. deggio = * debio, debeo; loggia = lobia, laubia ; rog- gio= * rubio, rubeus; soggetto = subiectus ecc.; sic. e gen. raggia, ecc.

(2) Questo fenomeno è anche proprio di altri dialetti, quindi per es. alleggiare = adleviare, foggia = * fovja,* fovia, fovea (cf. Digz, Et. Wort. 113, 30), pioggia = * plovia, Treggio = Trivium (nl. umbr.), Caggiole = * Cavjole,* Caviote, Caveole (nl. san.), sic. leggiu = levio, gaggia = cavia, cavea, gen. caroggio = quadruvium, gaggia ecc.

tose. (= Glanduletum; cf. regg. Giandeto = glandetum; sardo Ghiandile; tosc. Verghereto = Firguletum); ne due ultimi con inoltre lazione assimilativa della gutturale iniziale sulla seguente dentale. Fenomeno analogo è quello di cavicchia = clavicula e Casteggio = Clastidium ; ein quest’ultimo, come appunto in îngofare, senz’effetto del principio dissimilativo operante negli altri. È tuttavia da notare

| che l'odierna forma volgare e paesana di Clastidium (Sciatèzz”, con metatesi di

s, per Ciastezz?) non avrebbe perduto la / senza più, cioè rifletterebbe rego- larmente cla mediante cia, secondo che ieri le leggi dei dialetti dell’ Italia superiore.

6).Scia riflette sia e ssia; quindi p. e. Garisciano = Cari- AL sianum,. Basciano =. Bassianum (cf.. p.. è. casciotta (ca- «ciuola) da casio, caseus, abbasciare = ad-bass-i-are; ecc.)..

> __ 7) Gna riflette nia, mia, mia; quindi p. e. Galugnano-= i: È Galonianum, - Antegnana = Anthemiana, Bolognano =-Volum- si È nianum, (cf. p. e. nap. neegnare = encaeniare, lagno = lamio, È: (da lama), palude, scigna = simia, tosc. sognor= somnium,

calogna = calumnia, ecc.). Abbiamo però la. palatinizza- si «zione di j ne’ due nomi. calabresi Settingiano (= Septi-

a] mianum. e Mongiana = Munniana; «e la: gutturalizzazione 3 ip Giungano = Junianum di Principato Cit., evin Volgano ve = Volianum di Capitanata (cf. nap. rancio da rangio; ranio, si aranea, tengo = fenio, teneo, ecc.). in

sof 8) Glia riflette lia come nel. toscano, quindi p. e. Gujtiaso Ri, = Gallianum ,. Magliano = Mallianum , Ostigliano = Hostilia-

num (cf. nap. fameglia = familia, sporteglione= vespertilione

«ecc.). Sembra però che in alcuni casi lia. venga riflesso da

gna come p. e. in Lucignano = Lucilianum, Lucugnano =

Lucullianum, Lugnano = Julianum (vedansi questi nomi). ..9) Sono ancora. osservabili : i

a). A per e, od î, od anche o protonici, massime se

a iniziali. «(cf. Aggitto = Agypium, accellenza excellentia ; \aser-

e zeto erercitus, quarera querela, sprannente splendente, anchire

implere,, addejoto idiota, ciarantola girandola, giagante gigante,

sarvateco silvaticus); quindi Arnesano = Hirnicianum, Praga-

gnano Freganianum, Quagliano Quelianum, Traugnano Trebo-

nianum, Vaturano Veturianumi 0/00 ir

db), Contrazione d’ija (eju, così originario, come ro-

manzo,.in:ia (cf. Diamo = Tejano, Tegianum, nap. miullo

da mejulo per mojùlo, modiolu e sic. miòlu da" mijolu per

mujolu= modiolus, mozzo della ruota [ of. Mussarra, Beîtr.

5. Kunde d.nordit. Mund. im xvJahrh., p.719; 8 mizuole ni pl

DI

«sic. miriari =" mirijari, meridiare), specialmente notevole -nei dialetti dell’Italia superiore (ef. Di alc. forme d. n. loc. ecc.

p. de segg); quindi Caliano =" Calijano, Calidianum; Falciano 1 Falcijano, Falcidianumj Pantuliano = Pantulejanum ; Sa-

viano =* Savijano, Sabidianum; Spiano=* Spejano, Spedianum ; Taviano = * Tavijano, Octavidianum.

mune) Attrazione d’i, principalmente notevole in dialetti «dell’Italia superiore (cf. nap. cudjero da cuoiro = corium, ‘cojeraro da coiraro =coriarius; chiairo =' clarius, clarus; gaifà

(da:gavia, gavianus) gabbiano; airola = ariola, areola; cf. -

‘Ascoti, Arch. gl. it.1, num. 235); quindi Aîlano Alliamum, Cairano Carianum, Faibano Fabianum, Vairano Varianum. In Caivano Calviamum, piuttosto che attrazione d’i, vocaliz- zazione d’/ (cf. nap. aizà = altiare, alzare).

0 d) Assimilazione di vocale: progressiva in Nepex- zano = Nepotianum; regressiva in Prepezzano = Propertianum; ‘e qui pur con assimilazione di r colla seguente sibilante (cf. per es. nap. mozzecà = morsicare, veron. Lughezzano =" Lugherzano, Lucretiamum).

e) Prostesi di s: (cf. nap. sbafuogno = favonio , schi- nibizzo = ghiribizzo, smeraglia = medaglia}; quindi Scari- sciano Carisianum, Spezzano Pettiamum, Scarano Carianum , Spisciano Pisianum, Squinzano Quintianum.

‘f) S' pel comune z secondario, massime in Terra d'Otranto: Arnesano per Arnezzano , Alessano per Alezzano, Corsano per Corzano, Melessano per Melezzano, Pulsano per Pulzano, Supersano per Superzano, Taurisano per Taurizzano. >». 19) Metatesi così di consonanti come di vocali (cf. Cotrone = Crotonem, Falvaterra = Frabateria, Grabbiele = Ga-

| briele, ecc.); quindi Supersano =" Supilcianum da Sulpicia-

num, Sulpicius; Depignano o Dipignano = Depiliamum, da Lepidianum, Lepidius; Pernosano = * Pirnusianum da Prusì-

i

Pg a è

e

MAE, VAS LTT O Prato k n

nianum, Prusinius; Limosano =* Nimusianum da Numisia- num, Numisius, con mutazione di n in } per dissimila- zione (cf. nap. Antolino per Antonino; berg. liminà = no- minare ecc.).

(h) Quasi superfluo. l’avvertire lo scambio reciproco tra be v, più o meno proprio anche degli altri dialetti; quindi Alvano, Arvano = Albanum, Albianum; Balvano = Balbanum, Balbianumj; Barisciano = Varisianum; Bisignano = Visinianmum; Bolognano = Volumnianum ; Saviano = Sabi- dianum; Savignano = Sabinianum; Trivigliano = Trebellia- num ecc. (cf. nap. arvaro = herbarium, arvolo = arborem; nl. Badolato = vadum latum, Bovino = Vibinum, Boturno = Volturnus, bolara = * volaria, bossoria = vossorìa, vostra st- gnorìa, balie = * vali, valuit, becariello = vecariello, vico- letto; sebbene nel napolitano il bd = v iniziale sia tal- volta determinato dal costrutto sintattico).

Segue ora la serie alfabetica dei nomi locali del Napo- litano che, con più o meno evidenza od almanco verosimi- glianza, si possono dedurre dal loro gentilizio, general- mente attestato da iscrizioni napolitane /IN./. Il riscontro di questi nomi napolitani cogli etimologicamente equi- valenti delle altre parti d’Italia aggiugne non di rado, parmi, alla verisimiglianza dell’ etimo proposto.

Aeciano (Abr. ult. 2), Appianum, Appius (IN.). Un fundus Appianus è nella tavola alimentaria de’ Liguri Bebbiani (IN. 1364) e due in quella di Velleja; e tre Appiani sono nell’Italia superiore. L’ Acciano dell'Umbria (Nocera) ri- sponde più probabilmente al tipo Accianum (Accius) che nel Napoletano sarebbe stato più verisimilmente Azzano, com’è appunto ‘in varie parti dell’Italia media e supe- riore. V. p. 87, 4.

Acigliano (Princ. cit.), Acilianum, Acilius (IN.). Un fundus Acilianus è nella tavola al. di Velleja. Cf. Di ale. forme ece. p. 16 s. Asiago.

Agnana (Calabria ult. 1°), Anniana

Agnano, lago d’(Pozzuoli), Annianum recchi di questi nomi locali in Italia; e frequentissimo il gentilizio Annius, attestato un centinaio di volte dalle sole iscrizioni napolitane. La forma femminile si potè origi-

Anmius (IN.). Pa-

nariamente collegare con #des, casa, domus, villa, figulina,

turris ecc., od anche essere neutro plurale accoppiato con predia (Cf. p. 81). Il lago d’Agnano fu probabilmente così detto dall’esser sorto in luogo denominato da un fondo Anniano. E d’un fundus Annianus appunto fa men- zione la tav. al. de’ Liguri Bebbiani; ed è noto essere stata illustre fra l’altre la gente Annia di Pozzuoli, e come lo splendido teatro d’Ercolano fosse dovuto alla munifi- cenza di L. Annio Mammiano Rufo (IN. 2419, 2420, 2421). Il nome di /acus Anienus e l’altro d’Anguianus da anguis, messi innanzi da alcuni eruditi, non han fondamento; più probabile io credo l’Anclanum od Anglanum, prodotto, fra gli altri, dal Mazzocchi (Diss. de cathedralis eccl. neap. vicibus, p. 214) sopra un luogo di Gregorio Magno (IV, dial. 40), quantunque la fonologia non abbia nulla da opporvi (Agnano = Anclanum od Anglanum, come p. e. nap. cravugno = carbunclum, granogna= ranuncla, ogna = ungla). Ailano (Terra di Lavoro) e Aliamo (Basilicata), Allia- num, Allius (IN.). Frequente in antico questo gentilizio, come parecchi oggidì questi nomi locali (Agliano) in Ita- lia. Cf. p. 13, c. e Di ale. forme di nl. ecc. p. 12 s. Agliè. Albano, scritto anche Alvano, Arvano (Basilicata), Albianum, Albius (IN... Un fundus Albianus nella tav. al. de’ Liguri Bebbiani e quattro in quella di Velleja; e una

decina di nomi locali Albiano nell'Italia media è supe- riore. E così Vico Alvano od Arvano = Vicus Albianus, presso

Sorrento. Cf. p. 84, 1; 90, 10. (aagiagl Alessano (Terra d'Otranto), VAGONE, OE (I), od Alitiamum, Alitius (IN.) Gf. p. 89, f. ‘di oasi

Alefana (Terra di Lavoro), Alifiana, cagli i - Ver, On. Lat. s.v.). Cf. p. 84, 1. Alfano (Principato citeriore), Alfianum, vu cm x de p: 84, 1 e l’Alfiano dell’Italia superiore. Alvignano (Terra di Lavoro), Albinianum, Albinius av } Cf. Albignano del Milanese e p. 90, 10. SEO Alzano (Abr. ‘ult. e 2°, Alsianum, Alsius (IN.). Ancarano (Abr. ult. 1°, Ancharianum, Ancharius (IN.). Sette altri luoghi di nome equivalente (Ancarano, Anga- rano, Ancajano) sono nell'Italia media e superiore; è due fundi Anchariani ha'la tav. al. di Velleja, all'uno de” quali forse risponde anche topograficamente l’Ancarano del Pia: centino. I due luoghi chiamati Anchiano, l’uno del Fioren- tino e l’altro del Lucchese, potrebbero presentare un nome contratto da Ancaiano (cf. p. 88, b) che sarebbe la forma più regolare della Toscana, così mantenutasi nel Sanese. Antessano (Prince. cit.), Antistianum, Antistius od An- testius (IN.). Cf. fundus Antistianus della tav. di Velleja, l’Antistiana ‘dell’It. Ant., 398, © VAntisciana della ‘Garfagnana. Forse cotesto Antessano ebbe nome “da quella stessa fa- miglia; donde il L. Antistius Vetus, che divenne padrone. della ‘villa di Cicerone a Pozzuoli. Cf. p. 87, Wont Antignano (Napoli), Anthemianum, Anthemius (Gf. DE Vrr, Onom. Lat. s. v.). Etimologicamente identici ann Antignatica e Intimiano dell'Italia superiore. | (c Antrosano (Abr. ult. 2°) DANA, Antracius (IN. NA

dn

con singolar mutazione da ino. eten dieta.

Anzano | (Capitanata), Antianum , Antius, (IN.). Due. Ans, zami nell'Italia superiore. wgtinà b; I,

Appignano (Abr. ult. 1°), siena dppinio (LL r NI, 2817). Altri due nella media Italia... | ae

Aprano (Terra di Lavoro), \Apriamunasi doris (a) CispaBiariiuà ros

Aprigliane (Cal. dagli inci 3 Apriio lA dol III, 728).

Aquilano (Abr. ult. 19) pe Menna (IN. Da uno stesso tipo. procedono. i. nomi locali Agugliano (An- cona), Agugliana (Vicenza), Gugliana (Abr: ult. e.Lucca) (Cf. it. e nap. aguglia, guglia = aquilia per aquila; e-agu- glino), come pure. il comasco Ghiano = Ghijano ;. Aquiliano (Cf. p. 84, 1). Vedi inoltre fundus Aquilianus della. tav. al. de’ Liguri Bebbiani. EH MISE infina sr

Ariano (Princ. cit. e ult.) da Arrianumi, Arrius (IN.) od anche da Herianum , Herius.(IN.). Un fundus Arrianus-è nella tav: al. di Velleja e sette.altri luoghi ‘omonimi nell'Italia media e superiore. CÉ. Di ale. forme ecc, p..13,.s. Airago.

Arigliano (Terra d'Otranto), Arellianum, Arellius: (IN); o Aurelianum, Aurelius (IN). Un. fundus Arellianus è mene tovato dalla tavola de’ Liguri Bebbiani ; come anche. un fundus. Aurelianus,, che poi s'incontra cinque volte nella. Vellejate. Quanto ai nomi locali tterivati da. Aurelius; cf. Di alc. forme ecc. p.48,s.0riago; e circa l'a awcef. perres. agosto = augustus, e il nap. arecchia = auricla, auricula. >

Arnesano, (Terra , Pa; Hirnicianum,, fenici (IN.). Cf. p...889., 4,89; fa ilogeX.)} amaunidni-

Arzano (Napoli), Arcianum, chis (GRUT: AI) pe Ar tianum, Artius (Murat: 676,, 15); se già non fosse un:equi+ valente d’Alzano (v.. p.. 92), colla ness enni in r, anche propria del napolitano, ...... i 9

Aterrano (Princ. cit.), Aterianum, Aterius (scritto anche Atherius, Haierius, IN.). Cf. p. 33.

Atigliana (Sorrento), Atiliana, Atilius (IN.). Un Atti- gliano nell’Umpria. Cf. Di alcune forme ecc. p. 12, s. Ade- gliacco.

Avezzano (Abr. ult. e Terra di Lavoro), SOMEIIROA, Avittius (IN.).

Avigliano (Basilicata), Avilianum, Avilius (IN.) o Avil- lianum, Avillius. (IN.). Un fundus. Avillianus nella tav. al. de’ Bebbiani, e un altro in quella di Velleja; un altro Avigliano nell’Umbria e un’Avigliana presso Torino. Of. Vi- gliano, p. 55; e Di ale. forme ecc., p. 16, s, Aveacco.

Bajano (Terra di Lavoro), Badianum, Badius (IN.). D'un fundo Badiano fa memoria Viscrizione del frammento di un’anfora trovato a Pompei nel 1867 (ZanGEMEISTER, Inscer. par. Pompeiane, 2551). C£. p.84, 2.

Banzano (Princ.cit., Bantianum, Bantius. Di un Lucio Bantio, nobilissimo cavaliere di Nola, parla. T. Livio (XXIII, 15).

Barano (Napoli), Barianum, Barius (IN.) 0, forse anco più verisimilmente secondo p. 90, h, Varianum, Varius (IN). Cf. Vairano.

Barbarano (Terra d’Otranto), Barbarianum, Barbarius

(IN.). Altri tre luoghi omonimi in altre parti d’Italia; e

anche due Barbaraschi, verisimilmente d’una stessa origine

(Cf. Di ale. forme ecc. p. 65). Cf. inoltre i due Barbariana dell’It. Ant., 406, 450.

Barbazzano (Princ. cit.), Barbatianum, Barbatius (IN.). Probabilmente d’una stessa origine il mant. Barbassò =

Barbatiatum (Of. Di alc. forme ecc., 76).

Barisciano (Abr. ult. 2°), Varisianum, Varisius o it

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è dal “Bini

(3

Se

e irta sith

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sidianum, Varisidius (Prin. Ep. IV, 4). Varisius sarebbe reso verisimile dal Barisano forlivese e dallo stesso Varisidius. Cf. p.90, A.

Basciano (Abr. ult. 1°), Bassianum, Bassius (IN.). Un fundus Bassianus è nella tav. al. de’ Bebbiani; e una quin- dicina di luoghi di questo nome sotto la varia forma di Basciano, Bassano. Il Bassiano del Milanese (e forse anco quello di Velletri) è più probabilmente da Bassilianum, Bassilius (Cf. fundus Bassilianus della tav. vell.).

Bazzano (Abr. ult. 2°), Battianum, Battius (IN). Altri otto luoghi di questo nome nell'Italia media e superiore.

Bisignano ((Calabr. cit.), Visinianum, Visinius (Murat. 1608, 1; Gori, Inscr. ant., I, 53, 363; cf. Veisinnius, C. I L., I, 1366). I quattro. Visignani, di cui due toscani e due, con un Vesignano, dell’ Italia superiore, rendono, parmi, assai più verisimile cotesta origine di Bisignano che non quella da Besidie, antica città degli Abruzzi, donde suolsi deri- vare Bisignano = Besidianum. Cf. p.90, h.

Bocciano o Bucciano (Benevento), Bocianum, Bocius (IN.) o Bucianum, Bucius (IN.) o Buccianum, Buccius (IN.). Probabilmente d’una stessa origine il Bozzano del Luc- chese ve il Bozzana del Piacentino.

Bojano (Molise), Bovianum, Bovius (IN.). L’antichità di Bojano (Bovianum) dee naturalmente far dubitare del- l'analogia d’origine che qui si darebbe al suo nome coi tanti comparativamente recenti, connessi con nomi fon- diarii. Credo tuttavia che la sua appellazione da Bovius sia molto più verisimile che non dal bue di cui si favo- leggia (Cf. Hiiswxer, Ephem. Epigr. II, p. 34). Nomi locali che non dubito menomamente far rispondere a Bovianum

da Bovius sono il Buggiano Lucchese e il Bobbiano del Pia-

centino; e d'una stessa origine è probabilmente il Bob-

mi ar FA:

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biate di Como (Cf. Di ale. forme ecc., p. 78). Il gent. Bo-.

vius trovasi riflesso senza derivazione in Bobbio (dial, Bobi), nome locale dell’Italia superiore. Cf. Di ale: forme ece., p. 96.

Bolognano (Abr.cit.), Volumnianum, Volumnius (IN.). Of. Saltus Volumnianus della tav. di Velleja e il Volognano della Toscana. ll gentilizio senza derivazione è riflesso dal Vologno d'Emilia. Cf. p. 90, he Di ale. forme ecc., p. 96.

Borrano (Abr. cit.), Burrianum, Burrius (IN.).

Bracigliano (Prince. cit.), da Braccilianum, * Braccilius,

reso non inverisimile da Braccius (IN.), ma più. probabil-

mente da Procilianum Procilius (IN.). L’a = 0 sarebbe fe-

nomeno non punto insolito al nap. (Cf. p..88,9,a) e la.

mutazione di p, anche iniziale, in è non estranea al nap. all'it., onde p. e. nap. Bicentino = Picentinum (nome di fiumicello, da Picentia), allebrecà = replicare ,

sbrannore = splendore, tosc. brivilegio = privilegio, rom. $..

Brancazio = S. Pancrazio, ecc.

Briano (Terra di Lavoro), Amaredianum, Amaredius (IN.): ardita congeitura, lo concedo; ma al tutto accet- tabile dalla glottologia. * Amarejano, * Amrejano, * Ambrejano,

* Ambriano, * Mbriano, Briano. Tutte queste forme vanno,.

si può dire, pe loro piedi (Cf. p. 84,2;88,.9, 6). La sin-.

cope d’Amarejano in Amrejano è assai naturale anche pel napolitano (Cf. p. e. sbriogna = verecundia; pricolo, precolare = pericolo, pericolare). Dato * Amrejano, ne vien quasi di necessità * Ambrejano (Cf. gr. peonuBpia =* peonppia, * pe- onpepia, duBporos, = * duporos, it. membrare = memrare, me- morare; ecc., ScaLeioHer, Comp., $ 48. Dinz. R. Gr, B, 216).

La vocale iniziale, seguìta da gruppo consonantico comin-

ciante per nasale, nel napolitano, per legge si può dir ge-. nerale, si dilegua; quindi come p. e. mbrello da ombrello,

DI

“i

97 LO

umbrello, Mbruoso da* Ambrosio, così Mbriano da* Ambriamo.

Ora quantunque il nap. coniporli questo gruppo iniziale a di mbr, pure da Mbriano, ammettendo un fenomeno occorso di RI nel greco (p. e. Bporss da * wBporos, * uporos, cf. SCHLEICHER, n I. c.) e anche in qualche altro volgare italiano (p. e: ro- si magn. brenda = *mbrenda, *mrenda, merenda) avrebbe fatto fo Briano, di quella stessa guisa appunto che per la forma” si più comune di mbriana, maga, figura, usa anche briana, "I come nella vecchia catubba che dice: A ddo va, a ddo va ni Sta fatella, sta briana (Cf. D’AmprA, Voc 's. mbriana)? Ri E poichè mi vien citato mbriana, non posso non aggiu- SE gnere come io tenga per assai probabile che questo vo- È cabolo, circa la cui etimologia già fantasticarono il Maz- 3; zarella Farao, il Galliani e altri, non sia se non un’alte- e

fe ca

razione di meridiana, operatasi con processo analogo a È quello che per Briano: fata meridiana, merijana, mrijana , | mbrijana, mbriana, briana (Cf. il demone meridiano dei Se-

miti), in origine connessa per avventura coi fenomeni ot-

tici (e chi sa se non anche col nome?) della fata Morgana

dei Calabresi e de’ Siciliani. Ma qui m’avvedo d’entrare

in quistione troppo lontana dall’argomento; sicchè finirò contentandomi di ripetere come probabilmente Briano

venga da Amaredianum, di quella stessa guisa che briana

sarebbesi svolto da meridiana (1).

(1) Mi permetterò ancora di aggiungere in nota come Imbriani, nome di famiglia napolitana, venga ad avvalorare la. mia conget- tura circa l’origine di Briano. Quel nome non può non essere uno di que’ tanti, che, originariamente nomi di luoghi, lo diventa- rono poi anche di famiglie (cf. p.e. Ascoli, Brioschi, Cantù, Plechia, Giussani, Lignana, Marazzi, Teza, ecc.). Ora.io non dubito di ve- dere in Imbriani uno Mbriano che cavato dal nostro nome locale, quando questo conservava ancora la m, assunse nell’uso stradia- So lettico forma meglio rispondente a tipo italiano, mediante la pre- 250% 7

> de

Brignano (Salerno), Brinnianum ,. Brinnius (IN.). Lia altri luoghi di questo nome sono. nell’Italia superiore... Brusciano (Terra di Lavoro) Prosianum, Prosius (IN. ), con db =p come in Bracigliano. 80% Bruzzano (Cal. ult. 1°), Bruttianum, Bruttius {IN)): % Bucciano Gears di Lavoro). V. Bocciano. .

Cacciano (Prince. ult.) Cattianum, Cattius (IN.)_ o Catia- num, Catius (IN.). Cf. i tre Cazzani dell’Italia superiore , e Di alc. forme ecc., p. 29 s. Cazzago.

Caggiano (Princ. cit.), Cavianum, Cavius (IN). D'ana stessa origine Cabbiano d’Ascoli e di Milano. Cf. p. 87, 3.

Cagnano (Abr. ult. e Capitanata), Canianum, Caniîus (IN.). Altri sette luoghi omonimi nelle varie. parti d’Italia; e un saltus Canianus nella tav. al. di Velleja.

Cairano (Privc. ult.) e Carano. (Terra di Lanna Carianum, Carius (IN.). D'una stessa origine probabilmente

.i due Cajani di Toscana. Cf. p. 83.

Caivano (Napoli), Calvianum, Calvius (IN.). Of. p. 89, e.

Cajano (Abr. ult. 1°), Cajanum, Cajus (IN), o Cavianum, Cavius (IN.), o Cadianum, Cadius (IN.). G£. p. 83:84, 2.

Calciano (Basilicata), da Calpianum, Calpius (IN, tanto almeno verisimilmente, quanto da Calcianum, Cal- cius, Caltianum, Caltius, Calcidianum, Calcidius va ). OE, p: 87, 4:84, 2; 88,9, d.

Caliano (Prince. cit.), da* Calijano, Calata Calidius o Caledius (IN). La tavola al. de’ Bebbiani ha un, campus Caledianus e una dozzina di fundi Calidiani quella di Vel-

fissione d’un’;, onde Imbriano, Imbriani. La pvostalal fittizia delli i iniziale d’/mbriani è anche fatta chiara, mi sembra, tra l'altre cose, dal suo essere qui al tutto contraria al gunip L0nese del dialetto napolitano, .. ss Aigdia ada

1 sons Rua di

leja. Probabilmente d’una stessa origine le due Caligiane dell'Umbria. Cf. p. 84, 2} 88, 9, bd.

Calvizzano (Napoli), Calvicianum, Calvicius (Murar. 2041).

Camigliano (Terra di Lavoro), Camillianum, Camillius (IN.). Al tatto omonimi due luoghi di Toscana; e d’una stessa origine il Camigliasca piemontese e il Camiano {= * Camijano) novarese. Una villa Camilliana è mentovata da Plinio il giovine, come posseduta dal suo prosocero Camillio Fabato nella Campania (Ep. VI, 30).

Campagnano (Terra di Lavoro), Campanianum, Cam- panius (IN.). Altri due luoghi omonimi in quel di Roma e in quel di Como. Il Campagnatico grossetano potrebbe anch’essere dal gent. Campanius (cf. p. e. nl. Antignatica da Anthemius, Valenzatico da Valentius); ma pure assai .ve- risimilmente da campagna (cf. nl. Casatico da casa, Cesena- tico da Cesena ecc. e Di ale. forme ecc., p. 60).

Canzano (Abr. ult. e 2°), Cantianum, Cantius (T. Liv, X, 46).

Capezzano (Princ. cit.), Capitianum, Capitius (C. LI. L. Ill). D'una stessa origine ) oltrechè il Capezzano Luc- chese e due Capezzana fiorentini, anche ì due Cavizzani (trentino e genovese), e due Cavezzane (Massa e Carrara) e uno Scapezzano (Ancona), colla sibilante prostetica.

Capitignano (Abr. ult. 2°, Princ. cit. e Roma) Capiti- nianum, Capitinius, verisimilmente da Capitinus che s’in- contra come cognome (Cf. De Vir, On. lat. s. v.) (1).

(1) Il De Vit nel 1. c. dice che il cognome Capitinus viene da caput, quasi parvum caput habens. I Latini usavano bensì il suffisso on per formar cognomi con senso di avente grossa una data parte del corpo, come p.e.in Capito, Naso, Fronto, Labeo, ecc.; ma non il suff. ino per significato contrario, perocchè questo suffisso non

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3 EL

100 UO Carano. V. Cairano. © “PENRETÀ i Carmiano (Terra d'Otranto), Carmeianum , Carmeius

(IN.). Il Carmiano piacentino forse più probabilmente da

Carmilianum o Carmellianum, Carmilius, Carmellius. Carpanzano 0 Carpenzano (Calabria cit.). Occorre

qui, come pel lombardo Carpenzago (cî. Di ale. forme ecc.

p. 24), la doppia ipotesi di Carpentianum da * Carpentius

o Carpinatianum, sincopato in Carpintianum, da Carpinatius

(MuraT.). Carpignano (Terra d'Otranto), Carpennianum, Carpen-

nius (Murat. 1247, 10). CF. Carpignago (Di ale. forme ecc.

p. 24), al qual proposito noterò ancora come un fundus

Calpurnianus, di cui potrebbe essere un riflesso COTRIZnIO,

si trovi nella tav. al. de’ Bebbiani.

Casarano (Terra d’ Otranto) e Casariane (Napoli), Casarianum, * Casarius o Casearianum, * Casearius. Quanto alla verisimiglianza di questa sorta di nomi di persone, ef. Di alc. forme ecc. p. 41. Qui aggiugnerò soltanto come nell’ambito de’ nomi locali del Napolitano venga quasi a trovarsi Ceprano (1), Caeparianum, Caeparius, nome, fra gli altri, di un complice della congiura di Catilina (Sat. Cat. 46), il quale, come Terracinense, avvalora SEE

importasse punto presso i Latini la nozione della diminutività, ma quello di relazione, appartenenza, origine, Il cognome Capitinus pertanto si connette molto più verisimilmente coll’etnico Capilinus da Capitium (oggi Capizzi, città della Sicilia), come p.e. con La- tinus da Latium si collega il cognome Latinus, verso del quale il gentilizio Latinius sta come verso Capitinus starebbe il gentilizio Capitinius, donde Capitinianum, Capilignano. DIRPOLE

(1) Ceprano, sincopato dal medievale Ceparano, che nei testi della

Divina Commedia ci si presenta per lo più colla forma fiorenti- nesca di Ceperano: « A Ceperan, dove fu bugiardo Ciascun gliese (Inf. xxwni, 16) ».

dA I

di Ceprano dal gentilizio Caeparius che in origine non potè sonare altro che mercante di cipolle.

| Cascano (Terra di Lavoro) foneticamente accenne- rebbe piuttosto a Cascanum dal cognome Cascus che non a Cascianum dal gent. Cascius.

Casciano (Benevento) e Cassano (Terra di Bari, Princip. ult., Calabria cit.) Cassiamum, Cassius (IN.). Un fundus aan nella tav. al. de’ Bebbiani, al quale po- trebbe rispondere anche topograficamente il Cassano di Princ. ult; e tre fundi Cassiani in quella di Velleja. È assai frequente questo nome locale di Cassano, registran- dosene ben diciasette, oltre i napolitani; e altri quattro sotto la forma di Casciano e tre di Cassiano.

Casignana (Princ. cit., e Casignano (Terra di La- voro), Casiniana, Casiniamum, Casinius /IN.). Un fundus Ca- sinianus nell’'iscrizione di Volceii (IN. 216). | Castrignano (Terra d'Utr.), Castrinianum, Castrinius, (Cic. Ep. ad fam. VIII, 2). Cf. Di alc. forme ecc. p. 27, dove io, ritirando Casternago ad un prototipo Castriniacum, met- tevo innanzi solo come ipotetico il gentilizio Castrinius , non avendo a mente il L. Castrinius Paetus del citato luogo di Cicerone. Da Castrignano * Castrignanino, passato

‘poi per dissimilazione /r-n = n-n/) in Castrignarino (Terra

d’Otranto). » . Catignano (Abruzzo ubt. 1°), Catinianum, Catinius (IN).

=; Of. Di ale. forme ecc. p. 27, s. Catenago.

Caturano (Terra di Lavoro), Caturianum, Caturius. Per le testimonianze di questo gentilizio Hedasi Di ale. forme ecc. p. 22, s. Cadorago. pr

| Cerfignano (Terra d’ Otranto), Cer vinianum, Cervinius ,

reso verisimile da. Cervius e Cervonius e «di. cui sarà: pro-

babilmente una varietà di forma il Cervenius delle lapidi

102

patavine (FurLanETTO, p. 361). Avrebbe quindi una stessa origine con Cervignano e Cervignasco dell’Italia superiore, mentre il Cervognano Sanese s’ appunta in Cervonianum, Cervonius. Quanto a v= f che. presenterebbe Cerfignano, cf. nap. enfrece = invicem, ottrufo, attrufo, attufro (= ottovro, octobre-), fortecillo (vorticillus, verticillus), gen. lerfu da lervu, levru (cf. fr. levre), labrum. Cermignano (Abruzzo ult. 1°), probabilmente per Germignano = Germinianum, Germinius. Cf. di alc. forme ecc. p. 36, s. Germignaga. Cesarano (Princ. cit. e Terra di Lavoro), Caesarianum, Caesarius. Circa questo nome di persona cf. De Vir, Onom. lat. s. v. L'It. Ant. pone un Caesariana verisimilmente in Principato cit., e Casas Caesarianas in Toscana. Un Cesa- rana ha l'Emilia; e un Ciserano il Bergamasco. Chiajano (Napoli), Cladianum (per Claudianum), Claw. dius (IN.J. Quanto ad a = av cf. ScHuazaRDT., Voc. d. Vulgl. II, 307; e v. fundus Clodianus (IN. 216, 1354/, alla qual forma potrebbe anche appuntarsi Chiajano, stante la p. 88, 9, a. Mantennesi il dittongo nel Claujan del Friuli. Chiovano (Abruzzo ult. 1°), Cluviamum, Cluvius (IN). D’una stessa origine. il Chioano dell’ Umbria; se già non

fosse men verisimilmente da Clodianum, Clodius: Cf. Chia-

jano e p. 84, 1. Chiusano (Princ. ult.), Clusianum, Clusius (cf. Ov. Fast. I, 130: e cogn. Clusinus). Due luoghi omonimi. nell’ Italia superiore. sat Cicciano (Terra di Lavoro). Questo nome può, se- condo la p. 87, 4, riflettere più tipi: Cipianum , Cipius (IN.), Cepianum, Cxepius, (IN), Ceppianum, Ceppius (IN.); Cacianum, Cecius (IN); ed anche Seppianum, Seppius (IN.), Sittianum , Sittius (IN... Quanto a e =s de’ due ultimi

atei e

103 tipi, cioè Cicciano per Sicciano, s' avrebbe qui un feno- meno d’assimilazione regressiva assai frequente, come verbigrazia, per citar solo esempi di quest’affezione ca- dente: sulla s' iniziale: ant. tosc. Cicilia = Sicilia, tar. ceccia'= sepîà ; n'ap. scioscià per soscià = sufMare, zoza per soza (= sauza, salza; salsa), zuzzo per suzzo , it. sozzo = sud’cio, sudicio (1) e ne’ dialetti dell’Italia: superiore l’equi- valente etimologico e morfologico dell’it. succhiare = lat. suc’lare succulare (cf. Diez; Et: 0. IL, 73), vale a dire ciue- ciar, ciliccià, ciccià, ciliciè, ecc. per sueciar ecc.

. Ciano (Calabria) potrebb' essere (secondo p. 88,9, b) =*'Cijano da Caedianum , Caedius (IN.) o da Ceianum, Ceius (IN.) od anche, ma con minor verisimiglianza; una forma aferetica d’Acciano od Occiano (V. questi nomi).

Cirigliano (Basilicata), Cerellianum, Carellius (IN.). Un fundus Cerellianus è nella tav.-al. de’ Bebbiani e un altro in quella di Velleja. Gf.inoltre Di alcune forme ecc. p. 30.8. Cini.

Colliano (Principato cit.) Colianum, Colius IN.) 0 Coi- liamum, Coilius (IN):

Comignano (Abruzzo ult.), Comimignum, Cominius (IN ). Cf. Di alcune forme ecc. p. 531; s. Convignago. Corigliano (Calabria cit., Terra di Lavoro, Terra d’0- tranto), Corelianum, Corelius (IN). | Corsano (Terra d'Otranto), Curtianum, Curtius AIN). Cf. p. ‘89; fr 6 Corzano (Firenze e Brescia). «Un fundus Cur- tianus è nella tav. al. de’ Bebbiani.

Corvignano sai Corvinianum, Corvinni (C.L.L. 11). of “Corbigniano fior. Sig, STOLIOMEL, pa 53,

‘d hd aa ‘occasione , di, chiarire ‘come .s0zz0 nasca da * sud’c cio, sudicio, forma metatetica di. sucido, e non, come credono A il Diez (El. W.; I, 404) e altri, da * suoî' us; sincopato da sucidus. do;

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be I in È | Cozzano (Terra di Bari) e Cueciano (Princ. ult.), Cu- E : tianum, Cutius (IN) o Cottianum, Cottius IN.). V. p. 87, 4e 5. i È: Crispano (Napoli), Crispianum, Crispius (IN J: Cf-p.84;1. do. Cusano (Terra di Lavoro) e Cuseiàno (Abruzzo ult); E: Cusianum, Cusius (IN.J. La prima forma più volte nell’Italia ; superiore. Vi catibtolafi i

Diano (Princ. cit... È notoriamente fatto-rispondere a Tegianum , città della Lucania, dinanzi a cui Diano pre- n senta una singolarità fonetica nel d= t; perocchè da Te- gianum sarebbe stato qui da aspettarsi Tiano anzichè

#89 Diano; la qual forma verrebbe piuttosto a. riflettere rego- $ larmente un Didianum da Didius /IN.). Of. p.-84, 288,9; db. si Soggiugnerò ancora come Tegianum sia nome non attestato, SE ma presupposto dall’etnico Tegianensis delle iscrizioni (IN. È 296, 297, 2569). Cf. Tiano = Teanum. Pressochè. superfluo

Hi è il notare che Diano, e Diana, frequenti nell'Italia su> periore, non hanno alcuna connessione etimologica col Diano napolitano.

Faggiano (Benevento, Terra d'Otranto), Fabianum , Fabius (INj. Cf. Di alcune forme ecc., p. 68, s.Fabiasco. Ag- i giungerò come ad un fundus Fabianus parrebbe accennarsi, secondo che congettura lo Schoene, dal Fabian. dall’iseri- zione d'un’anfora di Pompei, trovata nel 1866(Zane. op. cit. 2556). .} aan giiti

Fagnano (Abr. ult., Cal. cit., Principato), Fannianum, Fannius (INJ. Più luoghi omonimi nell’ Italia superiore.

Faibano o Faivano (Terra di Lavoro), Fabianum, Fa- bius (IN.). Cf. Faggiano e p. 89, e.. noto id soitas

Fajano (Abr. ult. 1°, Princ. cit.), Fadianum, Fadius (INJ. V. p. 84, 2. Il Fazzano di Reggio, quando avesse lo .z.s0»

I 105 noro, potrebbe riflettere lo. stesso. tipo. Nella tav. al. di Velleia è registrato ‘un hortus. Fadianus. Fajanum è già forma propria di documenti del secolo X (V. Cod. dipl. Cavensis, p. 246).

Falciano (Terra di Lavoro) da Falcijano = Falcidianum, Falcidius (INJ. V. p. 84, 2; 88,9, db.

Faognano (Abr. ult. 1°), Favonianum, Favonius (IN). Il dileguo di v già nel Faonius dell’ IN. 2471 (cf. ScHucHARDT, Voc. d. Vulglat. II, 477). Quanto ad altri nomi locali aventi la stessa divani cf. Di alcune forme ecc. p. 32, s. Faugnacco. © | Favigliano (Cal. ult. 12), Fabilianum, * Fabilius. Questo gentilizio, oltrechè da Fabius, è fatto anche verisimile dal Faviano parmense, nel qual dialetto questo nome ri- fletterebbe pur regolarmente un tipo Fabilianum.

Ferruzzano (Cal. ult. 1%), Ferociamum, * Ferocius 0 Ferox. Feror nome proprio è in Plinio (Ep. VIII, 13), e più volte come cognome nelle IN., e un fundus Ferocianus in quella di Volceii. Cf. inoltre Di ale. forme ecc. p. 68, s. Frossasco. Forse d’una stessa origine il Ferrazzano di Molise.

Fragagnano (l'erra d’Otranto), Freganianum, Freganius (IN. e HiùBxER, Ephem. epigr. JI, 8% Cf. p. 88, 9, a.

RR care (Abr. wlt.1°.e 2°), Flaminianum, Flami- nius (IN.).

Fisciano. (Prine. ult.), Fisianaum, Fisius AIN.)

| Filignano (Molise), Felinianum, * Felinius o Felînus (IN.

‘Fojano (Benevento), Mavianum, Flavius (IN. L'odierna forma. di questo nome ne lascierebbe incerti circa la sua più verisimile origine se non se ne conservasse una più antica di Figjano, tra gli altri luoghi, nella vita di Cola di Rienzo, la-quale verrebbe. a. riflettere. assai regolar- mente il.tipo Flavianum. Il Fojano dell’Aretino ha origine

diversa, procedendo, secondo leggi essenzialmente proprie del toscano, da Furianum (Furius), che nel Napolitano avrebbe, secondo la maggior verisimiglianza, dato Forano od anche Foirano. Un fundus Flavianus' è così nella tav. al. de’ Bebbiani, come in quella di Velleja. Cf. inoltre friul. Flaipan e Fluiban (V. Ascori, Arch. gli it.T, 510), e per altri nomi omogenei, Di alc. forme ecc. p. 33; 5. Piave. Fontignano (Abr. ult. 2°), Fontinianum, Fontinius, Murat. 703, 6). Altro luogo omonimo nell’Umbria. Fustagnano (Abr. ult. 1°) forse da Faustinianum, Fau- stinius o Faustinus. Cf. p. 889, a; è Savignano, p. 123.

Gabbiano (Abr. ult. 1°, in numero di tre) e Gajano (Princip. cit.), Gavianum, Gavius (IN.). Credo che: la prima di queste due forme, la quale nell'Italia media e supe- riore, dove è più presto frequente, accennerebbe risolu- tamente a Gavianum, possa ammettersi almeno come non inverisimile anco per gli Abruzzi (Cf. giobbia= jovia [dies ] che il Vocabolario del D'Ambra registra come napolitano così nella parte nap. it., come pur, sotto giovedì, nella parte it. nap.); che altrimenti io non saprei raddurre l’abruzzese Gabbiano ad altro tipo originario che a Gavi- dianum, Gavidius (IN.) o Gavivianum, Gavivius (IN., donde per via di Gavijano (cf. p. 84, 2), mediante la contrazione no- tata p. 88, 9, db, e con rinforzamento di vin d , sarebbe po- tuto venir Gabbiano. Cf. Di ale. forme ecc., p. 35, 8. Gaggiago.

Gagliano (Terra d'Otranto, Abr. ult. 2°, Cal. alt. 2) Gallianum, Gallius (Sver., Oct., 27 e C.I.L.TII) Un fundus Gallianus così nella tav. al. de’ Bebbiani come in quella. di Velleja. Cf. Di ale. forme ecc., p. 84, s. Gallie”

- Gajano. V. Gabbiano. Gallisciano 0 Galliciano (Calabr. ult.), tan

Gallecius (IN.) o Gallicianum, Gallicius (IN.). Cf. fundus Gal- licianus (IN. 212).

Galugnano (Terra d’Otranto), Galonianum, Galonius. (INI). . Garisciano (Abr. ult. 1°), Carisianum, Carisius (IN.). Cf. Scarisciano, pi 123.

Gazzano (Abr. ult. 1°). Catianum, Catius o Cattianum, Cattius (IN.). Cf. Cacciano, p. 98.

. Genzano (Basilicata e Abr. ult. 2°), Gentianum, Gentius (IN.). Un Genzano anche in quel di Roma.

Gimigliano (Calabria ult. 2°), Gemellianum, Gemellius (C.I.L.IH, 5070). Forse d'una stessa origine il piem. Giu- miengo = Gemelliengo. Quanto ad v per e cf. it. giumella.

Giugliano o Giuliano (Napoli, Abr. cit., Terra d’0- tranto), Julianum, Julius (IN.). Ad una stessa origine ac- cennano il friul. Zuliano (Zujan) e il vic. Zuggiano ; e forse anco il Giuggianello di Terra d'Otranto, per assimilazione progressiva da Giulianello; che altrimente parrebbe appun- tarsi in Jovianum, Jovius (cf. Di ale. forme ecc., p. 64, $; Giubiasco). Uf. Lugnano,

Giungano (Princ. cit.), Junianum , Junius (IN.). Quanto ang= ni (nj) cf. Volgana, p. 132. Ù

Gragnano (\apoli), Granianum, Granius (IN.). Parecchi

luoghi omonimi nell'Italia. media e superiore; e fundi Graniani nella tav. al. di Velleja. - @rasciano (Abr. ult. 1°) e Grassano (Basilicata), Crassianum, Crassius (IN... Due altri, Grassani, uno, nelle Marche e l’altro nell'Emilia; e d’una stessa origine il Grassaga veneto (cf. Di ale. forme ecc... p. 37).

Gricignano (Terra di Lavoro), Grecinianum, Gracinius (IN.). Due luoghi omonimi in Toscana... PRI

Guarazzano (Princ. cit. he Quadratianum , Quadratius. Cf. Quarazzana nl. e i cognomi Quadratus (IN.), Quadratilla

(IN.), Quadratinus. Potrebbe anche essere da Veratius (IN),

mediante gua=wva' (cf. p. e, guaina = vagina) ed a= e se-

condo p. 88, 9, a. 0) ALI Guazzano (Abr. ult. 1°) forse da Vettianum,. Vettius

(IN.), in analogia di Guarazzano da Veratius. Gugliano. V. Aquilano.

Laurenzana (Basilicata), Laurentiana , Laurentius, che le IN. dànno solo come cognome. ..D'una. stessa. origine i Lorenzano, Lorenzana, Lorenzaga, Lorenzago, Loranzè. Cf. Di ale. forme ecc., p. 42.

Lappano (Calabria cit.) , Lappianum, Lappius. (IN). Cf;vp.:84p;1

Lajano (Benevento), Laianum, Laius (IN.). i

Laurignano (Calabria cit), Laurinianum, Laurinius. Forse d’una stessa. origine il Lorgnano dell'Umbria. i

Leognano (Abr. ult..1°), Leonianum, Leonius (Murat.). Cf. Di alc.-forme. ecc.,.p. 42, s. Leonacco. «Leporano, (Terra d'Otranto e Terra di Lavoro), Lepo- rianum, Leporius, gentilizio non inverisimile; ma potuto anco venire, per dissimilazione, da Leporaro = leporarium, lepraia; parco, come p. e. il pad. Colubrana da Colubrara ==colubraria. GÎ. Leporaja (Capit. di Firenze, p..252), e Le- gorata (Novara..e. Pavia), Cerbaja, Cervara, Verbicaro (= Ver- vi vg ecc, Ca a

Leverano 0 Levrano (Terra pera Liberia Liberius (Murat). rii'agzoe e Gansì

Licignano (Napoli), Licinianum, Licinius, LEbiidhione stessa origine il Lisignano dell’Italia superiore...

Limosano (Molise), Numisianum , Numisius , (IN, )i_V p: 89, g: Probabilmente d’una stessa origine il Limisano i Firenze .e. di. Ravenna; e il Nomesino di Roveredo. |.

.

| Lisefano (Abr. ult. 2°), Lisianium, Lisius AINJ:

Lizzano o Lezzano (Terra d'Otranto), Licianum, Licius (Murar.).

Loriamo (Terra di Lavoro), Loreianum, Loreius (IN.). Of. p. 88, 9, bs 103%

Lucignano (Terra d'Otranto, Abr. ult. 1°), Lucinianum, Lucinius, o forse piuttosto da Lucilianum , Lucilius (IN), con gna (nia) = glia (lia), fenomeno non infrequente (cf. p. e. tose. cicigna = cecilia), qui tanto meno inverosimile per l'incentivo della dissimilazione. Sei Lucignani e un

Lucigliano in Toscana. Cf. il seguente

Lucugnane (Terra d'Otranto), da Lucullianum, Lucul-

lius (IN.), per fenomeno analogo al precedente. Cf. ven.

Lugugnana, per la cui origine potrebbesi ‘anche pensare al gent. Leuconius, attestato da qualche iscrizione dell’Italia superiore (cf. C. Promis, Torino ant. ind.)

Lugnano (Abr. ult. 2°), probabilmente da Julianum, Julius (IN.), con {=} quale în luglio (per assimil. lulio da julio), quindi Lugnano (Luniano) da Lugliano (Luliano) col

dissimilativo gna /nia) per glia /liaj, notato in Lucignano e

Lucugnano (cf. piem. lugn = * lunius, * lulius ecc.) Da Ju- nianum, Junius, men verisimilmente, in quanto: /=j qui sarebbe fenomeno al tutto insolito. Finalmente, tenuto pur sempre conto di yna = glia (lia); Lugnano potrebb’essere da Lollianum, Lollius /IN).. Cinque omonimi nell’Italia media, probabilmente d’analoga origine , \segià. non s’a- vesse a sospettare un gentilizio * Lunius. Lusciano (Terra di Lavoro), Luscianum , Luscins An O o Lusianum, Lusius (IN). Un fundus Lusianis nella tav. al.

de’ Bebbiani; e un Lusana ='Lusiana in' Massa è Carrara.

Lazzano (Benevento), Lucianum, Lucius IN). Tre omo- nimi nell'Italia superiore, accennanti'ad’una stessa origine.

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110 | Magliano (Terra d'Otranto, Abr. ult. 2°, Prine. cit.). Mallianum, Mallius (IN.). Una stessa ‘origine hanno i Ma- gliani varii delle altre parti della penisola e per l’Italia superiore anche i Majani, più conformi alla pronunzia paesana (Majan), che per alcuni luoghi viene dalla scrit- tura raddotta alla più organica ed italiana forma Ù Sr gliano. Gf. p. 88, 8. Magnano (Terra di Lavoro), Magnianum, Magnius (IN.). Potrebbe anche, secondo p. 88, 7, venire da Mammianum, Mammius (IN.) o Mamianum, Mamius (IN.). Parecchi i luo- ghi omonimi dell’Italia superiore; pei quali sarebbe molto più verisimile la prima origine, mentre ai due ultimi tipi

risporderebbero Mammiano (Firenze) e Mamiano (Parma),

che quivi potrebbe anche riflettere Mamilianum da Mamilius.

Miajano (Napoli), Magianum; Magius (IN.). Cf. p.84, 2.

Majorano (Terra di Lavoro), Majorianum, Majorius (IN.).

Miarano (Napoli, Abr. ult. 2°, Calabr. cit.), Marianum, Marius (IN.). Allo stesso tipo rispondono i vari Marani, Mairani, Meirani dell’Italia superiore, come pure i Majani di Toscana. Cf. p. 83; 84, 1.

Marciano (Napoli, Abr. ult. 1°, Terra di Lavoro), e Marzano (Princ. ult., Terra di Lavoro), Marcianum, Mar- cius (IN.). D’una stessa origine i vari Marciani ‘e Marzani d’altre parti d’Italia; e un fundus Marcianus nella tav. al. de’ Bebbiani. Cf. Di alc. forme ecc., p. 44, s. Marzago.

Marigliano (Terra di Lavoro), Marilianum , * Marilius, gentilizio reso anche verisimile, oltrechè da Marius, dal Marigliana di Garfagnana, come pure dal Mariago e dai Mariani QAell’Italia superiore, i quali, più presto che a fa rius, paiono doversi raddurre a Marilius. MISTI

Marignano (Abr. ult. 2°), Marinianum, morti BACH; Inser. Rhen:). Varii altri luoghi omonimi che mas-

x

ii

sime nell'Italia superiore potrebbero anche equivalere a Madrignano = Matrinianum, Matrinius,

| Martignano (Terra d'Otranto), Martinianum, Martinius (C.I. L., VII). Altri tre luoghi omonimi, oltre il Martignacco friulano accennante ad una stessa origine (cf, Di ale. forme ecc. p. 44, s. Martignacco). i

Martirano (Calabr. ult. 2°), Martyrianum, * Martyrius; se già non fosse d’una medesima origine col seguente

Martorano (Princ. cit.),, Marturianum , Marturius (IN., 3495, cognome); Cf. Martura, nome proprio, che s'incontra in un’olla della vigna di S. Cesario presso Roma, (C.I.L., I. 909.). Tre altri luoghi omonimi. nell’Emilia.

Mielessano (Terra d’Otranto) e Melizzamo (Benevento), Melitianum,, Melitius (IN. 7190, cognome). Cf. Milisciano aretino; e Mellicciano fiorentino.

Mercogliano (Prince. ult.), Mercurianum, Mercurius; forse originariamente connesso con fanum o locus, 0 pagus ecc. (cf. Di alc: forme ecc., p-34, s. Fortunago). D’analoga origine il Marcojano toscano -e il. Mercurago novarese. (cf. o. c., p. 45). Quanto a glia, lia = ria cf:map. avolio = eborio, eboreo; avorio. i

Miesiano (Calabria ult. 2°), Mesianum,, Masius,(IN.) Probabilmente.d’'una stessa. origine. i. tre Misani dell’Italia superiore. Cf. Misciano.

Miano (Napoli; Abr. ult. 1°);= * Mijano, * Mejano: (cf. p..88,.9, 5) da Mevianum, Mevius (IN.J. 0 Medianum, Medius,

il quale ultimo nome sarebbe reso verisimile dal fundus

Medianus della tavola. de’Bebbiani (ef. p. 84,2). I nomi Me-

diana, Mediano d’Emilia si appuntano più verisimilmente

in Metiliamum, Metilius. Cf. Di.ale forme. ecc.; p..10. Miîcigliano (Abr. ult. 2°), Mecilianum, Mecilius (IN.). Miggiano (Terra d’Otranto), può; stante p. 87, 3, avere

una medesima origine con Miano, riflettendo con eguale

regolarità fonetica così Mevianum come Medianum (cf. Rugge= Rudia, uorgio = hordjus, hordeus).

Migliano (Calabria ult. 2*, Terra di Lavoro), Melianum, Mzlius (IN.) 0, mediante aferesi, Emilianum, EAmilius IN.). D’analoga origine i Migliani della media Italia, come pure il Miano di Parma che potrebbe anche rispondere topo- graficamente al fundus Emilianus della tavola di Velleja.

Mignano (Terra di Lavoro), Minianum, Minius (IN.), Mzenianum, Maenius (IN), Mindianum, Mindius (IN); tre tipi riflessi foneticamente con eguale verisimiglianza. Altri quattro luoghi omonimi, di possibilmente analoga origine.

Misciano (Princ. cit.), da Mescidiamum, Mescidius (IN), secondo p. 84, 2; 88, 9, b, ovvero da Messianum, Messius /IN.) od anche da Masianum, Mesius (IN.); e in questo caso d'una medesima origine con Mesiano. I cinque Mi-

sciani di Toscana probabilmente dall’ultimo tipo.

Miojano (Benevento, Napoli, Terra di Lavoro), Modia- num, Modius /IN.J. Una medesima origine avrebbero ve- risimilmente i Mozzano (Ascoli, Umbria e Parma), Mozzago, Mozzate (Como), qualora, come credo, nella pronunzia pae- sana lo z abbia suono sonoro; che altrimenti sarebbero da Mucianum, Mucius o Mutianum, Mutius. i

Miolviano (Abr. ult. 1°), Molvianum, Molvius (IN.). D’una stessa origine il lucchese Mobbiano, che sta a Molvianum, come nibbio a milvius. Il gentilizio Molvius si presenta pro- babilmente ancora, senza derivazione (cf. Di ale. forme ece., p. 96), in Morbio (dial. Morbi; cf. lomb. piem. ed emil.

arbi = alvio, alveus), nome di tre luoghi dell’Italia su-

periore. A oraro i Miongiana (Cal. ult. 2°), per * Mognana (cf. p.12, 7). E

qui le medesime incertezze che per Mignano; potendo Mon-

113 giana derivarsi ilel pari da Monnius, Munius, Munnius, Mum- mius , gentilizi attestati tutti dalle iscrizioni napolitane.

Morciano (Terra d'Otranto), Murtimum, Murtius (IN).

Mosciano (\br. ult. 1°), Mussianum, Mussiis (IN.). Tre Mosciani ha ancora l’Italia media (Marche, Toscana, Um- bria), che potrebbero venire da Mustius od anco riflettere assai regolarmente, per via d’aferesi, Homusianus da Ho- musius, congetturabile dal fundus Homusianus della tavola di Velleja.

Wuwcciano (br. ult. 1°), Mutianum, Mutius AIN.) 0 Mu- cianum, Mucius /IN.). D'una stessa origine i Mocciani, Moz- zani, Mucciani e Muzzani d'altre parti d'Italia.

Mugnano o Mognano (Napoli, Princ. ult.). Le stesse origini già congetturate per Mongiana; e pure possibili pegli otto Mugnani dell’Italia media; e pei due Mognani della superiore.

Mutignano (Abr. ult. 1°), Muttinianus, Muttinius AIN.). Il Modignano lombarlo accennerebbe più presto ad ‘un tipo Mutinianum, Mutinius; al quale però potrebbe anco metter capo l’abruzzese Mutignano.

Nanzignano (Benevento), Nasennianum, Nasennius (IN.). Un fundus Nasennianus ha la tavola de’ Bebbiani. Circa l’epentesi della nasale si confrontino p. e. nap. Sangro = Sagrus, lampazzo = lapathium, langella = * lagella (da lagen'la lagenula dim. di lagena), mengràneia = emicrania, e, come in Nanzignano, dinanzi a sibilanti, l’ant. tosc. ansima da asima (asma, astma), Anserdco per Assàraco , Giansone per Giasone, Sansogna per Sassogna /Saxonia), Ansalonne per Assalonne, zenzania o zinzania per zizzania ecc. Il passaggio della s in 3 qui venne poi ad esser di regola: nap. penzare, con- zommare ecc. (cf. Arch. glott. it. TT, p. 55).

114 mo c Nepezzano (Abruzzo ult. 2°), secondo p. 89, d, per Ne- pozzano, Nepotianum, Nepolius (IN.J. Un fundus Nepotianus è mentovato in un’iscrizione d’Interamna (Teramo IN, 6165); e la vicinanza di Nepezzano a questa città rende assai verisimile l’identità topografica di questo fondo colla terra da esso denominata. Cf. inoltre un Nepotianum di Lom- bardia (Hist. patriae Mon. XIII, ind.) e il Nipozzano fio- rentino. AA i

Noceiano (Abr. ult. 1°), Naurianum, Nautius AIN. D'una stessa origine il Nozzano lucchese. Cf. p. 87, 4.

Nerano (Napoli), Nerianum, Nerius (IN). Chi sa che dai guadagni dello strozzino Nerio, fatto ricco dalla morte di più mogli, mentovato come usuraio da Orazio (Sat. II, 369), e da Persio (cf. Schol. ad II, 14), non sia potuto sorgere un rus Nerianum, d'onde l'odierno Nerano di Ca- stellamare? Cf. Nirano e Nirasca dell’Italia superiore.

Neviano (Terra d’Otranto), Naevianum, Naevius (IN.) Un fundus Naevianus nellIN. 6926; e parecchi nella tav. di Velleja. D’una stessa origine i quattro Nebbiani di Toscana, con uno di Ancona; come pure il Nibbiano e i Neviani e Niviani dell'alta Emilia, alcuni de’ quali, se non tutti, ri- spondono forse anco topograficamente ai fondi mentovati dalla tavola di Velleja.

Occiano (Princ. cit.), Oppianum, Oppius (IN.J. Nell’iscri- zione di Volceii una casa Oppiana e un fundus Oppianus, col quale Occiano potrebbe anco riscontrarsi topografica- mente, per trovarsi, come Volceii, nell’antica Lucania. Duna stessa origine l’Oppiano fors'anche l’Urciano) di Siena, quello di Parma e, probabilmente pur. l’Oppeano di Verona. Da Aucius od. Occius sarebbe più verisimilmente venuto Ozzano, quale appunto ne veniva nell’ Italia su-

mi Herk

periore. Frequenti d’altronde gli Oppii, mentovati una trentina di volte dalle iscrizioni napolitane. Cf. p. 87,4

Olevano (Princ. cit.), Olivianum , * Olivius, gentilizio reso non inverisimile dall’organica forma Olivianum, che s'incontra ancora ne’ documenti «della bassa latinità. (Cf. R. Arch. Neap. Mon., V, 245, 251).

Omignano (Prince. cit.),, Ominianum, Ominius (MuraT.).

Ojano (Abr. ult. 2), Ovianum, Ovius (IN.). Riflettono assai regolarmente lo stesso tipo così l’Obiano piemontese, come l’Uggiano Ai Terra d’Otranto. Gf. p.84, 2; 87, 3.

Orsano (Napoli), Ursianum, Ursius (IN.J. Due altri luoghi omonimi nella media Italia. Cf. Di ale. forme ecc., p. 48, s. Orsago, e p. 49, s. Ossago. i

Ostigliano (Terra d'Otranto), Hostilianum, Hostilivs (IN.}. D'una stessa origine gli aferetici nap. Stigliano (Ba- silicata) e ven. Stiago /Hostiliacum), contratto inoltre come il bresc. Ostiano (cf. Di ale. forme ecc. p. 9 e seg. e 53, s. Stiago). 1

Ottajano (Napoli), Octavianum, Octavius (IN.). Un fundus Octavianus nella tav. de’ Bebbiani e due in quella di Vel- leja. Sono d’una medesima origine non solo Ottaviana (Piemonte) e Otiobiano (o = a per assimil. progress., cf.

.p. 89, d), ma pur le varie forme aferetiche di Tabbiano,

Tabiano, Tabiago (cf. Di alcune forme ecc. p. 54), Tavasca (ivi, p. 73) e Taipane (= Octaviana; cf. AscoLi, Arch. gl: 621, ua Cf. più oltre Taviano.

Pacciano (Abr. ult. 1°), secondo p. 411,4, da Papianum, Papius (IN.), anzichè da Paccianum, Paccius, donde pel Na- politano piuttosto Pazzano (v. p. 87,5). D’una stessa origine i quattro Papiani e Pappiana della media Italia e il lomb. Papiago (Cf. Di alc. forme ecc. p. 49, s. Papiago).

rie a x ,

Mc Le I È Me se , Pacognano (Napoli), Paconimum, Paconius (IN.). Forse i; i si d’una stessa origine il Paugnano dell’ Istria, se già non cn È; fosse, come il piem. Pavignano, da Papinianum, Papinius.

a Palagiano (Terra d'Otranto), Palavianum, * Palavius.

Di. Circa la verisimiglianza di questo gentilizio vedasi la mia

$ diss. Di alc. forme ecc. p. 49, s. Parabiago.

pi Pannarano (Benevento), possibilmente da Pinarianum,

i Pinarius (IN.); se già non venisse da un gentilizio * Pan-

| narius. i

SI Pantuliano (Terra di Lavoro), Pantulejanum, Pantu-

na lejus (IN) C£. p. 88,9, d.

y Partignano (Terra di Lavoro), Parthenianum, Pathe-

nius (Murart.), che le iscrizioni nap. hanno solo come

i cognome. . 3 Pastorano (Terra di Lavoro e Prince. cit.), Pastorianum,

A Pastorius o Pastor. La tavola de’ Bebbiani ha un fundus

* Pastorianus, a cui potrebbe rispondere anche di luogo più }

e verisimilmente il primo. D'origine analoga Pasturana è

wu Pasturago dell’Italia superiore (cf. Di alc. forme ecc. s. Pa-

i: sturago).

d»: Pavigliana e Pavigliano (Cal. ult.1), Pavilliana,

TI Pavillianum, Pavillius (IN).

| Po Pazzano (Calabria ult. 1°), Paccianum, Paccius AN). Uno

be fundus Paccianus è nella tavola de’ Bebbiani; e d’una stessa

origine sono i tre Pazzani dell'Emilia, come pur verisi- milmente il Pacciamo dell’ Umbria. Pedicciano (Abruzzo ult. 1°), Peticianum, Peticius (INJ. Un fundus Peticianus nella tavola de’ Bebbiani. Forse d’una stessa origine il Petazzano dell'Umbria. Pedivigliano (Calabria cit.). Probabilmente un com- P; su posto Pe-di-Vigliano analogo a Pe-di-Grotta; sicchè propria- Da mente questo nome sonerebbe situato ai piedi di Vigliano.

DI

Il Vigliano proprio sarebbe scomparso, assorbito forse dal più esteso Scigliano e sopravvivendo a se stesso in parte accessoria, quasi il Vigliano di sotto. Circa Vigliano poi, vedasi questo nome a suo luogo, come proprio, tra gli altri, degli Abruzzi.

Pellezzano (Princ. cit.), Pellitianum, * Pellitius o Pelitius (MuraT.). D'una stessa origine il Pellizzano di Trento e il Pelizzano d'Alessandria. ;

Pernosamno (Prince. cit.), Prusinianum, Prusinius (IN). Cf. p. 89, g.

Perano (Abruzzo cit.), Perianum, Perius (IN.). Potrebbe però anch’essere , per dissimilazione, da Peraro = pira- rium , luogo piantato di peri (cf. i nnll. Perarolo, Pereta, Pereto ecc.). Cf. p.133.e seg.

Persano (Princ. cit), Persianum, Persius (IN. D'una stessa origine Persano. Persago e Persacco Aell’Italia supe- riore (cf. Di ale. forme ecc. p. 50).

Petrignano (Abruzzo ult. 2), Petrinianuni, Pelrinius. Quattro altri luoghi omonimi dell’ Italia media, e due Pedrignani della superiore, attestanti tutti il np. Petrinius; e probabilmente d’una stessa origine il Perignano di Pisa (cf. Piero = Petrus, Peruzzi= Petrucci (1) ecc.). Gf. inoltre Di ale. forme ecc., p. 49, s. Padergnaga.

Pettoraneo (Abruzzo ult. 2°), Pictorianum * Pictorius o ‘Pictor /C. I. L. IL) Circa la verisimiglianza d'un gentilizio Pictorius, cf. Fictorius, IN. 2628: e ad ogni modo il fundus

(1) Il nome Peruzzi connesso colla pera, donde l'impresa della famiglia, è una di quelle etimologie che davano i tempi, nei quali il nome proprio p. e. di Galigai (caligarii, calzolai, e, a Fi- renze, sinonimo di conciatori, pelacani) era dal Malaspini cavato VERI nomi romani Gallus Cajo (sic, St. fior. Cap. xxx!).

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118 Pastorianus (v. p. 116), donde assai ovvia la supposizione di un fundus Pictorianus.

Pezzano (Principato cit.), Pettianum, Petlius (IN) 0 Pi- tianum, Pitius (IN). Alcuni altri omonimi /Pezzana, Pezzano), principalmente nell'Italia superiore, dove anche un Pez- zasco, probabilmente della stessa origine. Cf. Picciano.

Piano. Non improbabile che fra i vari nomi locali di Piano, proprii del Napolitano (come di tutta Italia), col senso originario di pianura, alcuno equivalesse etimolo- gicamente a * Pejano, Pediamum da Pedius (IN), od anche, per aferesi, a * Pijano, Epidianum, Epidius, (IN.J od Oppi- dianum, Oppidius (IN). CF. p.814,2. Il gentilizio Pedius sarebbe poi regolarmente riflesso senza più dal nl. Piejo (Napoli). Cf. Di alc. forme ecc. p. 96.

Picacciano (Napoli), Picatianum, Picatius (Murat.). Ad uno stesso tipo rispondono Pegazzano genovese, Pigazzano piacentino, e forse anche il Piazzano piemontese (Cf. p. e. piem. mia = mica, dia= dicat , fit = ficarius , siala = ci- cada ecc.; e AscoLi, Arch. glott. it. Il, 128).

Picciano (Abruzzo ult. 1°), d'una stessa origine cou Pezzano. CF. p. 87, 4 e 5.

Pignano (Princ. ult.), verisimile tanto da. Pinnianum, Pinnius (IN.), quanto da Plinianum, Plinius /IN.J. Un fundus Plinianus nella tav. de’ Bebbiani; e noto d'altronde il possedere de’ Plinii nella Campania. Quattro altri Pignani nella restante Italia.

Pisignano (Terra d'Otranto), Pisinianum , * Pisinius , gentilizio reso verisimile, oltrechè da Pisius /IN/, anche dai tre Pisignani della Media Italia e dal Pisenius del CIL., III, che non è probabilmente altro se non una varietà di forma per Pisinius. Non impossibile ancora la loro de- rivazione, massime per l’umbrico, che scrivono anco Pis-

signano, da Pescennianum, Pescennius (IN.), e per la regione napolitana, tanto meno inverisimile, in quanto l’iscrizione di Volceii mentova un fundus Pescennianus.

Polignano (Terra di Bari), Paulinianum, Paulinius. Fre- ‘quente il cognome Paulinus e non inverisimile un genti- lizio Paulinius. Due Polignani ha Piacenza e un Pulignano Firenze. Cf. inoltre Di alc. forme ecc., p. 50, s. Polenaco.

Pomigliano (Napoli), i hi a Questo nome è reso probabile da Pomelianus (IN. 1925), genti- lizio che sta a * Pomelius quale p. e. i gentilizi Curtianus a Curtius, Flavianus a Flavius, Marianus a Marius, Nerianus a Nerius ecc. (cf. Hoswen, Ephem. epigr. IT, 30 e segg.). Da Pumidianum, Pumidius (IN.) sarebbe più verisimilmente venuto * Pumijano, indi, secondo p. 88, 9, b, * Pomiano.

Penzano (Abruzzo ult. 1°), Pontianum, Pontius (IN). Quindici altri luoghi omonimi nelle altre parti d'Italia; e-d’una stessa origine il comasco Ponzate. Cf. Di ale. forme ecc. p. 90.

Foppano (Princ. ult.), Pupianum, Pupius (IN.). Cf. p. 84, 1, e, più innanzi, Pucciano.

Porciano (Terra di Lavoro), Porcianum, Porcius (IN.). D'una stessa origine, oltre i due Porciani di Toscana, anche i due Porziani dell'Umbria, e due Porzani, l’uno um- . brico, l’altro lombardo.

Prepezzano (Princ. cit.), Propertimum, Propertius (IN }. Gf. p. 89, d, e-Propezzano. ;

Presenzano (Molise), Praesentianum, Praesentius. Non raro il cognome Praesens (IN); e quanto al gent. Praesen- tius, cf. AR, FaBRETTI, Primo Suppl. alle ant. îiscr. nn. 294 e 295; e Gloss. it. s, Praesenteius; Corssen, U. d. Spr. d. Etr., I, 404 ‘e seg CE

Prignano (Princ. cit.), Plinianum, Plinius (IN.) 0 Pri-

mianum, Primius (Borssieu, Inser. du Lyon.). Un omonimo nel modenese. Circa r=/, così frequente ne’ vari dialetti italiani, cf. pel nap., pràtano, semprice, affriggere, prebba (plebe), prubbeco da plubicus ecc.Cf. Pignano, p.118.

Propezzano (Abr. ult. 1°), Properzianum, Propertius (IN). Già a pag. 13, d, ho toccato del fenomeno qui occorrente; aggiugnerò solo |! esempio del bresciano Favezzano che come vegnente, al parer mio, da Fabricianum avrebbe comune la metatesi di r con ZLughezzano e comune con questo e Propezzano l'equazione 23 = #z /rij, rej). Due fundi Propertiani ha la tav. Ai Velleja. Cf. Prepezzano.

Pucciano (lrinc. cit.), Pupianum, Pupius AN. Un fundus Pupianus nell’ iscrizione di Volceii. Forse d’una stessa origine il Pocciano aretino, stantechè a quel vol- gare non sia estraneo cia = pia, come p. e. in poccia = * pupia da pupa (v. RepI, Voc. ar. ms. s. v.). Cf. il prece- dente Poppano, e due Poppiani di Toscana, e p. 87, 4. L'an- tica forma Pupianum s'incontra ancora promiscuamente con Pucianum ne’ documenti dei sec. IX e X._ (ef. Cod. dipl. Cavensis, I., Ind. geogr.).

Pugliano (Princ. cit. e Terra di Lavoro), Pullianum, Pullius (IN.) od anche Pollianum, Pollius (IN). Ad uno stesso fonte pajono accennare i vari Pogliani e Pojani come pure

Pojaco e Pojago, quasi tutti dell’Italia superiore. Pel napo- .

litano vuolsi ancora ammettere come possibile l'origine da Pullidianum, Pullidius (IN), secondo p. 84, 2; 88,9, bd.

Putignano Abruzzo ult. i", Terra di Bari), Puti- nianum, Putinius (Murar.). Un Putignano anche in quel di Pisa.

Quagliano (Napoli, Principato ult., Abruzzo ult. 1°), Quelianum, Querlius (IN) o Quelianum, Quelius (IN. Of.

Di | 121 "pe; 9a Forse d’una stessa origine il genovese Quigliano, se già non fosse, per aferesi, da Aquiliano. Of. Aquilano p.17.

Rajano (Abruzzo ult. 2°, Terra di Lavoro), Rajanum, Rajus (IN.), o Ravianum, Ravius (IN). Da quest’ultimo il Rabbiano dell'Umbria.

Rignano (Capitanata), d’incerta origine, potendo es- sere da Rennianum, Rennius /IN.), Remmianum, Remmius (IN), Rimmianum, Rimmius (IN.), od anche, per aferesi, da Arennianum, Arennius (IN), Herennianum, Herennius (IN). Cf. Arignano (Torino), i quattro Regnani e i cinque Rignani dell’Italia media.

Rocciano. V. Rucciano.

Rofrano (Principato cit.), Rufrianum. Rufrius, AIN/.

Of. p. 84, 1. . Roggiano (Calabria cit.), c Ruggiano (Terra d'O- tranto) foneticamente accennerebbero a Rurianum,* Ru- vius 0 piuttosto Rubianum, Rubius (Murat.), gentilizio che par rispondere al Ruubius del C.I L. I, 1084. Una stessa origine sembrano avere i Robbiani dell’Italia superiore, come pure il Roggiano genovese, che qui ha leggi fone- tiche comuni col napolitano. Cf. Di ale. forme ecc. p. 90, s. Robbiate.

Rogliano (Calabria cit.), Rul/lianum, Rullius AN.).

Rojamno o Rujanmo (Abruzzo ult. 1°), Rojanum, Rojus, /IN.) 0 Rogianum, Rogius (IN). Duna stessa origine potrel- L- bero essere, quando avessero z sonoro, fozzago, Rozzate DE lombardi; e forse dal primo tipo il Roggiano comasco.

ti: Romagnano (Principato cit.), Romanianum, Romanius ® (HòBneR, Ephem. epigr. II, 70). Cinque omonimie un fo-

magnacco nell'Italia superiore. Ronzane (Abruzzo ult. 1°}, Runtianum, Runtius (IN).

che insieme col. napolitano potrebbero anch’ essere per aferesi da Arruntianum, Arruntius (IN), al qual proposito sono da notare due fundi Arruntiani della tavola di Velleja.

Rosano (Abruzzo), Rosiamum, * Rosius, gentilizio reso verisimile dal fundus Rosianus della tavola di Velleja, Due luoghi omonimi nella Toscana e quattro nell'Italia su- periore.

Rosciano (\bruzzo ult. 1°), Eossamo (Calabria cit.,, Rusciano (Terra di Lavoro), tre. forme di nomi che possono variamente appuntarsi ad uno stesso tipo e. fo- neticamente raddursi a Roscianum, Roscius (IN), Rossianum, Rossius (IN), Rustianum, Rustius. (IN). Aliri omonimi di tutte e tre le forme nell'Italia media e superiore, verisi- milmente di simile origine. Il Rossano della Calabria. è fatto rispondere al Roscianum dell'It. Ant., 114, sicchè qui la più verisimile origine sarebbe da Roscius.

Rucciamo (Abruzzo ult. 1°) e Rocciano (Terra di

Lavoro) foneticamente accennano a Rupianum, * Rupius,

gentilizio reso verisimile dal noto Rupilius. Gf. p. 87, 4. Ruffano, ant. ortogr. Ruiffiano (Terra d' Otranto), Rufianum , Rufius (IN.). D’ una stessa origine il Ruffiano dell'Umbria. Un fundus Rufianus è nella tavola di Velleja. Ruggiano. V. Roggiano. Rutigliano (Terra di Bari), Rutilianum, Rutilius (AIN) Da uno stesso fonte procedono per dialettiche loro pe- culiarità i due Rudiani (Rudian bol. e bresc.) e il Rodeano (Rodean friul.) dell’ Italia superiore. Cf. Di ale. forme ecc. p.9 e seg.; e Ascori, Arch. gl. it. I, 508.

Ù 3 Saliano (Calabria), Salianum, Salius (INJ; 0 Sallianum, Sallius (IN .). Verisimilmente d’una medesima origine i due

DI

122 dI hi , ] CEZSA DIS cas A, Quattro altri luoghi omonimi (Tose.e Italia superiore)

Sagliani lombardi, i due Sajani (Brescia è Macerata) e Sa- jago (Novara). Cf. Di alc. forme ecc., 51, s. Sagliago.

Salignamo (Terra dl’Otranto), Selenianum, Selenius (INTO pi 89, 97.

Sartamo (Calabria cit.), Sertianum, Sertius (IN.). C£. p. 84, 1788009 a.

Sassano (Principato cit.), Sassianum, Sassius /IN.). Se poi fosse legittima l'ortografia, più antica, di Sazzano, quale si ha p. e. in L. Alberti, Descr. di t. Italia, p. 200, questo nome risponderebbe piuttosto a Sattianum, Sattius (INJ. Cf. Sassasco (Di alc. forme ecc. p. 73), che per l ambiente pedemontano in cui trova, può essere regolarmente del pari così da Sassius, come da Sattius.

Satriamo (Calabria uit. 2°), Satrianum, Satrius (INJ. Un fundus Satrianus nella tav. de’ Bebbiani; e quattro in quella di Velleja. Ad uno de quali risponde forse, non solo d'etimo, ma anche di luogo, il Sariano del Piacentino.

Savagnamno. \V. Savignano.

Saviano (Terra di Lavoro), Sabidianum, Sabidius (IN). Wi pr8, 23 88 9 DI:

Savignano (Princip. ult. e Terra di Lavoro), Sabinianum, Sabinius (IN). Sette altri omonimi nella media Italia; è probabilmente da uno stesso tipo il Savagnano di Terra d'Otranto. Cf. p. 88, 9, a; e Fustagnano, p. 106.

Scanzano (Napoli e Abruzzo ult. 2°), Scantianum, Scan- rius /IN.). Probabilmente d’una stessa origine i due Scan- sani della media Italia, nonostante la s per sz.

Scarano (Terra d'Otranto), Carianum, Carius (IN J. Ci. p. 89, e, e Cairano, Carano. Ù

Scarisciano (lerra di Lavoro), Carisianum, Carisius AIN.). D’una stessa origine il friul. Chiarisacco (dial. Ciarisà) e il Carisasca dell’Italia superiore (cf. Di ale. forme ecc. p. 29

SER 124 Me n i ‘e 66); e riflesso il sentilizio, senza derivazione, dal Ca- % risio vercellese (cf. o. e. 96). Vedi inoltre Garisciano p. 107, 29 o e cf. p.89 e. Schiaviano (Abruzzo ult. 1°), accennante fonetica- A BE mente a Stlabidianum, * Stlabidius, gentilizio, per quanto io

A mi sappia, non attestato da documenti, ma che potrebbe

SLA essere da quello stesso tema, donde StHaborius ANJ. CL.

il seguente

3! Schiazzano (Napoli), Stlaccianum , Stlaccius (IN). Un

luogo omonimo nel Parmigiano. Circa le ragioni della

forma volgare cf. la mia Postilla sopra un fenomeno fonetico fel = i) della lingua latina. (Atti di questa R. Acc. vol. VI, i p. 540 e separatamente p. 5). ? fe Scigliano (Calabria cit.), Silianum, Silius (IN.) o Sil- SG lianum, Sillius (IN). Potrebbe però anch'essere, per aferesi, 1 da Esquilliamum, Asquillius (IN.), o Esquilianum, Esquilius 7 | (IN. Girca la palatinizzazione così di s come di g, cf. p. e. “Sl nap. scigna = simia, cercola = quercula, sic. cersa = quercia. z Scisciano (Terra di Lavoro), da Sittianum, Sittius AIN, per* Sicciano, con assimilazione reciproca tra il suono "E sibilante e il palatino. k Seiusciano (Abruzzo ult. 1°) da Sosianum, Sosius AIN.), con assimilazione analoga alla precedente. CP. p. 87, 6. : Secondigliano (Vapoli), Secundilianum, * Secundilius , gentilizio che sta a Secundus come Quintilius a Quintus, Sertilius a Sextus. i | Sejano (Napoli), Seianum, Seius (IN, o Sevianum, Se- vius (IN.J. in Varrone, De Re R., s'incontrano Sejanae aedes, Sejanae pastiones (III, 2), e una Villa Sei, citata come mo- dello per l’allevamento delle anitre (II, 11); ed è noto il proverbio del cavallo di Sejo, equus Seianus (GeLLI NA. II, 9). Il Siano di Prince. cit. potrebbe riflettere lo stesso” tipo (cf. p.88, 9, b); e tosì pure il Seggiano sanese.

Sp nb; i 125 Senzano (Abruzzo ult. 2°), Sentianum, Sentius (IN.). Due Senzani (Firenze e Pisa) e due Sensani (Lucca e Siena), la “Lan quale ultima forma sta alla prima come Scansano a Scan- o) zano (v. p. 47). Sentianum è già mentovato nell’It. Ant. 112. Sessano (Molise), Sestianum, Sestius o Sertius (IN). Un fundus Sestianus nella tavola de’ Bebbiani e tre fundi Sextiani in quella di Velleja. Of. p. 87, 4. Settingiano (Calabria ult. 2°), Septimianum, Septimius Ri /IN.). D’una stessa origine il Settignano di Firenze; e porta È Settignana di Roma. Cf. p. 88, 7. Siano. V. Sejano. Rd. Sicignamo (Princ. cit.), Sicinianum, Sicinius /IN.). Un fundus Sicinianus ha l'iscrizione di Volceii, a cui potrebbe anche topograficamente rispondere cotesto Sicignano, pur situato nell’antica Lucania e non molto discosto da Vol-

ceii, l'odierna Boccino. È

Siliane (Napoli), Silianum, Silius /IN.J. Due omonimi vell’Aretino.

Sipicciano. V. Supersano.

Sivigliano (Terra di Lavoro), Syrellianum, © Syrellius gentilizio reso verisimile dal fundus Syrellianus della ta- vola di Velleja.

Sirignano, Serignamo (Abruzzo ult. e Principato LE ult.), Serenianum, Serenius (IN).

Sitizzano (Calabria ult), Septicianum, Septicius (IN). Cf. Di alc. forme ecc. p. 52,. s. Sezzè.

fe; Sogliano (Terra d’Otranto), incerto fra Sullianum, Sul +2 lius /IN.) e Sollianum, Sollius (IN). Tre altri omonimi nel pi A l’Italia superiore, ed equivalente il Sojano di Brescia. GA D’una medesima origine un Sojè = Solliacum del’ Piemonte

i { Zimone). %

È Soriano (Calabr. ult. 2°) e Surano (Terra d'Otranto),

Mi pe

Surianum, Surius (IN.). La tavola de’ Bebbiani ha un fund i Surianus. Ad una stessa origine accennano i Sorani dell’Ita- lia media e superiore e il Sojana di Pisa. Vedasi inoltre Di alc. forme ecc., p. 54, s. Suri.

Spiano (Princip. cit.), da Spedianum, Spedius AN). Cf. p. 84, 2; 88,

Spezzano (Calabr. cit.), da Pettianus, Pettius (IN.), con prostesi «li s come ne’ due nomi seguenti. p. 89, e.

Spisciano (Terra d'Otranto), Pisianum, Pisius AN). D'una stessa origine Pisciano di Roma e dell'Umbria, e Pisano di varie parti d’Italia. Cf. Spezzano.

Squinzano (Terra d'Otranto), Quintianum, Quintius (IN. Cf. Spezzano. Etimologicamente identici il Quinzano lombardo ed ascolano, i piemontesi linzano , Cinzago e Zinzago e il modenese Zinzano. Cf. Di alc. forme ecc., p. 24, s. Carzago e p. 30, s. Cinzago.

Statigliano (l'erra di Lavoro), Statilianum, Statilius (1. Nj. i

Stigliano (Basilicata), forma aferetica d’Ostigliano (v. p. 115), se già non fosse una prostetica di Tigliano, ca lianum, Tillius (IN.). Cf. Tigliano, e p. 89, e. i

Stignano (Calabria ult. 1°), Sfenianum, Stenius, o Sten- nianum, Stennius /IN.). Due altri omonimi, l'uno di Lucca, Valtro. d’Istria, che potrebbero però anco riflettere per aferesi Astinianum da Zstinius. Un fundus Astinianus nella tavola Velleja. i

Stivigliano (Abr. ult. 1°), Stabilianum, Stabilius 1 WLo) II). Un omonimo nel Comasco. Cf. p. 89, d.

Striano (Terra di Lavoro), Histrianum, * Histrius. Gf. fundus Histrianus della tavola di Velleja; e Di ale. forme ecc., p. Al. Sarebbe dunque forma aferetica a’ ‘Istriano, : se già non fosse una sincopata di Satriano (v. p. 123). | |

Suceiano (Abr. ult. 2°), ‘Stiettiahuni, Suetti (INJ: Supersano (Terra d'Otranto), Sulpicianum, Sulpicius (IN.). Cf. p. 89, f. g. Forse d’una stessa origine il ‘Sipîc- ciano di Terra di Lavoro ‘è ‘quello di Viterbo (1). Cf Di ale. forme ‘ece., p. 53,8. Solzago.

Taurano (Princip. ult. e Foramo (Calabr. cit., Abr. ult. e 2°, Terra di Lavoro), Taurianum, Taurius. Un gen- lilizio Taurius sirene ‘assai probabile dirimpetto ad Aprius, Avius, Caprius, | Ovius, ‘Porcius ‘ect. e al cognome Taurus, non infrequente nelle stesse iscrizioni del Napo- litano, dal quale sarebbe pur potuto derivarsi un fundus Tauranus. Quavto a Torano esso potrebbe forse più veri- similmente procedere da Thorianum, Thorius (mon. rom. ; e IN.), a cui sarebbero pur radducibili, oltre il Torano carrarese e il genovese ?oirano, anche i tre Tojani di Toscana. Il Tauriano del Friuli, che it Pirona trae dubi- tivamente da Taurinis (Voc. friul., p. 631), accennerebbe piuttosto a Taurilianum, Taurilius, Due fumdi Tanriani nella tavola di Velleja; e un luogo detto Tauriana, situato nella Calabria, è mentovato più wvolie in Ruvennatis Anon. Co- smographia ( Pixper e PartarY, pp 262, 331, 471, 508). Cf. inoltre Di ale. forme ecc., p. 56, s. Turiacco. Mii

Taurisano (Terra. d'Otranto), Tarricianum, Tauricius (Murat.). Cf. p. 89, f. 3 la

Taviano (Terra d’Otranto), piuttostochè da Octavianum (ef. Ottajano, p. 39), donde qui sarebbe lug assai normal (1) Questa forma di Sipiccimo ces air) due fenomeni assai noti: vocalizzazione di 2 dinanzi a consonante, onde prima- mente Supicciano da Suupicciano o Suipicciano (c£. p.e. nap. scaudare,

scaldare’; aizà, et Rei assimilazione dell’ uw colli pi Of. p. 89,d.. 4 Tini 3g E SOI con si

mente venuto Taggiano, io lo derivo da Ociavidianum, Octa-

vidius (IN, secondo p. 84, 2; 83,9, bd.

Teggiano (Princ. cit.) e Tiggiano (Terra d’Otranto), Tibianum, Tibius (IN. CF. p. 87,2.

Tessano (Calabr. cit.), Testianum, Testius AIN). Cf. p. 87,4.

Ticeciano (Napoli), e Tizzamo (Abr. ult. 1°), Titianum, Titius (IN). Varii i Tizzani nell'Italia media e superiore; e un fundus Titianus nella tavola di Velleja. Il Tissano del Friuli, che il Pirona confronta con Titianum (Voc. friul. 631), rende più probabilmente Testianum da Testius; al qual proposito si confrontino, per ssa = stia, il friul. pas- son= pastione, tosc. pasciona; e quanto ad i per e atono, AscoLI, Arch. gl. it. I., p. 503 e seg. Nel friulano da Ti- tianum sarebbe più presto venuto 7izzan che Tissan (cf. op.icit., p. DI 2).

Tigliamo (Napoli), Tillianum, Tillius (IN.J. Un equiva- lente 7igliano in Toscana.

Torano. V. Taurano.

Tozzanella (Abr. ult. 1°), che presuppone Tozzana, Tucciana, Tuccius (IN.J. La tavola al. de' Bebbiani men- tova un pagus Tucianus (sic).

Traugnamo (Benevento), 7rebonianum, Trebonius (IN). Traugnano = Traognano, Travognano, Trevognano. G£. p. 88, 9, a, e Faognano = Favonianum (p. 29). Forse d’una stessa origine il Trognano umbro e pavese, se non è forma afere- tica procedente da Autronianum, Autronius. (GÎ. Autroniana domus, Gic. ad Att. I, 13).

Triggiano (Terra di Bari), Trebiamum, Trebius AN). D’una stessa origine i tre Trebbiani dell’Italia superiore.

Trignano (Abr. ult. 1°), Zrinianum, Trinius. CÎ. Di ale. forme ecc., p. 55, s. Tregnago. Potrebbe anche essere, per sincope, da Terrinianum, Terrinius (Sver., Oct. 53).

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129 Trivigliano (Frosinone), Trebellianum, Trebellius (IN.). Se questo nome locale non è propriamente napolitano, è campano, e perciò strettamente connesso coi napolitani. Allo stesso tipo non dubito di riferire il piacentino Tra- viano = * Travijano (cf. p. 88, 9, bd, e Di ale. forme ecc, p. 9 e seg.). Quanto ad a per le atono confrontisi il pur piacentino Travazzano = Trebatianum da Trebatius. Un fundus Trebellianus nella tavola de’ Bebbiani.

Tuturano (Brindisi), Tutorianum, Tutorius /IN.) od anche Titurianum, Titurius (IN.}. L’ultima origine non sa- rebbe men probabile, stante la somma naturalezza del- l'assimilazione di vocali che qui avrebbe luoge; e da cui però non sarebbe stato incolto il Titorano dell'Umbria.

Uggiano (Terra d’Otranto), Qvianum, Ovius (IN.). Cf. p. 87, 3, ed 0jano, p. 115.

Vairano (Terra di Lavoro) e Varano (Abr. ult. 1°), Varianum, Varius (IN.). Allo stesso tipo rispondono i tre Vairani dell’Italia superiore, i parecchi Varani dell’Italia media e superiore, come pure Vajana e Vajano di Toscana, mentre i Variani dell’Italia superiore accennano, insieme con Variasca, piuttosto a Varilianum, Variliasca da Varilius. Cf. Di alc. forme ecc., p. 9 e seg.; 56 e 73.

Valenzano (Terra di Bari), Valentianum, Valentius (IN.). Un fundus Valentianus nella tav. al. de Bebbiani; e da una stessa fonte gli omonimi di Toscana e dell'Italia supe- riore, come pur verisimilmente il tosc. Valenzatico e il longobardiforme Vallenzengo del Biellese, a cui la falsa nozione di valle (dial. val) avrebbe guasta l'ortografia.

Vazzano (Calabria ult. 2°), Vaccianum, Vaccivs o. Vatia- num, Vatius (cf. Prin. Hist. n. XI, 105).

Versano (Terra di Lavoro), Virtianum , Virtius AN). La tav. al. di Velleja ha tre fundi Virtiani; e. da una me- desima origine viene probabilmente il Verzago comasco (cf. Di alc. forme ecc., p. 07). L'ortografia del nap. Versano per Verzano, secondo vorrebbero la pronunzia e. l’etimo- logia, è dovuta a una falsa analogia, che fa italianiz- zare in Versano ciò che si profferisce Verzano , perchè il nap. vierzo, commerzo, verzaglio ecc. rispondono all’it. verso, converso, bersaglio ecc. starà

Vetrana (Terra d’Otranto), Veturiana, Veturius. AIN). Due fundi Veturiani ha la tavola di Velleja; e d’una stessa origine il Vetturano dell’ Umbria (se non da Victorianum, Victorius) e fors'anche il Vetriano lucchese, e il Veterana delle Marche, e il Vetrana bolognese. L’agg. weteranus avrebbe qui assai meno verisimiglianza; mentre.non si potrebbero non ripetere dal lat. veteretum, pl. vetereta, terra riposata, sodaglia, i sincopati nomi locali Vetreto, Vedreto, Vereto, Vereta. Cf. Viturano. -

Vezzano (Abr. ult. 2°). Vettianum, Vettius. AN). Un fundus Vettianus ha la tavola de’ Bebbiani, e cinque la Vellejate ; e circa una quindicina d’omonimi .sono.nelle varie parti d’Italia; oltre a due Vizzani del Bolognese e Vizzano comasco (cf. Di ale. forme ecc, p. 58). È tuttavia da notare che alcuno di questi nomi potrebb’essere , per aferesi, da Avezzano (v. p. 94), e che,. se per taluno il suono dello z fosse sonoro, esso, dovrebbe piuttosto. ap- puntarsi in Vedianum, Vedius. Cf. il seguente

Viano (Abr. cit.) = * Vijano, * Vejano da Vejanum, Vejus IN.) 0 da Vedianum, Vedius /IN.); o per aferesi.da Ave- dianum, Avedius /IN.). Cf. p. 84, 2; 88,9, db, e Vezzano. Quanto a Viano e Vidiano dell’Italia superiore v. Vigliano e Vitigliano. ; vio

ti Mir

| Viggiano (Basilicata), Vibianum, Vibius (IN o Vivia- num, Vivius (IN). Un fundus Vibianus ha la tavola dei Bebbiani; cinque quelle di Velleja; e ‘un fundus Vivianus l'iscrizione di Volceii. D'una ‘stessa origine la Vibbiana di Garfagnana, come forse anche, se non tutti, alcuni dei dieci tra Bibbiano e Bibbiana della media Italia con azione assimilativa di b sul wviniziale (cf. p. e. berbena = verbena, barbasco e barabasco = verbascum, pispola = vispola (cf. vispo), pipistrello = vespertilio ecc.), se già non ci avesse a fare Babianum da Babius.

Vigliano (Abr. ult. 2°), Villianum è Villius (IN.}. Duna stessa origine i Vigliani così dell’Italia media, come della superiore, e i Viani di questa, dove i Vigliani non hanno se non un valore grafico ed etimologico. Vuolsi ancora avvertire come taluni di essi nomi (Vigliano, Viano) po- trebbero esser forme aferetiche d’Avigliano, Aviano da Avi- lianum, Avilius. V. Avigliano p. 94.

Vignano (Abr. ult. 2°), Vinianum, Vinius (IN.) o Vin- nianum, Vinnius (IN.). Altri omonimi in altre parti d’Italia, coi derivati Vignanello (Viterbo), Vignanone (Siena).

Visciano (Terra di Lavoro), Vesianum, Vesius /IN.). D'una stessa origine il Visano di Firenze e di Brescia.

Vitigliamo (Terra d’Otranto), Vitellianum, Vitellius AIN.). Due omonimi in quel di Firenze; e d’una stessa origine i Vidiani di Parma e di Piacenza, alcuno dei quali ri- sponde per avventura anche topograficamente al fundus Vi- tillianus (sic) Qi Velleja (of. Di ale. forme ecc., p. 9 e seg.). Un fundus Vitellianus è pure nella tavola de’ Bebbiani.

Viturano (Princ. ult), Veturianum, Veturius (IN.). C£. Vetrana. L’Alberti (Descriz. di tutta Italia, 1568, p. 225, db) registra per la Basilicata un Vaturano che anch’esso non potrebbe essere se non un riflesso di Veturianum.

fenomeno analogo a quello per es. di salgo = salio, valgo = * valio, ecc. Cf. inoltre nap. songo, sic. sugnu = sumio fsunio), lat. sum, it. 0 sono, come it. pongo = * ponio, lat. pono e nap. Giungano = Junianum (p. 107).

A questi circa 300 nomi locali in ano, derivati più o men verisimilmente da gentilizi, resterebbero ad aggiu- gnersene oltre una cinquantina, che, per la massima parte almeno, io non dubito di tener per aventi un’ origine analoga, ma pei quali non s’avrebbe alla mano, quanto ad alcuni, il gentilizio da cui derivarli, e quanto agli altri sarebbe difficile originarli senza più o men vaghe od ardite ipotesi e congetture. E così p. e. Calabrano (Principato citeriore) potrebbe accennare tanto all’etnico Calaber , passato in cognome, quanto ad un ipotetico gentilizio * Calabrius; per Cautano (Principato ulteriore) si può supporre un cogn. Cautus od un gent. * Cautius o Caltius: i primi due resi verisimili dal cogn. Cautinus, il terzo attestato dalle iscrizioni; per Conversano (Bari) un gent. * Conversius; in Cutrofiano (Terra d'Otranto) può vedere un composto (Cut-rofiano o Cutro-fiano), di cui la se- conda parte potrebbe rispondere a Rufiano da Rufius (cf. Ruf- fano p.122), ovvero a Fiano, Fidiano da Fidius (IN.; cf. p.84,2; 87,9,b), ma di cui mal saprebbesi interpretare la prima (cf. i nomi locali calabresi Cuti e Cutro); e sarebbe un composto analogo per es. a Casal-ciprano (Molise; cf. Ce- prano p.100) e a Monte-lapiano (= Lappianum; cf. Lappano p. 108, se già non istesse per * Lepiano = Lepidianum, Le- pidius, IN.). Del qual Lepìdianum, passato per metatesi in Depilianum (cf. p. 89, 9) si potrebbe anche scorgere un ri- flesso in Depignano, Dipignano (Calabria ult.), col gna = lia

Volgana (Capitanata), forse da Voliana, Votius IN), con

133 di cui a p. 109. Durazzano (Benevento e Terra di Lavoro) potrebbe aver per base Duratianum da * Duratius (cf. i due Durazzanini della bassa Emilia che pur presuppongono un Durazzano ; il Durazzo = Dyrrachium qui non par verisi- mile che abbia da far nulla); Latiano (Terra d’Otranto) farebbe sospettare Latidianum da * Latidius (cf. il gent. Latius); similmente Laviano (Prine. cit.) Levidiamum da * Lavidius (cf. Levius) o Labidianum da * Labidius (cf. Labienus); Mel- pignano (Terra d’Otranto) Melpinianum da un grecanico * Melpinius; se «già, così questo nome, come il poc'anzi toccato Dipignano, non avessero, quali composti ch’ei fos- sero, per seconda parte Pignano (v. p. 118) quale appunto si trova in Castropignano (Molise), sicchè per prima parte Dipignano presentasse de segnacaso del genitivo romanzo, retto in origine.da un altro nome, come verbigrazia in Pedivigliano (v. p. 116) e come parrebbe potersi anco in- terpretare il Depugliano di Castellamare (v. Pugliano p. 120) e il Divignano di Novara (v. Vignano p. 131), mentre la prima parte di Melpignano potrebb’essere quella stessa di Melendugno (Terra d'Otranto), Melocchio, Melicucca (Calabria ult. 1°) ecc. Lo Scorrano degli Abruzzi e di Terra d’O- tranto, se non viene dal cognome Scurra, potrebb’essere da Curianum, Curius (IN.) col s prostetico di Scarano (p. 123), Scarisciano (ivi), e Squinzano (p. 126) e con inol- tre rr = rj, quale p. e. in Aterrano = Aterianum (p. 94), burrasca = boriasca da boreas, nap. somarro = somario, sa- gmario , sic. nl. Ficarra= Ficaria ecc. (cf. gr. yéppoy da * Xepiaoy). E così, per via di questo stesso fenomeno, si potrebbe spiegare l’origine di Serrano (Terra d’Otranto) da Serianum, Serius (IN }.

Di alcuni, ma rarissimi, ira questi nomi locali in ane si può veramente dubitare se vengano da nomi di per-

134 i i ; dA ‘sona; e così p. e. in Cornacchiano (Abr. ult. 1°) io eredo sia piuttosto da vedersi una forma nata per dissimila- zione (r—n=r—r; cf. p. e. argine = argere, Cristofano = Cristoforo), da Cornacchiaro, luogo denominato dalle cor- nacchie; al qual proposito si confrontino per mo’ d’e- sempio il Cornacchiain (= Cornicularia) della Toscana, Corvara e Corvaro pur degli Abruzzi, derivati da corvo. D’una medesima guisa interpreto per esempio il Cerisano della Calabria cit. che non potrebbe raddursi se non ad un prototipo Cerasiarium da cerasium (ceraseum), ciliegio, e non può significare altro che luogo piantato di ciliegi (cf. l'’abruzz. Ceriseto e i vari altri equivalenti nomi locali Ceresara, Ceraseto, Ceregeto ecc.; e Leporano, Perano, p. 108, 417). E qui, come ognun vede, pel distaccarsi dalla cate- goria logica de’ gentilizi si finisce anco-per uscire dalla morfologica de’ nomi in ano. Sicchè non dubito di por ter- mine a questo scriito, con raffermare quello che dissi fin da principio, cioè che questi nomi aventi per suffisso ano, di cui la toponimia italiana ci presenta circa tre migliaia, quando non fossero prodotti da deviazioni morfologiche, come Cornacchiano, Cerisano, debbono, -secondo la regola, connettersi etimologicamente con antichi gentilizi italici, i quali, identificati per tal guisa con tanti nomi locali d’Italia, furono destinati ad avere un eco disteso e inde- terminatamente duraturo, che si tramanda, giù pei secoli, alle inconsapevoli generazioni.

cittontimufitone della Memoria del Prof. Vittore. Testa o “iscrizione di Mesa:

COMMENTARIO

|P3P fm] arto 99. TA 7A IR

lo Mesa figlio di Chemòsegad , re di Mo&b, il Dibonita. (lin. 1)

La parola 99%, con cui quest iscrizione comincia , è il pronome mascolino singolare della persona prima; esso dunque corrisponde. all’ebraico 2998, dal quale si diversifica. per ciò, ch’esso, a differenza di questo, di- fetta della jod finale. Or questa maniera di scrivere siffatto pronome, cui le grammatiche ebraiche chiamano difettiva, è di regola generale nelle iscrizioni fenicie (2). Essa poi è comune eziandio agli Assiri ed ai Cofti (3), ai quali

(1) Si badi, che nel testo ebraico le lettere controssegnate con una lineetta non sono ben certe; quelle poi, che son messe fra parentesi ad angolo retto, vi son poste per congettura.

(2) V. le.iscrizioni, Sidon. 1. 3. 12. 13; cit. I, 4; nr, >, Athen. Vado: 24 by 15:15 IL-2X; 3.5:

(3) Ganneau, La stele de Dhiban, dans la Revue Archéologique , Paris 1870, Nouvelle. Série, T.21, D. 398; Kaempf, Die Inschrift aus dem Denkmal Mesas Kinigs von Mos, S. ‘10,

ultimi il pronome della prima persona è appunto &yox.

E che tale debba pur essere la pronuncia di siffatto pro- nome in quest’iscrizione sembrerebbe insinuarlo il fatto che in essa la jod finale non difetta mai in qualsivoglia altra parola, in cui ricorra nel testo ebraico del Codice Sacro. Tuttavia l’essere questo pronome da un’antica iscrizione fenicia, trovata in Abido, presentato nella sua forma com- piuta 729% (1), prova che a torto il Benfey (2) ed il Gesenius (3) ci vietano ricisamente di punteggiare il pro- nome fenicio 9IN , come l’ebraico 793%.

PWO per yum, Mesa, difettante della jod, che si trova nell’ebraico (4); difetto frequentissimo presso gli antichi Fenìci, giusta quanto ne attesta e mostra con molti esempi lo Schroder (5), e comune ai Moabiti, secondo che risulta da questa lapide. - Questo nome poì suona salute (6), e deriva dalla radice ywW?, che all’ Hiphfil ha il significato di salvare, ed è quella stessa che com- binata col ©, abbreviazione di mm, ha dato origine ai notissimi nomi di yWM, volgarmente Giosuè, e di YU! , volgarmente Isaia.

TnONI"?72 , figlio di Chemoscgad. - La lettura della parola w05, e dell'ultima lettera 7 è indubitata; non certa per contro è la lettera intermedia 2; imperocchè il frammento della lapide posseduto dal Clermont -

(1) Schroder, Die phonizische Sprache, Halle 1869, S.143. (2) Benfey, Veber das Verhiliniss der igypt. Sprache z. Semit. Sprachslamme, Leipzig 1844, S.83.84. È dA Gesenius, Lehrgebiude der hebraischen Sprache , Lalla 1817, +. 200. (4) II. Reg. III, 4, (5) Schroder, a. a. 0., S. 118. (6) Gesenius, Lericon, ad h. v.

Ganneau (1) è sventuratamente rotto in questo punto e non presenta che poche tracce della lettera 2. TIW99 poi sarebbe un nome patronimico, composto da Wwo2 ; nome del Dio nazionale de’ Moabiti, e dalla parola xy £ fortuna; suonerebbe dunque colui di cui Chembse è "la fortuna (2).

NI "20, re di Moab. - Giusta lo stile dell’ortografia moabita la parola 23% difetta della 3, la quale si trova nella parola ebraica 9x0, corrispondentele.

?93? [mn], i Dibonita. Nel frammento di cotesta la- pida, posseduto dal Clermont-Ganneau, mancano le due lettere inchiuse fra la parentesi, perchè mancavi la scheggia che sussegue alle parole IND Po. - Lo Schlottmann proponeva di riempiere la lacuna leggendo tappa], figlio di Yabni (3) ; nome della radice stessa di N23N , Thabnith, padre di Eschmunazar, re dei Sidonii (4). Con questa sua appellazione Mesa indicherebbe, ch'egli era nipote a Yabnî, padre di Chemoscgàd, suo genitore. - Noldecke per contro (5), Derenbourg (6), Geiger (7), Oppert (8) avvisavano che si dovesse colmare la lacuna leggendovi >99, il Dibonita. - Ulteriori indagini ed

(0) CP 918:

(2) V. sopra, cap. VIII, 8 2.

(3) Schlottmann, Die Siegessiiule Mesa’s, S. 11, Si.

(4) V.la citata iscrizione di Eschmunazar presso Schlottman, Die Inschrift Eschmunazars, VI.1,sqq., Halle 1868, S. 80. 83.

(5) Noldecke, Die Inscriflt des Kinigs Mesa, S.7.

(6) Derenbourg, La stèle de Meschan, dans la Revue Rabbinique, 2. Avr. 1870.

(7) Geiger, Die Saule des Mesa, II, in d. Zettschrift der Deutschen Morgenlàndischen Gesellschaft, 24.B., Leipzig 1870, S. 226.

(8) Oppert, Inscription de Mesa, dans le Journal Asiatique, T. 15. Paris 1870, pag. 522.

n Pl

a

È lai

ARR

# re

x

# sent PSE

e

ad impronte rilevate (procacciatasi col noto metodo di. calcamento sulla. lapida, prima che la medesima fosse 4 spezzata dagli Arabi), gli svelarono un'asta verticale, che. "a potrebbe benissimo aver fatto parte di una 4, he, sa-

“Sd maritana , ossia ebraica primitiva, e tracce assai visibili per della 1 (1). - È dunque avvalorata, per non dire accer- A tata, la lezione *929?M, il Dibonita, la quale ci spiega if così la presenza di questa lapide a Dibòn, patria di

Mesa, dove appunto fu trovata, e dove la medesima do- vette essere stata posta ab inizio, non essendo guari pro- babile, che; collocata altrove, sia stata poscia colà tras-

portata (2). "a II. brio SI NW FUW . o PP. oo vaX

1l padre mio regnò su Moab trent'anni. (lin: 2)

NI 2Y 20 "39%; il padre mio regnò sopra di Moab. La costruzione del verbo : regnò, colla preposizione by, sopra, è al tutto ebraica, e confermata da FROM REIRII esempli (3). I

qusw , trenta , a all’ebraico oube. Corre

NI a OLE; pi 1379. du] dg

(2) Ivi. È. TASSO d

(3) Cf. Gen. XXXVII. 8; Jud. IX. 8 42; L Sam. VII. 7. di di XI. 12; XII.42,44; XVI.4; I. Reg. X. 9; XVI. 29; XXII. 52; II. Reg:

osservazioni più accurate, fatte dal Ganneau sulla copia. È

IX.29: XI.3; Psalm. XLVII.9; Frech. XX. 30. - V. ‘First, l:c., ad Mg

e

però tra l’espressione moabita e l' ebraica una doppia differenza; cioè la soppressione della *, che vedemmo essere un vezzo de’ Moabiti, comune pure agli Assiri, ai Caldei (1) ed ai Fenîci; il cangiamento della D in }} cangiamento , il quale, facendo terminare in }_ il plu- rale mascolino ebraico D°_ , accenna ad un ravvicina- mento tra il dialetto moabita e il dialetto vuoi arameo e vuoi arabo (2).

NW per l'ebraico mIù, anno; dizione questa, cui i Moabiti hanno di bel nuovo comune coi Fenìci (3), nelle cui iscrizioni ricorre spesso la parola NW (4), raramente la parola NIw, per indicare il concetto di anno (5). Il Kaempf ne ravvisa un riscontro nel caldaico NIN , ado- perato in vece di NMIW (6). Del resto non mancano esempli, che mostrino ‘come presso gli Ebrei stessi la } radicale più d'una volta scompaia (7), e ne sono prova fra le altre: MAX per NIN, verità: PR, naso, per IN, dalla radice mos, spiritum naribus efare, donde il caldaico #)9X , faccia, volto; na, figlia, contratto di N93,

(14) Cf. Dan. XII.13. - Glaire, Principes de Grammaire hébraique et chaldaique , Paris 1843, p. 212-213.

(2) Ganineau, l.c., p.360.

(3) V. Schroder, Die phoònizische Sprache, S.106. - First, 1. c., ad v.

(4) V. Inscript. Melit. Il; Carthag. II et XI; Sidon. T et Il; Neo-Punic. LXIX. - Of. Schroder, a. a. 0., e Levy, Das Mesa-Denkmal und seine Schrift, Breslau 1871, S. 8. Ricorre pure nella celebre iscri- zione di Umm-el-Arramid (Ct. Schroder, a. a. 0., e Levy, Phoni- zische Studien, III. 26.32), e su d’un altare di bronzo, ricordato dal De Voguùé, l.c., p.22.

(5) Schlottmann, a.a.0., $.42.

(6) Kaempf, Die Inschrif auf dem Denkmal Mesas Konigs von Moab, Si42. i | a:

(7) Schroder, a. a, 0. X

CIALIS rad. 23, donde appunto il daghese nella n, quando prende ; un suffisso, e la forma plurale nia ,cin cui rivive e ri- compare la radicale }, scomparsa;